Come ci si sente ad essere tornato n.1 al mondo?
È incredibilmente speciale. Sono molto contento. Anche Severin (Luthi) venuto qua. Non me l’aspettavo. Non pensavo che sarei tornato in questa posizione. Torno indietro alla memoria alle opportunità che ho mancato. Come quella con Roddick a Montreal e poi sono riuscita a farcela contro Ferrero in semifinale in gennaio (nel 2004 ndr). Sono stati momenti significativi nella mia carriera. Non ti giochi sempre il numero 1 sul campo. A volte lo diventi perché qualcun altro perde. A volte per calcoli legati al calendario. Ad esempio, l’ultima volta che sono diventato n.1 ero in vacanza. È successo una settimana dopo la vittoria di Wimbledon (nel 2012 ndr). È stato strano ma bello allo stesso tempo. Però quando ti giochi una partita per diventare numero 1 è più emozionante: puoi festeggiare, puoi parlarne. E questa volta, siccome sono un po’ più vecchio, è un po’ più speciale, forse. Perché tutto doveva essere a posto perché potesse succedere. Ed è andata così. È una grandissima soddisfazione.
Che obiettivi hai ora per il resto dell’anno? Tenere la prima posizione?
È qualcosa che succederà o non succederà. Non posso farne una priorità. Non ci ho mai pensato prima. È troppo lontano. Certo sono partito benissimo in questa stagione. Ma c’è bisogno di giocare tanto. Non saprei dirti quale obiettivo ho ora. Vincere questo torneo. Poi sarebbe bello vincere il titolo n.100 (ora è a quota 96 ndr). Ma il raggiungimento di tutti questi obiettivi dipende dal divertirmi, stare in salute, rimanere nel circuito più a lungo. Poiché sto giocando sempre di meno, molto meno di quello che facevo da giovane, e un po’ meno di quello che facevo due anni fa, posso concentrarmi bene in ogni torneo e dare il 100 per cento. Spero di difendere il mio titolo a Wimbledon. Cercherò di difendere quello che ho vinto l’anno scorso e sarebbe già molto.
Tra tutti i tuoi successi e record questo come si posiziona?
Onestamente, molto in alto. È veramente qualcosa di importante per me. Per via del tempo che è passato dall’ultima volta che sono stato numero 1, da quando lo sono diventato per la prima volta, per via degli infortuni, per via della mia età. Vale tutto doppio e ci sono un sacco di cose che si sommano. Non voglio dire che ci vuole il doppio del lavoro. Ma devi essere fortunato, devi lavorare nella maniera giusta, devi avere la giusta mentalità all’interno tuo team. Per riuscirci ho dovuto vincere tre Slam, diversi Masters 1000. Inoltre è stato necessario rimanere sano e ciò implica delle decisioni difficili. Sono molto felice e molto orgoglioso di me stesso. Tutto ciò mi fa sentire in maniera molto diversa dall’ultima volta che sono diventato n.1. Me lo fa apprezzare anche di più della prima volta. Quando successe era la conferma che ero il miglior giocatore al mondo in quel momento. Ma questo è pazzesco onestamente.
Puoi dirci il momento durante l’anno scorso quando la possibilità di tornare n.1 al mondo ha cominciato a sfiorarti la mente?
Dopo Wimbledon. Ho sempre saputo che per tornare n.1 avevo bisogno di 2 Slam e altri titoli importanti. Ma non era qualcosa al quale puntavo. Dopo l’infortunio, anche solo un Major sarebbe stato grandioso. Però ho subito vinto a Melbourne e ho pensato ‘beh se vinco Indian Wells e Miami c’è una chance’. Ho vinto anche Wimbledon e a Montreal ero vicino. Ma poi la schiena ha cominciato a fare male. Non ho potuto giocare a Cincinnati. Non ero al 100 per cento agli US Open. Sono rimasto vicino vincendo Shanghai, Basilea, e facendo le semifinale alle Finals. Ma sapevo di dover vincere gli Australian Open. E Rafa ha giocato molto bene in Asia. In quel momento pensavo che non ce l’avrei più fatta. Non pensavo che avrei di nuovo vinto gli Australian Open. Quindi dopo Wimbledon non ci ho più pensato molto.
Contro Kohlschreiber hai detto che se avessi perso il primo set avresti trovato delle maniere per venirne fuori. È quello che è successo oggi?
Sì penso di sì. Ho anche approfittato del fatto che oggi Robin non era al 100 per cento. Ho ricordato a me stesso che se volevo vincere questo match indoor e diventare n.1 al mondo, dovevo essere aggressivo. In realtà all’inizio la mia strategia, decisa con Ivan e tutto il team, era di lasciare che fosse Robin a battere me piuttosto che lasciare che io battessi me stesso. Perché ieri ho faticato a mettere a segno vincenti. Ma non ho avuto una grande giornata al servizio. Invece Robin inizialmente sentiva molto bene questo colpo. È stata dura. Poi all’inizio del secondo set mi sono detto che se volevo vincere il match dovevo avanzare la mia posizione in campo. Ho iniziato bene il parziale e anche il terzo e questo ha reso le cose molto più difficile per Robin. E mi sono divertito.
Hai mostrato delle emozioni alla fine parlando anche dei tuoi bambini.
L’obiettivo era non piangere. E ce l’ho fatta. Mi sono dimenticato di ringraziare i miei genitori, senza i quali tutto questo non sarebbe possibile. È bello poter ringraziare tutte queste persone. È stato emozionante. Ci sono un sacco di persone che hanno lavorato per questo momento, affinché io sia lì a festeggiare. Ed è molto bello.
Pensi che tutto questo ti possa distrarre dalla semifinale (contro Andreas Seppi ndr) e dalla vittoria del torneo?
Ti saprò rispondere a questa domanda domani. Spero di no. Potrebbe distrarmi. In primo luogo sono venuto qua per tornare n.1 al mondo e, solo in secondo luogo, per vincere il torneo. Devo ricalibrare tutto. Fortunatamente gioco di sera domani. Quindi ho un po’ di tempo per concentrarmi sul match. Ma posso anche distrarmi. Scrollare la pressione di dosso e cominciare a giocare il mio miglior tennis.
Rafa non si è presentato…
Te lo aspettavi sinceramente? Ha altro di meglio da fare. Soprattutto con la sua fondazione che sta andando benissimo.