La finale del torneo di Buenos Aires sarà festa mitteleuropea tra lo sloveno Aljaž Bedene e l’austriaco Dominic Thiem. Le loro partite sono state costruite sul confronto di colpi per il primo e su una precisa scelta strategica per il secondo.
La sfida tra Bedene e l’argentino Federico Delbonis ha tre chiavi di lettura. La prima è il servizio dello sloveno che nonostante la moderata velocità di crociera risulta quasi illeggibile per l’avversario e frutta nugoli di ace. La seconda è il rovescio dell’argentino, che oggi è spaventosamente fuori misura. La terza è la sfida tra i dritti che vede Delbonis nettamente superiore e gli garantisce di portare la partita al terzo. Già nel palleggio di riscaldamento Delbonis appare più impreciso. Non vorrà dire niente, ma quando inizia la partita al servizio il suo rovescio è ancora fuori misura. Break alla seconda occasione per Bedene, che chirurgico tiene a zero il servizio con due vincenti e altri due errori di misura dell’avversario. Questi si riprende col servizio, però ha un pessimo bilancio alla risposta. Bedene serve solidissimo e ne raccoglie tutti i frutti.
Non ci sono nuvole sul cielo di Buenos Aires, e il pubblico è non foltissimo sugli spalti e molto corretto. La partita è finora entusiasmante come un martedì in ufficio. Gli stessi giocatori non hanno moti di orgoglio o di stizza: hanno lo stesso atteggiamento compassato ed anonimo dei signori che tirano il campo durante le pause. Anche Bedene si è accorto come il pubblico delle difficoltà dell’argentino, ma lo fa giocare solo su metà campo, che non è una buonissima idea se non altro perché Federico conosce l’antica tattica di spostarsi e giocare il suo poderoso dritto. Altri due ace molto ben piazzati spingono sul 5-3 il lubianese senza concedere una sola palla break. Fino ad ora il dritto dell’argentino gli ha consentito di guadagnare il controllo del gioco, ma il rovescio di perdere il punto: la sua figlioletta in tribuna gli batte entusiasta le mani per convincerlo a raddrizzare il primo set, che al contrario Bedene conquista con un dritto vincente.
Il secondo set parte con Delbonis più incisivo, mentre Aljaž da 40-0 prende una pausa e per la prima volta si va ai vantaggi sul suo servizio. Nel gioco successivo, come nel primo set, Bedene ottiene la palla break dopo aver giostrato lo scambio con dritti sempre più aggressivi, e Delbonis cede il servizio. La gente continua a sventolare ventagli e assistere senza apparente coinvolgimento, fino a che sul 2-1, e nonostante due ace, Bedene si dimentica del rovescio avversario: insiste sul dritto fino a sbagliare. Arriva la prima occasione per Delbonis, che la sfrutta giocando aggressivo. Ecco, alfine si leva un coro entusiasta dal pubblico per sostenere il suo campione. Delbonis tiene il servizio spingendo col dritto e nel gioco successivo allunga, con l’aiuto di Bedene che sbaglia troppo colpi e tattica: forse per l’eccesso di sole si è scordato che l’argentino è mancino, tanto inopinatamente insiste sul suo tremendo dritto. Con una pregevole palla corta Delbonis guadagna sul 5-2 il setpoint dopo aver spalancato il campo con due sbracciate, e Bedene affossa in rete un dritto senza pretese.
In apertura di terzo set l’argentino riparte aggressivo. Quando scambiano col dritto non si vede perché debba essere sotto nel punteggio, senonché inizia a perderne la misura: annulla una palla break ma tiene il servizio con grande fatica. Bedene invece sorvola i suoi turni agilmente perché Delbonis non riesce proprio a rispondere al suo servizio. Non pare a dire il vero che sia irresistibile ma forse l’argentino lo fronteggia troppo lontano dalla riga di fondo e non sa leggerne le traiettorie, che arrivano già troppo larghe e basse sulla linea dei suoi piedi. Bedene si prende un gran rischio nel terzo gioco con un dritto lungolinea che lambisce la linea, permettendogli di andare ai vantaggi, allorquando alla seconda occasione fruisce di un rovescio lungo dell’avversario. È il momento decisivo del match. Aljaž continua a servire ace di piazzamento, uno addirittura a 163 km/h, mentre nel body language di Delbonis si legge sempre maggiore frustrazione, che coinvolge ora anche i dritti. Il successivo break a zero ne è una conseguenza inevitabile. Un sussulto di orgoglio porta Federico alla palla per un primo controbreak, ma con sportività riconosce il segno dell’ace di Bedene che gliela cancella. L’argentino appare svuotato quando non riesce a fronteggiare un passante tirato da metri fuori dal campo, e poi con due consecutivi pessimi rovesci concede un pessimo 1-6. Bedene è di nuovo in finale, dopo Chennai 2015 e San Paolo 2016.
Nella seconda partita invece è evidente la tattica di Thiem: giocare consistente senza mai accendere le micce. Imposta un gioco ad alte rotazioni e alte percentuali, quasi per forzare Monfils a sbagliare senza destargli l’orgoglio con colpi vincenti. Thiem ottiene la prima palla break sul 2-1 alla fine di uno scambio prolungato e tesissimo, ma con l’aiuto del nastro lo smash lento appoggiato da Monfils l’annulla. È tuttavia il preludio ai due successivi errori che spingono Thiem sul 3-1. Gael ha voglia di correre e aggredire, ma Dominic resta inavvicinabile. Spinge così Monfils a tentare qualcuna delle sue giocate arrischiatissime che valgono altre due palle break sul 4-1. Con sorprendente cautela però Monfils gioca una serie di punti che gli consentono di evitare il tracollo. La sfida oscilla tra scambi tosti con gran corse ed errori eccessivi. La trama di Thiem si intesse fino al doppio setpoint sul 5-2: non sarà macramé per il pubblico, ma per l’austriaco è quanto basta. Infatti un ennesimo scriteriato inside in di Monfils esce quel che basta per concedere il primo set. Si contano 29 errori del francese, che non raggiunge nemmeno una palla break.
Il secondo set inizia con due doppi falli consecutivi di Thiem, che peraltro insiste nel cercare di indirizzare il suo poderosissimo servizio in kick sul rovescio di Monfils. Ci sarebbe anche da chiedersi perché uno che vanta uno dei migliori rovesci ad una mano del circuito si sposti tanto per giocare il dritto anomalo, soprattutto sotto il sole accecante dell’estate argentina. Tuttavia anche in queste situazioni, Thiem non rischia nulla nel punteggio. Il gioco latita, gli errori no: palle forzate e prive di senso da ambo le parti. Sarebbe bastato poco a Dominic per sfruttare la prima palla break sull’1-0 ma getta l’occasione alle ortiche. Ci sono interi scambi in cui i giocatori puntano a colpire di dritto ovunque arrivi la palla, correndo così il doppio del necessario. Sull’1-1 Monfils gioca una risposta incantevole di dritto in cross, e quasi chiama persino i due successivi vincenti di dritto dell’austriaco. Il gioco inizia ad essere divertente, con altri due vincenti di Monfils, che poi prova una inverosimile palla corta di rovescio in salto. Corta, va detto, lo è davvero: forse raggiunge la rete, di sicuro non la oltrepassa. Sono gli sbagli del francese a regalare il 3-1: in particolare non riesce a controllare la rotazione esasperata dei dritti incrociati di Thiem che lo cacciano sugli spalti. Monfils se la ride amaramente ai cambi di campo.
La partita, virtualmente già finita, offre stralci di qualità: un passante di rovescio lungolinea di Thiem quando riesuma una palla che oramai strisciava per terra, e un drittone in cross di Monfils su tutti. Thiem ottiene facilmente tre matchpoint, e li deve giocare tutti: è il terzo che lo riporta in finale a difendere il titolo dello scorso anno, da sicuro favorito. Infatti, l’austriaco ha già vinto questo torneo nel 2016, battendo in finale l’iberico Nicolas Almagro. Inoltre Thiem conduce per 2 a 1 gli scontri diretti contro Bedene. Il n.6 del ranking ATP si è aggiudicato in quattro set anche l’unico precedente andato in scena sulla terra rossa, al Roland Garros del 2015. Ma occhio allo sloveno che è a caccia del primo titolo nel circuito maggiore, dopo due sconfitte in finale a Chennaio nel 2015 (contro Wawrinka) e a Budapest l’anno scorso (contro Pouille).
Michele Pascolini
Risultati:
[1] D. Thiem b. G. Monfils 6-2 6-1
A. Bedene b. F. Delbonis 6-4 2-6 6-1