[16] P. Kvitova b [4] G. Muguruza 3-6 6-3 6-4
Sarà per la sua espressione perennemente dolce e vagamente ironica; per la spettacolare esplosività dei suoi colpi; per l’atteggiamento sempre corretto nei confronti delle sue avversarie o l’empatia suscitata dal terribile incidente che nel dicembre 2016 pose quasi fine alla sua carriera. Qualunque sia la ragione, la ceca Petra Kvitova, n. 21 della classifica WTA, è da sempre una delle beniamine del pubblico e la sua vittoria nel torneo qatariota al termine di un match a tratti bellissimo, è stata accolta con grande simpatia e affetto. A cercare di sbarrarle vanamente la strada verso la conquista del suo 22esimo trofeo si è posta Garbine Muguruza – da domani terza giocatrice al mondo – che nei precedenti confronti diretti era riuscita a superarla solo una volta, la prima, perdendo poi nelle tre successive occasioni.
Inizio travolgente per la spagnola, giunta alla finale con due partite in meno nelle gambe rispetto a Kvitova grazie al bye d’esordio e al ritiro di Halep in semifinale, che fa propri i primi cinque game con un parziale di venti punti a cinque e poi, come talvolta le capita, si distrae e consente incautamente all’avversaria di mettere finalmente il suo piedone in partita e conquistare tre giochi che le hanno dato coraggio, prima di cedere il set dopo 34 minuti non indimenticabili e caratterizzati per entrambe da un numero di errori non forzati superiore ai vincenti.
L’urlo di battaglia con il quale Kvitova accompagna l’ace che le consente di fare proprio un game molto delicato nel secondo set, il terzo, fa chiaramente capire che la partita non finirà in breve. E, infatti, dopo avere annullato con un diritto una seconda palla break nel quinto game e aver trovato il tempo di scambiare due battute e qualche risata (!!) con il suo coach al cambio di campo, la ceca, aiutata da due doppi falli consecutivi dell’ispanica, dopo avere sprecato due opportunità consecutive di break lo fa poi proprio con un diritto incrociato vincente di inaudita violenza e precisione. Un suo grido ancora più forte di quello descritto sopra ha poco dopo accompagnato il diritto fuori misura che le ha consegnato il secondo set.
Nel parziale decisivo entrambe le contendenti hanno lasciato andare il braccio praticamente su ogni colpo e, data la qualità delle loro braccia, il match in alcuni momenti è stato agonisticamente e tecnicamente sontuoso.
Una calamita invisibile faceva sì che un numero altissimo di palline atterrasse esattamente sulle righe di fondo ed è subito apparso evidente che la vittoria sarebbe andata a chi delle due sarebbe stata in grado di conquistare il maggior numero di punti direttamente grazie alla prima palla di battuta. Ed in questa specialità Kvitova si è dimostrata più brava di Muguruza. Con un ace la ceca ha infatti annullato un break point nel quarto game e poi, nel medesimo gioco, con altri servizi vincenti è riuscita a tenere il turno di battuta. La medesima impresa non è riuscita a Muguruza che ha perduto il successivo turno di servizio ed è stata poi costretta a ricorrere alle cure del fisioterapista per un problema al ginocchio sinistro.
Cure evidentemente molto efficaci perché, prima di arrendersi, Muguruza nel sesto game ha costretto Kvitova a estrarre dalla borsa dei miracoli prima un rovescio spettacolare per annullarle un break point e poi due servizi vincenti in successione. È stato l’ultimo rischio corso dalla vincitrice che da quel momento in poi ha controllato il match con autorevolezza. Con questo successo, il secondo consecutivo dopo quello di San Pietroburgo, Petra Kvitova riconquista la Top Ten dalla quale mancava dall’estate 2016. Un’impresa notevole se si considera che all’inizio del 2018 era 29esima, ma non insuperabile. Petra, infatti, non ha ancora compiuto 28 anni e, anche alla luce di ciò che un giocatore di lei molto più maturo sta facendo in campo maschile, non si vede perché si debbano porre limiti alle sue future conquiste.