Un anno è passato, il tennis ne ha viste tante eppure siamo di nuovo qui: con Federer campione in carica degli Australian Open che si avvicina a Indian Wells e Miami ma soprattutto con l’incognita della sua stagione su terra battuta. L’anno scorso lo svizzero era ricomparso ai suoi livelli migliori (per alcuni i più alti di sempre) sorprendendo tutti.
Dopo un primo trimestre stellare di 2017, uno Slam e il Sunshine Double vinti trionfalmente, con l’avvicinarsi dei tornei sul rosso Federer decise di non rischiare la forma e il morale sulla superficie a lui meno favorevole e saltò a piedi pari l’intero giro europeo del mattone tritato. Senza alcuna ripercussione: “La cosa fantastica di Roger è la sua abilità di giocare meno e ciononostante non perdere fiducia a causa della mancanza di ripetizioni” disse a questo proposito Paul Annacone, suo coach per le stagioni 2010-2013. “È un equilibrio difficile per chiunque.”
Con meno dubbi sulla propria tenuta fisica, una vetta del ranking ritrovata e grandi rivali fuori dai giochi (Murray non tornerà prima della stagione su erba, Djokovic dovrebbe fare rientro tra Madrid e Roma, Wawrinka è per il momento lontanissimo da condizioni di gioco accettabili) quest’anno Federer potrebbe scegliere di sporcarsi un po’ le scarpe. Neppure Nadal sembra sentirsi troppo bene e se magari testare il nuovo Fedal “a polarità invertite” intriga più il pubblico che i diretti interessati, l’occasione per lo svizzero di completare almeno il giro dei Masters 1000 è ghiotta. Nonostante l’immenso affetto che gli viene tributato su quei campi ad ogni sua apparizione, infatti, Federer non ha ancora mai sollevato il trofeo né al Country Club monegasco né al nostro Foro Italico, pur avendo raggiunto quattro volte la finale in ciascuno degli appuntamenti.
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“Deciderò dopo Miami. Di certo non giocherò una stagione su terra battuta completa” ha detto Federer al termine dei festeggiamenti per il successo a Rotterdam. Il dilemma tra la formula vincente della scorsa stagione e la tentazione di alzare ulteriormente l’asticella passerà dai risultati dei due tornei sul cemento americano di marzo, nei quali Federer difende 2000 punti ATP (quasi un quinto del suo totale). Anche mancando o fallendo entrambi gli eventi la posizione nel ranking non scenderebbe sotto la terza, visto l’enorme distacco dai primi inseguitori Cilic, Zverev e Dimitrov.
Se classifica e sponsor avranno voce in capitolo, oltre ovviamente alle ambizioni del giocatore, sotto il profilo medico invece è bene lasciare la parola a Pierre Paganini, lo storico preparatore atletico che segue Federer da quando aveva appena quattordici anni. Sul New York Times è emersa una sua analisi dettagliata dello stress a cui il ginocchio sinistro di Federer, quello operato nel 2016, verrebbe sottoposto sui campi in terra.
“Il vantaggio per le articolazioni quando si gioca su terra battuta è che lo shock è minore a causa dello ‘scivolare’, mentre sui campi in cemento lo shock è maggiore” sono le parole di Paganini. “Ma il vantaggio sul duro è che lo shock è breve: è una botta e il piede si stacca subito dal suolo, e un giocatore coordinato quanto un ballerino come è Federer schiaccia le sue articolazioni un po’ meno in quel preciso istante. Al contrario, lo svantaggio con lo ‘scivolare’ su terra battuta è che nelle articolazioni si genera molta vibrazione. Non lo si può vedere dall’esterno, ma per controllare le scivolate si genera una instabilità nel ginocchio, nel piede, nella caviglia. E in alcuni casi questo può essere pericoloso.” Quanto vorrà rischiare Roger? Il pubblico mediterraneo spera almeno un po’…