0 – le volte, prima di quest’anno, in cui Roger Federer aveva iniziato una delle stagioni della sua ventennale carriera, centrando l’accoppiata Melbourne- Rotterdam. Il più importante torneo olandese, giunto alla 45a edizione, era stato vinto dal nuovo numero 1 del mondo già nel 2005 (in finale contro il suo attuale coach, Ivan Ljubicic) e nel 2012 (sconfiggendo in finale Del Potro). Furono anni nei quali Roger aveva però mancato la vittoria nel Major Down Under, fermandosi in semifinale (nel 2005 sconfitto da Safin, nel 2012 da Nadal). L’ ABN Amro World Tennis Tournament , appartenente alla categoria degli ATP 500, è una competizione prestigiosa, vinta da campioni come Arthur Ashe, Jimmy Connors, Björn Borg, Boris Becker, Stefan Edberg,Yevgeny Kafelnikov, Richard Kraicek, Lleyton Hewitt e Andy Murray (ma anche dal nostro Omar Camporese, nel 1991), alla quale il campionissimo di Basilea, aveva partecipato ad eccezione del 2000, dal 1999 al 2005, per poi tornarvici solo nel 2012 e nel 2013 (quando perse da Benneteau), ottenendo anche una finale nel 2001, non ancora ventenne, persa da Nicolas Escude. La possibilità concreta di tornare numero 1 del mondo, semplicemente arrivando in semifinale a Rotterdam, ha convinto Roger a tornare a giocare un torneo che nel 1999 fu per lui importante: da 243 del mondo, sette giorni prima a Marsiglia aveva onorato la wild card degli organizzatori e battuto Carlos Moya, allora 5 ATP. In Olanda passò dalle quali, ottenne la sua seconda vittoria contro un top 30 (il ceco Ulirach) per poi arrendersi nei quarti in 3 set molto lottati al numero 2 del mondo, Kafelnikov. Con il trofeo vinto in terra olandese, il campione svizzero porta a 12 la striscia consecutiva di vittorie nel 2018 e dà- anche se non ne aveva nemmeno un pò bisogno- ulteriore conferma di come abbia meritato un mese fa in Australia, al di là dell’ottimo tabellone avuto. Qualche settimana fa in questa rubrica avevamo sottolineato come non era mai capitato, prima degli Australian Open 2018, che Roger avesse dovuto sconfiggere un solo top 15 per vincere uno dei suoi precedenti 19 Majors. Il nettissimo successo in finale a Rotterdam sul quinto giocatore al mondo (da oggi quarto), Dimitrov, apparso a Rotterdam ritrovato e quasi nella sua miglior versione – per arrivare a sfidarlo, Federer aveva dovuto sconfiggere un solo top 40, Kohlschreiber- aiuta con i numeri a dire quel che era già evidente con la logica e la conoscenza del gioco. Con la forma fisica e la leggerezza psicologica mostrate anche in questo 2018, non vi è tabellone complicato che possa essere un ostacolo insormontabile per Roger. Finchè dura, non resta che godersi con gratitudine lo spettacolo.
1 – le finali, questa settimana a Doha, raggiunte da Garbine Muguruza da quando, al termine degli ultimi US Open (dove fu sconfitta negli ottavi da Kvitova), per la prima volta è diventata numero 1 al mondo, traguardo mantenuto per 4 settimane. La corona di regina del tennis non ha portato bene alla 24enne spagnola, che da metà dello scorso settembre in poi non era stata più capace di vincere tre partite di fila nei sette tornei ai quali aveva partecipato prima di arrivare in Qatar, anche a causa di una condizione fisica incerta, che in questi mesi l’ha obbligata a due ritiri in partita in corso, oltre che a concedere un waalk over. Nel Qatar la campionessa in carica di Wimbledon è tornata in campo dopo l’amara sconfitta al secondo turno degli Australian Open contro la Hsieh, allora 88 WTA, centrando così la nona finale in carriera, la prima dopo quella vincente contro la Halep a Cincinnati. Garbine, in un Premier che vantava otto delle prime nove giocatrici al mondo in tabellone, ha avuto un bye al primo turno e ha esordito al secondo turno contro la Duan, 105 WTA, eliminata con il punteggio di 6-3 6-4. La numero 4 del mondo ha riservato un punteggio ancora più severo (6-0 6-4) negli ottavi alla Cirstea, 38 WTA; mentre molto più sofferta (3-6 6-1 6-4) è stato il successo su Caroline Garcia. 7 WTA. In semifinale, il forfait di Simona Halep le ha permesso un facile accesso alla finale. Qui, una buona prova non le è bastata per vincere il sesto trofeo della carriera: la Kvitova in versione monstre di questo periodo (dopo il 10-8 al terzo con il quale la Petkovic l’ha eliminata al primo turno a Melbourne, sono le 12 le vittorie consecutive della ceca, vincitrice dei titoli Premier di San Pietroburgo e Doha, in mezzo ai quali ha affrontato con successo le due partite di Fed Cup) ha avuto la meglio in 2 e 20 minuti col punteggio di 3-6 6-3 6-4.
2 – le semifinali già raggiunte in carriera da Cici Bellis, 18enne tennista statunitense, nota nel circuito maggiore sin dall’agosto 2014, quando a New York, appena 15enne e da 1208 WTA, fu capace di sconfiggere Dominika Cibulkova, allora 13°giocatrice al mondo e quell’anno finalista a Melbourne. Non fu una prodezza isolata e la tennista di San Francisco sta confermando, con una crescita lenta ma costante, di essere una predestinata nel grande tennis: entrata nelle prime 100 nel novembre 2016, non ne è più uscita, raccogliendo nel suo primo anno in pianta stabile nel circuito maggiore, il 2017, grandi soddisfazioni, sino ad arrivare al 35° posto del ranking WTA lo scorso agosto. Una classifica costruita grazie alle semifinali sull’erba di Maiorca e sul cemento all’aperto del Premier di Stanford, nonché coi quarti sulla terra di Rabat e sull’hard outdoor del Premier di Dubai. Un anno molto importante per la sua crescita, durante il quale si è anche tolta la soddisfazione di eliminare due top 10 come Radwanska e Kutsnetsova, nonché una top 20 del calibro della Kvitova. Tuttavia il Premier 5 di Doha, giocatosi questa settimana, diventa di diritto il miglior torneo della giovane e promettentissima carriera di Cici, che è pure dovuta passare per le quali, dove ha sconfitto 6-0 6-0 la wc locale Al-Naimi, per poi prevalere su Sofya Zhuk, 145 WTA, col punteggio di 6-1 6-3. Nel tabellone principale, come non le era mai capitato sinora, ha trovato la continuità di rendimento necessaria a sconfiggere tre top 25, una delle quali una recentissima numero 1 del mondo. La statunitense ha difatti prima eliminato la Kasatkina, 25 WTA, ritiratasi quando Cici conduceva 7-5 4-1, e ha poi regolato la connazionale Madison Keys, 14 WTA e finalista agli ultimi US Open, col punteggio di 2-6 6-3 6-0. Infine, Cici ha battuto per la prima volta una top 5, Karolina Pliskova, liquidata con lo score di 7-6(4) 6-3. Nulla da fare nei quarti contro la n.2 del mondo Simona Halep, vincitrice nettamente (6-0 6-4).
3 – le vittorie contro top 30 (in 8 incontri), 5 (in 11) contro top 40 e appena 8 su 15 incontri contro un tennista tra i primi 50 della classifica ATP: questi i miseri – per un annunciato campione del tennis- numeri di Alexander Zverev nel periodo successivo alla vittoria nel Masters 1000 di Montreal, in una finale contro un Federer visibilmente acciaccato nella seconda parte della sfida. Come se non bastasse, non si contano le sconfitte sorprendenti per l’ampio divario di classifica: non solo quelle arrivate negli Slam (a NY contro Coric, 61 ATP; a Melbourne da Chung), ma anche quelle nei tornei ATP. Ci riferiamo in particolare a quella di Cincinnati dove, dopo il trionfo canadese, Sasha perse da Tiafoe, 87, e, ultima, quella di questa settimana contro il nostro Andreas Seppi. Si è molto discusso dell’attuale incapacità del tennista di Amburgo di esprimersi nei Majors (un solo ottavo raggiunto, a Wimbledon l’anno scorso, in 12 partecipazioni complessive, nelle quali ha rimediato 4 eliminazioni al primo turno), ma preoccupa maggiormente la crisi di risultati (una sola semifinale, a Pechino) nella quale è caduto dopo il Canada. Netta involuzione.
4 – le sconfitte contro tenniste non incluse nella top 30 e tre le eliminazioni nell’esordio nel torneo in questo 2018 per la campionessa in carica del Roland Garros, Jelena Ostapenko, sesta giocatrice al mondo. Un ruolino di marcia davvero negativo per la 20enne lettone, che pure aveva chiuso bene il 2017, con buoni risultati nella tournée asiatica (vittoria nell’International di Seoul, semifinali ai Premier di Wuhan e Pechino, una vittoria nel Round Robin delle WTA Finals). Quest’anno, invece, ha vinto solo tre partite -tra l’altro la tennista con la migliore classifica sconfitta è stata la nostra Schiavone, 93 WTA, battuta a Melbourne- e sono state diverse le brutte sconfitte, come quelle ai primi turni di Shenzhen contro Kristyna Pliskova e a Sydney dalla Makarova. A Doha, dove nel 2016 si rivelò al grande pubblico arrivando alla finale -persa contro la Suarez Navarro- dopo essere partita dalle quali, è arrivato il terzo stop stagionale all’esordio: la romena Buzarnescu, 43 WTA, ha avuto la meglio col netto punteggio di 6-1 6-3.
5 – i mesi trascorsi dall’ultima volta nella quale Sam Querrey aveva vinto tre partite di seguito: da New York (US Open) a New York (l’esordiente ATP 250). Nella Grande Mela, lo scorso settembre il 30enne statunitense aveva chiuso degnamente un’ottima estate (semifinale a Wimbledon, titolo a Los Cabos, quarti a New York) che, assieme alla vittoria di marzo all’ATP 500 di Acapulco, il torneo meglio giocato della sua carriera, almeno relativamente livello dei tennisti sconfitti (Goffin, Thiem, Kyrgios, Nadal), lo avevano portato al best career ranking di 12 ATP. Il successo in terra messicana, oltre che il più prestigioso (assieme al Queen’s nel 2010) dei 10 titoli conquistati in carriera, sembrava aver dato una svolta alla carriera di Querrey, che però negli ultimi 5 mesi era parso in crisi. Dopo gli US Open, il tennista nato a San Francisco non era più riuscito a esprimere il suo miglior tennis: era incappato in 4 eliminazioni al primo turno nei 6 tornei ai quali aveva partecipato, perdendo tre volte da tennisti non nella top 60 ATP e vincendo due partite di fila solo a Shanghai. Alla prima edizione del New York Open, Sam, tornato a giocare negli U.S.A. è riuscito a ritrovare buoni risultati. Esentato dal primo turno in qualità di seconda testa di serie, negli ottavi ha liquidato facilmente (6-4 6-3) Youzhny, 94 ATP, e, con qualche difficoltà in più, Ivo Karlovic, 89 ATP, ai quarti, sconfitto col punteggio di 7-6 (5) 7-6(4). In semifinale, Querrey ha avuto la meglio su una sua “bestia nera” come Adrian Mannarino, 25 ATP, sempre vincitore nei tre confronti diretti, eliminato questa volta con lo score di 6-7(5) 7-5 6-3. L’accesso in finale gli ha consentito di provare la rivincita del molto combattuto quarto di finale degli ultimi US Open perso contro il sudafricano, ma nuovamente è stato Kevin Anderson, 11 ATP, ad aver la meglio, questa volta con lo score di 4-6 6-3 7-6 (1), un punteggio che gli ha garantito il quarto titolo in carriera, il primo in condizioni indoor. Ad ogni modo, un torneo positivo per il gigante californiano: eppoi si dice che l’aria di casa non aiuti!
6 – le eliminazioni al primo turno, negli ultimi 8 tornei ai quali ha partecipato, di David Ferrer. Numeri impietosi per l’ex numero 3 del mondo (nel luglio 2013), il quale, quando ad aprile farà 36 anni, si è trovato questa settimana a Rotterdam ad incassare la quarta sconfitta consecutiva contro il non imbattibile (di questi tempi) Alexander Zverev. Da quando, tra luglio e agosto dello scorso anno, tornò alla ribalta del grande tennis e tra i primi 25 al mondo, grazie al 27°titolo in carriera conquistato a Baastad e alle semifinali raggiunte a Cincinnati, si è sostanzialmente spenta la luce per il finalista del Roland Garros 2013. Attenzione a darlo per definitivamente morto, però: l’iberico in questo suo periodo nero ha perso solo da giocatori classificati nella top 50, ad eccezione di due casi (Kukushkin a New York e Edmund, che iniziava però ad esplodere, a Vienna).
10 – le sconfitte rimediate da Pablo Carreno Busta nella partita d’esordio degli ultimi 12 tornei ai quali ha partecipato. Un record negativo davvero incredibile, specie se si considera che ad esserne protagonista è il decimo giocatore al mondo, secondo le classifiche ATP. Una crisi iniziata in seguito a quello che sin qui è stato il traguardo più importante della carriera del 26enne spagnolo, la semifinale agli US Open dello scorso inizio settembre. Da quel momento in poi, un tennista con alle spalle una buona esperienza, una classifica già importante (è arrivato a NY da 19° al mondo) e con 3 titoli (Mosca e Winston Salem 2016, Estoril 2017) e altrettante finali in bacheca, è nei fatti scomparso. Tornato alle gare a ottobre a Pechino, da quel torneo in poi solo a Vienna, dove ha battuto Pella, e a Melbourne – dove è arrivato al quarto turno sconfiggendo Simon e Muller, prima di perdere in 4 set lottati da Cilic- ha vinto partite. Per il resto solo sconfitte, alcune delle quali piuttosto imbarazzanti, come le cinque arrivate contro tennisti non compresi tra i primi 50: è stato sconfitto da Darcis a Pechino, da Medvedev a Mosca, da Mahut (111 ATP !!) a Bercy e quest’anno, nelle prime due tappe del circuito sudamericano sulla terra rossa, da Andrej Martin, 156 ATP, a Quito e, questa settimana, da Garcia Lopez, 69 ATP, a Buenos Aires. Pablo è rimasto a New York.
37 – i mesi trascorsi dall’ultima volta nella quale, come accaduto questa settimana a Rotterdam, Andreas Seppi aveva sconfitto nello stesso torneo tre giocatori inclusi nella top 70. Non accadeva dagli Australian Open 2015, quando il bolzanino aveva sconfitto di seguito Istomin, Chardy e Federer (in quella che forse è stata la vittoria più prestigiosa della carriera), prima di cedere 8-6 al quinto contro Kyrgios. L’eccezionalità dell’impresa di questa settimana per l’allievo di Max Sartori, accaduta negli Slam anche a Wimbledon e AO nel 2013, si comprende anche notando che nei tornei gestiti dall’ATP non si verificava da Eastbourne 2012, quando Andreas arrivò in finale perdendo da Roddick. E dire che Andreas, in nove partecipazioni a Rotterdam non aveva mai fatto particolarmente bene alla Ahoy Arena, se si eccettuano i quarti nel 2012 e soprattutto quelli del 2008, quando ebbe la meglio su Nadal e Hewitt, prima di cedere davanti a Soderling. Tra l’altro Seppi, la cui classifica lo aveva costretto a tentare l’accesso al tabellone tramite le quali, dopo aver vinto 7-6(5) 6-4 al primo turno contro la wc locale Griekspoor, 323 ATP, era stato eliminato al turno decisivo da Klizan, 150 ATP, che aveva guadagnato il main draw col punteggio di 6-3 7-6(2). Ripescato nel tabellone principale per il forfait di Tsonga, ha prima sconfitto 6-4 1-6 6-2 Joao Sousa, 68 ATP contro il quale aveva perso i due precedenti e poi ha avuto la meglio con un netto 6-4 6-3 su Sasha Zverev 4 ATP, tornando al succceso contro un top 5 che, se si esclude il ritiro ad inizio partita di Nishikori ad Halle 2015, risaliva proprio al match contro Federer a Melbourne di quello stesso anno. Nei quarti, la conferma del suo grande momento di forma (Andreas era reduce dal successo del Challenger di Canberra, durante il quale aveva sconfitto 4 top 100, e dagli ottavi a Melbourne) è arrivata sconfiggendo Daniil Medevedev, 57 ATP, col punteggio di 7-6(4) 4-6 6-3. In semifinale, opposto per la decima volta a Roger Federer, appena tornato numero 1 al mondo, Andreas ha giocato un buonissimo match, ma lo svizzero ha guadagnato la finale con il punteggio di 6-3 7-6(3). Peccato che proprio ora Seppi debba fermarsi per la ormai abituale terapia all’anca: il ritorno previsto è per i quarti di Coppa Davis di inizio aprile.
259- la classifica di Tallon Griekspoor, il 21enne tennista olandese che al primo turno di Rotterdam ha sconfitto Wawrinka, 13 ATP. Almeno sin qui, il punto più basso del ritorno nel circuito di Stan the Man, sconfitto in Olanda da un tennista all’esordio assoluto nel circuito maggiore, incapace sinora di fare meglio di una sola semifinale nei Challenger (a settembre scorso) e protagonista solo nei Futures (ne ha vinti 7). Non solo: il giovane olandese era riuscito a sconfiggere, prima di martedì, solo una volta un tennista nelle prime 130 posizioni del ranking ATP. Buio profondo per il numero 2 svizzero, che, da quando a gennaio è tornato in campo dopo l’assenza dal circuito che perdurava da Wimbledon, a causa dell’operazione al ginocchio ha vinto appena tre partite, una solo delle quali contro un top 100, Troicki a Sofia. Preoccupa, per il quasi 33enne di Losanna, che nei tre tornei giocati nel 2018, abbia ottenuto sconfitte contro tennisti dalla classifica sempre peggiore: a Melbourne Sandgren, 97 ATP, a Sofia Mirza Basic, 129 ATP, e, appunto a Rotterdam, Griekspoor, in quella che è stata la sua peggior debacle, in termini di classifica dell’avversario, dal Challenger di Olbia nel 2004, quando perse da Simone Vagnozzi. Di male in peggio.