Dal nostro inviato a New York
Una vittoria importante per Eugenie Bouchard. Purtroppo per lei non arriva dal campo, dove da un po’ di tempo ormai fatica parecchio a portare a casa le partite, ma arriva dalla Corte Federale di giustizia americana, Distretto Orientale di Brooklyn, che dopo quattro giorni di udienze ha deliberato sulla causa da lei intentata nei confronti della USTA.
Gli appassionati ricorderanno come il 4 settembre 2015 Eugenie Bouchard rimase vittima di un incidente negli spogliatoi dello US Open, scivolando su un pavimento bagnato e procurandosi una commozione cerebrale che la costrinse a rinunciare al suo match di ottavi di finale contro Roberta Vinci e di fatto a tutto il resto della stagione (dopo quel giorno giocò solo un match, a Wuhan, ritirandosi nel secondo set a causa del persistere dei sintomi della commozione).
Secondo la giuria popolare del tribunale federale, la USTA fu negligente in quella situazione e quindi viene ritenuta responsabile dei danni subiti da Bouchard nella misura del 75%. Infatti Genie è stata anch’essa ritenuta responsabile di una condotta negligente che ha contribuito all’incidente, ma in misura molto meno grave (25%).
Durante i quattro giorni di udienza l’accusa ha chiamato a testimoniare, oltre a Bouchard stessa, il Direttore del Torneo David Brewer e le addette alle pulizie dello spogliatoio femminile di turno quella sera, Christina Simmons ed il supervisore Karen Owen. L’investigazione interna della USTA non è riuscita a stabilire, se non dopo molti mesi, chi avesse materialmente sparso la sostanza pulente sul pavimento della Sala della Fisioterapia, su cui Bouchard è poi andata a scivolare. Inizialmente Owen aveva dichiarato di aver ordinato a Simmons di pulire il pavimento, ma quest’ultima ha poi detto di essere stata dispensata da quel compito per evitarle il contatto con il materiale chimico utilizzato per la pulizia, dato che all’epoca era incinta di sette mesi. La USTA ha poi impostato la propria difesa sul fatto che i fisioterapisti della WTA se ne fossero andati dopo aver atteso Bouchard per oltre un’ora, credendo che quest’ultima non avesse più bisogno di loro nonostante in precedenza avesse indicato di voler fare un bagno ghiacciato; questo fatto avrebbe quindi dato il via libera agli inservienti per pulire il pavimento. Tuttavia la difesa della Federazione Americana non è riuscita a dimostrare che esistesse una regola tale per cui fosse necessaria la presenza dei fisioterapisti perché Bouchard potesse usare le attrezzature della Sala della Fisioterapia (ivi compresa la vasca per il bagno ghiacciato), e non è riuscita a confutare una mail inviata dai fisioterapisti WTA a Bouchard mentre se ne stavano andando la quale lasciava intendere che Bouchard potesse ancora essere all’interno dell’impianto.
La difesa ha chiamato a testimoniare Kristy Stahr, una delle fisioterapiste WTA di turno quella sera, la quale aveva parlato personalmente con Bouchard dopo la fine del suo ultimo incontro ed alla quale la canadese aveva riferito di voler fare un bagno ghiacciato, ma solo dopo aver fatto la conferenza stampa. Stahr ha testimoniato di aver atteso Bouchard per oltre un’ora, di averla poi cercata, con l’aiuto delle colleghe, negli spogliatoi e nella sala interviste, ma di non averla trovata e di non aver visto gli effetti personali della canadese nello spogliatoio, presumendo così che Genie avesse cambiato idea e se ne fosse andata. Stahr ha anche dichiarato che i giocatori non accedono mai alla Sala della Fisioterapia senza i fisioterapisti, cosa confutata da Bouchard e non riportata in alcun manuale o regolamento prodotto dall’accusa o dalla difesa.
Giovedì pomeriggio, durante le arringhe conclusive, i due difensori hanno adottato strategie piuttosto differenti: il legale di Bouchard, Benedict Morelli, ha dato sfoggio di grande teatralità, descrivendo i fatti alla giuria “come se avessero sette anni” (cit.) e venendo poi per questo motivo attaccato su tutta la linea dal suo rivale, Alan Kaminsky, che ha poi dichiarato di sentirsi particolarmente offesa quando il collega aveva definito la linea difensiva della USTA “una fabbricazione concertata dalla USTA stessa e dai loro avvocati”. In tutta questa sceneggiatura, Eugenie Bouchard è rimasta seduta al tavolo dell’accusa, trucco leggero, capelli raccolti in una coda di cavallo, con la faccia di chi avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì.
Ora il processo vivrà una nuova fase che, a detta del giudice del procedimento Ann M. Donnelly, probabilmente durerà fino a metà della settimana prossima e che quantificherà in dollari il danno subito da Bouchard a causa di questo incidente e stabilirà quindi una cifra che la USTA dovrà pagare alla canadese.
Si avvia dunque alla conclusione una vicenda durata quasi due anni e mezzo e che senza dubbio ha costituito una distrazione non indifferente per la finalista di Wimbledon 2014. C’è da sperare che senza questa distrazione, e con qualche dollaro in più in tasca, Genie riesca a concentrarsi sul tennis e cominci a risalire china e classifica già a partire dalla settimana prossima, quando dovrebbe essere impegnata nel Challenger di Indian Wells che precede l’importante combined di primavera. Nella lingua inglese la differenza tra una vittoria “in court” (in tribunale) ed una “on court” (sul campo) è di solo una lettera, ma nella vita reale solitamente è molto più grande, e spetta a Genie colmare questa differenza. Perché la WTA ha bisogno di tutti i personaggi di cui può disporre.