Tanto colò che infine piovve. La vecchia Coppa Davis, di salute cagionevole ma comunque piuttosto in forma considerati i 117 anni di età, è in procinto di subire il colpo utile a farla definitivamente vacillare. Per giunta, il terremoto che rivoluzionerà concetti e sostanza del campionato del mondo per nazioni arriva camuffato da straordinaria veste, e imporrà una riforma molto diversa e decisamente più brutale rispetto a quella che, a fatica, ci eravamo preparati ad assorbire lo scorso ottobre. Chi si era detto spaventato per la possibile estensione al World Group delle innovazioni già applicate ai gruppi zonali (tie da due giorni e soprattutto sfide al meglio dei tre set), farà bene a tirare un respiro profondo e a mettersi comodo prima di apprendere una notizia certo ferale.
Nel corpo di un succoso comunicato emesso in giornata, l’ITF ha reso noto di aver posto le basi per chiudere in tempi brevi un accordo con la holding Kosmos, fondo di investimento creato dal difensore del Barcellona Gerard Piqué – grazie al decisivo supporto di Hiroshi Mikitani, CEO del colosso del e-commerce giapponese Rakuten – con un portfolio già discretamente stipato di variegati asset collegati al mondo dello sport e dei media. Il progetto, che ha già ottenuto il parere favorevole del board, è alquanto ambizioso, e visti i contorni entro cui si sviluppa promette di essere altrettanto divisivo: sostenuto da un piano di investimenti da tre miliardi di dollari per una partnership di venticinque anni, il sodalizio tra Kosmos e il governo del tennis internazionale si propone di dare vita a una Coppa in versione espressa, da divorare, tutta intera, nei sette giorni in cui tradizionalmente si disputa la finale. Ad animarla, diciotto squadre compresse in round robin ed eliminazione diretta a partire dai quarti di finale, ma soprattutto tie mignon da due singolari e un doppio tutti al meglio dei tre set: l’uomo nero che spaventava decine di miglia di appassionati in giro per il globo si è infine manifestato.
Ai nastri di partenza della prima edizione, che nei progetti dei padroni del vapore dovrebbe tenersi già l’anno prossimo – “sette città di primaria importanza hanno dato la propria disponibilità a ospitare l’evento“, ha dichiarato il presidentissimo David Haggerty -, saranno qualificate le sedici nazionali aventi diritto a iscriversi al World Group 2019, mentre le due mancanti verranno selezionate applicando criteri tuttora ignoti. Nel corso della manifestazione si terrà inoltre un turno di play off, con protagonisti i team emergenti dal setaccio dello Zone Group 1 (che insieme al secondo gruppo zonale continuerà a disputarsi nel corso delle tre finestre Davis classiche previste nell’anno solare): gli otto vincitori del suddetto turno preliminare staccheranno il pass per l’edizione dell’anno successivo. Ora la palla passa all’Annual General Meeting dell’ITF, che si riunirà il prossimo mese di agosto a Orlando, in Florida: per la finale approvazione del piano servirà la maggioranza dei due terzi dei rappresentanti aventi diritto di voto.
Una rivoluzione epocale, che in sostanza spazza via dal calendario una manifestazione tra le più importanti nella storia dello sport e la riduce a mero “evento”, sia inteso il termine in senso deteriore. Del resto è lo stesso Haggerty, raggiante, a insistere in modo sinistro sul concetto di svago: “Si tratta di un cambiamento epocale sia per il tennis in generale, sia per quanto riguarda la percezione della Coppa Davis, che intendiamo sviluppare in modo deciso nei prossimi anni. Il nostro intento è quello di creare un gran galà di fine stagione; un festival del tennis e dell’intrattenimento che porti a esibirsi tutti insieme i migliori giocatori del mondo“. Festival e intrattenimento, laddove di competizione si sente parlare sempre meno: non le migliori premesse in assoluto, visto che tutto sommato si parla di sport. Secondo quanto si apprende scorrendo la corposa nota diffusa da ITF, gli ingentissimi investimenti programmati da Kosmos dovrebbero avere delle ricadute molto positive sul tennis di base, in particolare sullo sviluppo dei giovani aspiranti agonisti. Ancora Haggerty: “Non solo creeremo una nuova coppa del mondo, ma saremo in grado di sbloccare nuovi fondi, utili a contribuire fattivamente al progresso delle future generazioni di praticanti e a dare origine a nuove possibilità per i milioni di tifosi sparsi ai quattro angoli del pianeta“.
Tutto bello, insomma, anche per il roccioso centrale del Barça Gerard Piqué, l’inaspettato motore immobile della vicenda, il quale, pur ancora impegnato in pantaloncini e maglietta, ha deciso di entrare a gamba tesa nel mondo della pallina di feltro con mire espansionistiche insospettabili: “Kosmos è entusiasta del rapporto di collaborazione con ITF; insieme abbiamo l’opportunità di alzare il livello di una competizione storica e investiremo cifre consistenti per sviluppare il tennis nel mondo intero“.
Investimenti, festival, intrattenimento; ricchi premi e cotillons. Nel frattempo qualcuno vorrebbe forse continuare a guardare il tennis, ma ai maggiorenti della racchetta la questione sembra non interessare granché. Il processo iniziato dalla trionfante Laver Cup è irreversibile e questo si sapeva, ma si sperava non fosse anche contagioso. Belli gli scenari, l’atmosfera e il Fedal di doppio, ci mancherebbe: però una manifestazione del genere in calendario forse sarebbe stata sufficiente.