Kasatkina e le connazionali
Il tennis russo sta attraversando un momento complicato. L’anno passato aveva fra le prime dieci Kuznetsova, ma con Svetlana ferma per una operazione al polso sinistro, la situazione è peggiorata. Sembrano sempre più lontani i successi del decennio scorso, in cui tante giocatrici occupavano i vertici della classifica. Sharapova, Kuznetsova, Myskina, Dementieva, Zvonareva, Petrova, Chakvetadze, Safina… Ci sono state stagioni in cui sono arrivate a far pensare che il loro movimento fosse quasi in grado di monopolizzare il circuito, con finali Slam integralmente russe (Roland Garros 2004, Us Open 2004, Roland Garros 2009).
Oggi invece la situazione è sempre più lontana da quei fasti, tanto che la classifica recita: Kuznetsova numero 19 (ma non ancora rientrata dopo l’operazione), Kasatkina numero 20, Pavlyuchenkova 23, Vesnina 24, Makarova 37, Sharapova 41. In più fra qualche giorno scadranno i punti di Indian Wells 2017, Premier Mandatory vinto da Vesnina in finale su Kuznetsova.
Quest’anno Kuznetsova compirà 33 anni, Vesnina 32, Sharapova 31, Makarova 30. In sostanza solo Pavlyuchenova (27 anni a luglio) è fuori dalla fascia di età “over 30”, e potrebbe rappresentare un trait d’union generazionale. In questo momento di difficoltà potrebbe perfino accadere che il tennis russo si ritrovi senza giocatrici fra le prime 20, e sarebbe davvero un fatto epocale. Nelle prossime settimane l’evoluzione più probabile è che Kasatkina diventi la leader (in termini di ranking) di un movimento in fase di profondo ricambio. Daria guida una nuova generazione che presenta nomi come Vikhlyantseva, Kalininskaya, Zhuk, Potapova; giovanissime, su cui, però, non possiamo avere certezze.
Se le giocatrici più esperte (Kuznetsova e Sharapova innanzitutto) faticassero a recuperare la migliore condizione, Kasatkina sarebbe pronta per raccogliere una eredità tanto pesante? Beh, direi che gli ultimi mesi ci ha fornito indicazioni contraddittorie. Daria ha sì battuto avversarie di alta classifica come Wozniacki, Halep, Muguruza; ma è anche andata incontro a sconfitte evitabili. Ad esempio quella contro Magda Linette al secondo turno degli Australian Open 2018, tanto più grave perché arrivata dopo che il sorteggio era risultato particolarmente favorevole. Senza troppi giri di parole: sulla carta Kasatkina aveva tutto per approdare come minimo al quarto turno, per poi giocarsela contro Svitolina, che non era nemmeno del tutto a posto fisicamente. A conferma di questo: nella porzione di tabellone di Daria, è approdata agli ottavi la qualificata Allertova.
Essere in grado di vincere con una certa regolarità i match di routine, i primi turni contro avversarie valutate come inferiori, è un passo che dovrà sforzarsi di compiere; è fondamentale imparare a gestire lo stress quando si parte favorita, perché quella è la condizione quasi quotidiana di chi sta in cima alla classifica. La sensazione è che invece il più delle volte Kasatkina giochi meglio quando ha poco da perdere: o contro avversarie importanti, o semplicemente nei momenti in cui si trova indietro nel punteggio; mentre quando arriva il momento di chiudere i match fatica a essere altrettanto incisiva.
Il cambio di allenatore
Per completare il quadro con gli avvenimenti più recenti va ricordato che quasi alla fine della stagione scorsa Kasatkina ha cambiato allenatore, passando dallo slovacco Vladimir Platenik al belga Philippe Dehaes. Una decisione presa in ottobre, durante i tornei cinesi. Così Daria aveva spiegato: “Abbiamo iniziato a lavorare insieme tre anni fa, con ottimi risultati. Ma poi di recente ho valutato quanto fatto nell’ultimo periodo e ho realizzato che il mio miglioramento si era fermato. Allora ne ho parlato con lui, e abbiamo deciso che sarebbe stato meglio separarci”.
Forse si sarebbe potuto capire che qualcosa non andava già da un’altra intervista concessa alla WTA circa un mese prima, durante gli US Open 2017 (inizio di settembre). Kasatkina infatti aveva raccontato di una diversa relazione con il coach: “A poco a poco è stato sempre meno coinvolto, in modo che io diventassi più matura. Mi sta dando più libertà durante gli allenamenti e anche durante i match. Sto cercando di prendere le decisioni da sola, giocando nel modo in cui voglio io (…)”. E poi: “Mi sento bene perché so che le mie vittorie arrivano perché sto giocando con questo nuovo atteggiamento. Nessuno mi sta dirigendo: mi sto dirigendo da sola, e mi sento meglio“. Allora poteva sembrare una scelta legata al fatto che durante gli Slam non è possibile avere l’on court coaching, ed è utile provare a rendersi più autonome. Ma alla luce del “divorzio” successivo, è inevitabile leggere queste parole come il sintomo di una fase di distacco, di reciproco logoramento del rapporto.
Anche se da fuori è sempre molto difficile valutare queste situazioni, confesso che la scelta mi ha sorpreso. In tre anni Daria era passata dal 370mo posto alla Top 30, e in sostanza la loro collaborazione era coincisa con un periodo cruciale della carriera di qualsiasi tennista: gli anni dell’esordio nel professionismo.
Alcuni dialoghi fra Platenik e Kasatkina rimangono memorabili. Più di tutti forse quello avvenuto nella semifinale di Charleston 2017 contro Laura Siegemund. In quel momento Daria era sul 3-6, 2-1:
Dopo questo cambio campo Kasatkina avrebbe vinto il match conquistando 10 game su 12 (3-6, 6-2, 6-1). Fra le diverse indicazioni, Platenik aveva suggerito di usare di più lo slice. E il giorno dopo, in finale, a colpi di slice Daria avrebbe “mandato in tilt” Ostapenko (6-3, 6-1), sempre più indispettita dalle difficoltà di controllare palle dal rimbalzo radente, ogni volta da “tirare su” con la massima cura perché potessero scavalcare la rete; grazie a queste scelte tattiche Kasatkina avrebbe vinto il più importante torneo della carriera.
a pagina 3: Le prospettive di Daria Kasatkina