Jean-François Caujolle, creatore dell’Open 13 di Marsiglia nel 1993 nonché direttore del torneo, ci ha tenuto a rispettare la tradizione e, dopo la finale – vinta da Karen Khachanov -, ha risposto alle domande della stampa per tessere un bilancio della 25esima edizione dell’evento. Caujolle, ex n. 71 del mondo nel 1979, ha disputato in carriera due finali, a Copenhagen e a Gstaad (nel 1976 e nel 1977). Disputa in tutto 201 match; la sua vittoria più significativa è quella contro Jimmy Connors nel 1980 a Montecarlo. Dal 2007 al 2011 è codirettore del torneo di Parigi-Bercy insieme a Cédric Pioline e, dal 2010 al 2016, direttore dell’Open di Nizza. L’evento della Costa Azzurra è stato poi sostituito nel 2017 dall’ATP di Lione.
Cosa pensa del vincitore?
Sono davvero impressionato da Khachanov. Ma non sono sorpreso della qualità del suo gioco e dalla sua tempra. Sapevo che sarebbe diventato un giocatore forte già due anni fa quando l’ho visto da Galo Blanco a Barcellona. Oggi ha messo in campo un tennis estremamente potente e intenso ma in realtà l’ha fatto per tutta la settimana. Ha un grande potenziale. E poi è un ragazzo molto gentile e amabile; è molto apprezzato anche dagli altri giocatori.
Un bilancio della settimana…
La settimana è cominciata in modo un po’ difficile, ho cercato comunque di stare sereno. Abbiamo avuto una finale molto interessante, forse la più bella che potessimo avere, considerato come si era evoluta la situazione del tabellone.
Il fatto che un tennista come Federer scelga Rotterdam per ritornare n. 1 e non Marsiglia, per esempio, non provoca forse un po’ di “gelosia”?
Assolutamente no! A parte il fatto che nono sono mai stato una persona gelosa ma è normale che Federer sia andato a cercare i punti in un ATP 500. Ero contento per Krajicek, sinceramente, gli ho anche inviato un messaggio. È normale che dovunque ci sia Federer il torneo acquisti ulteriore risalto e seguito. Federer è un fenomeno planetario ormai e, dovunque vada, riesce a occultare lo stesso svolgersi del torneo perché diventa lui stesso il centro di attrazione. Ed è normale che sia così quando parliamo di lui. No, davvero, non c’è gelosia. E poi bisogna saper restare al proprio posto. È vero che siamo tra i due o tre migliori ATP 250 del circuito ma ci sono anche i tornei delle categorie superiori ed è normale che i giocatori scelgano di disputare quelli che possano concedere loro più punti.
Cosa è cambiato oggi rispetto a 25 anni fa?
Negli ultimi anni il livello generale è diventato molto più alto e, spesso, avviene uno sconvolgimento nella gerarchia, per esempio nella scorsa stagione abbiamo potuto ammirare gicatori che sono riusciti a farsi largo tra i migliori, come Anderson, Carreno, Querrey, per citarne solo alcuni. Personalmente, ho assistito con molto piacere all’exploit di Krajinovic a Bercy. Fa piacere che nei Masters 1000, come a Parigi, possano arrivare in fondo nuovi protagonisti. C’è un livello alto non solo tra i migliori ma possono emergere tanti altri tennisti. Siamo qui anche perché possiamo scoprire giocatori come Ivashka. Ora, è vero che lui ha beneficiato del ritiro di Wawrinka, ma ha comunque dimostrato di avere un livello di gioco adatto all’evento. Nonostante il 25esimo anniversario del torneo, è stata un’edizione normale, all’insegna della continuità. E poi sono i giocatori che segnano un torneo come, per esempio, un astro nascente come Khachanov, o personaggi come Kyrgios che conquista il suo primo trofeo. In fondo noi siamo una piattaforma, niente di più ed è il giocatore che rende speciale un torneo.
Come è andata con Stan Wawrinka, vi siete parlati subito dopo il suo ritiro?
Stan l’ho subito visto. Ero molto triste per lui, non per il torneo. Ero triste per la persona Stan Wawrinka perché era molto abbattuto e provato dall’essersi dovuto ritirare. Mi ha detto che rinunciava all’intero ingaggio, da uomo a uomo. Non era affatto obbligato a farlo. Quando abbiamo fatto l’accordo era ancora tra i primi quattro del mondo, eppure aveva già accettato un ingaggio inferiore. Ha deciso di devolvere parte della somma a varie associazioni, alcune scelte con il consiglio regionale e altre due di cui si occupa lo stesso Sta. È stato ammirevole, è una bella storia.
Un commento sul futuro del torneo…
Vedremo. Ci sono giocatori che conosco ormai molto bene con cui ormai ho un rapporto d’amicizia. Tra questi, per esempio, c’è Jo-Wilfried Tsonga. Jo ovviamente vuole continuare ancora a giocare ma, per il futuro, quando smetterà di gareggiare non escludo che possa integrare la nostra equipe, così come forse Sébastien Grojean. Vedremo. Potrebbe essere una possibilità. È importante circondarsi sempre di persone che conoscono molto bene il mondo del tennis e una lunga esperienza nel circuito è un aspetto fondamentale. E poi è importante rinverdire un po’ il team (ride).