Ventisette anni, quasi ventotto (li compirà il 10 marzo), nel tennis di oggi non sono poi tanti, in particolare se molti di questi anni, senza colpa alcuna, non sono stati passati in campo. La storia del talento di Firenze Adelchi Virgili, a tratti, è stata più simile a un calvario, iniziato da adolescente con un grave infortunio alla schiena, e proseguito con uno stillicidio di guai fisici di ogni genere che ne hanno enormemente limitato le opportunità di emergere ad alto livello professionistico. Ma non voglio parlare di questo, raccontando il giocatore Adelchi. Nella speranza che serva anche a esorcizzare un passato tanto travagliato, preferisco focalizzarmi sugli aspetti positivi, e sul futuro.
Da tecnico, la curiosità che ho provato in una fredda mattinata di fine anno, al Tennis Club Oasi 2000 di Padova, dove oltre a Virgili si allena anche la promettente giovane Melania Delai, era tanta. Adelchi, seguito dal padre Alessandro, è uno di cui professionisti preparatissimi ed esperti come Fabrizio Fanucci, Riccardo Piatti e molti di coloro che lo hanno affrontato tra cui Viktor Troicki (best ranking 12 ATP) e Blaz Kavcic (best ranking 68 ATP), hanno detto meraviglie. “Mai visto nessuno con dritto e rovescio come lui“, “velocità di braccio da top-10“, affermazioni importanti. Se uniamo a questo il fatto che già a 14-15 anni Adelchi si allenava a Montecarlo con gente come Marat Safin e Rafa Nadal, venendo anche invitato in cabina di commento da Rino Tommasi e Gianni Clerici, insomma, la voglia di verificare di persona era come detto notevole.
L’unico modo migliore per capire e valutare i tennisti rispetto allo stare a bordocampo, di fianco e molto vicino, è giocarci contro direttamente. Più di così, direi che non è possibile fare. Incurante dei vent’anni, e soprattutto delle dieci categorie di differenza, ho fatto un’oretta di allenamento con Adelchi, e dire che ne è valsa la pena è poco. A mio avviso, e in tanto tempo passato negli anni a due metri dai migliori del mondo un po’ di occhio spero di essermelo fatto, come velocità di braccio pura ma soprattutto facilità di accelerazione della palla siamo ai livelli di un Fabio Fognini, per intenderci (e per rimanere nei confini del tennis di casa nostra). Ma andiamo a vedercelo insieme.
Qui sopra, qualche minuto di palleggi sulle diagonali maggiori e sul lungolinea. Da notare la fluidità dei movimenti di approccio alla palla di Adelchi, che proprio come Fognini (tanto per continuare con il paragone precedente) dà l’impressione di caricare meno del consueto con le gambe, e di muoversi con una semplicità ingannevole. Ingannevole perchè in realtà Virgili è un fulmine in campo, anticipa costantemente le traiettorie, e sale talmente tanto sopra i colpi da far sembrare che usi poco il busto spalle e la flessione delle ginocchia. Ma per l’appunto, è solo un’impressione visiva. Posso assicurarvi, per esperienza diretta, che qualsiasi cosa gli arrivi, topponi in recupero difensivo (cioè la maggior parte dei miei colpi, ovviamente) o palle spinte, o tagliate, Adelchi in due passi va in aggressione sugli impatti, tirando giù delle fucilate semipiatte spaventose. Senza perdere mai leggerezza negli appoggi e nel footwork, che come sempre quando si parla di tecnica a questo livello è l’aspetto che più si nota se confrontato con il cosiddetto “tennis di tutti i giorni”.
Qui sopra lo vediamo meglio ancora, di fianco e con qualche immagine in slow motion. Penso che rispetto alle immagini in campo lungo, che come è noto rallentano moltissimo l’effetto della velocità di palla, si possa capire meglio che razza di bombardamento sia in grado di produrre Adelchi con i fondamentali. La cosa interessante tecnicamente è il modo lineare con cui Virgili va attraverso i colpi in orizzontale, quello che ne deriva – e che credo si possa ben vedere dal primo video più su – è che il rimbalzo schizza via rapidissimo. Eravamo in un campo coperto di terra rossa, d’inverno a Padova l’umidità non scherza, le condizioni erano assolutamente da classificare come molto lente. Ma l’impressione nettissima che ho avuto, affrontando le pallate di Adelchi, era di star giocando su carpet o erba sintetica. Posso solo immaginare quanto dura possa essere reggere uno scambio con Virgili sul rapido vero, o addirittura sull’erba naturale, le potenzialità sono devastanti. Il servizio viaggia bene, oltre i 200 kmh, al volo è ottimo, e considerando anche la splendida manualità nel tocco di palla, e la capacità di mascherare i drop-shot sia di dritto che di rovescio, non manca davvero nulla.
Qui sopra, tanto per chiudere in modo divertente, e prego i nostri lettori di non essere troppo severi con chi scrive, qualche punto di match-play, in cui Adelchi, giustamente, si diverte a infliggermi accelerazioni assortite, palle corte illeggibili, e un lob liftato francamente umiliante ma meritato, vista la volée agricola (cit. Tommasi) precedente. Detto che una partitella (per la cronaca, almeno un game di servizio per l’onore di Ubitennis l’ho portato a casa) a ritmi controllati non significa nulla, una cosa da notare è comunque la capacità di Virgili di entrare aggressivo con le risposte. Nel mio piccolo (e legnosissimo di schiena nonchè caricamento delle ginocchia, maledetti gli acciacchi dell’età), la prima palla sui 180 kmh e oltre la tiro ancora, ho avuto occasione di verificarlo a Indian Wells giocando nei campi coperti dai sistemi di rilevazione elettronica, ma come potete vedere, il modo in cui Adelchi mi risponde due volte vincente diretto di rovescio è imbarazzante. Poco da fare, il ragazzo ha un istinto per il timing e una naturalezza di esecuzione che non si trovano spesso.
Finalmente, dopo un 2017 che lo ha visto entrare nei primi 400 del mondo, speriamo di potercelo godere qualche stagione intera senza più guai fisici, e se pensiamo a uno come Paolo Lorenzi, che è arrivato al suo miglior rendimento a 35 anni e oltre, o agli exploit “tardivi” di un tipo come Luca Vanni, perchè non provarci? I programmi sono di salire rispetto ai futures, e di giocare challenger e possibilmente qualificazioni ATP. Personalmente, ritengo che il livello di Virgili lo possa tranquillamente portare verso la top-100, poi la possibilità di crescere ancora ovviamente dipenderà da tanti fattori, ma l’approccio giusto e la voglia ci sono eccome. E soprattutto, c’è tanto, tanto talento e bel tennis, che sarebbe un vero peccato non vedere espresso fino in fondo.
“Mi sento come uno che sta andando all’università senza aver fatto le superiori“, racconta Virgili, “e il tempo perduto è difficile da recuperare. Ma voglio ritrovare anche le sensazioni e le splendide esperienze che ho avuto in passato, perchè sono tutte cose che mi hanno portato a quello che sono adesso. Come nel caso di Stefano (Travaglia, n.d.r.), le avversità possono portarti a essere più forte. Se te hai la forza e la passione per superare certi ostacoli, puoi ottenere cose che forse, se fosse andato tutto liscio, non saresti riuscito a raggiungere. Ora inizio a sentirmi davvero bene, sicuramente meglio di quando avevo vent’anni. Come approccio al gioco, anche se so che a volte non è sbagliato tatticamente, non riesco ad attendere solo l’errore dell’avversario, cerco sempre di creare situazioni per metterlo in difficoltà. Ma non esagero più con le palle corte come una volta! Il supervisore tecnico, da sempre, per me è mio padre, e ringrazio il cielo che ci sia lui accanto a me. Mi ha sempre capito, anche quando ero un po’ ribelle…”
In bocca al lupo per il 2018, caro Adelchi (che per inciso, è un ragazzo di una simpatia e disponibilità uniche), non vediamo l’ora di poterti ammirare nel circuito che conta, dove un braccio d’oro come il tuo meriterebbe di stare senz’altro.
(si ringraziano Paolo Di Giovanni e Francesca Padoin per le immagini)