Tra infortuni a lungo sottaciuti prima di essere svelati dall’evidenza; sussurrate inquietudini famigliari e comprensibili cali mentali, fisiologica conseguenza di tre duri anni spesi dominando incontrastato, Nole negli ultimi venti mesi abbondanti si è più o meno consapevolmente eclissato. Preso il toro per le corna con la prima goffamente mascherata, poi timidamente comunicata operazione al gomito destro, il fenomeno di Belgrado spera di aver finalmente svoltato, e sembra pronto a tornare a frequentare il circuito anche se con un ruolo ancora francamente impossibile da decifrare. Se in campo l’ex numero uno ATP si è visto ultimamente pochino, egli non ha mai lesinato il proprio contributo in favore di telecamere e taccuini: questa volta le esternazioni sono state date in pasto a Le Parisien, e se l’argomento centrale della trattazione non avrebbe mai potuto essere diverso dalla riforma Davis, Nole ha inteso svelare una novità che renderà felici i milioni di adepti sparsi per il mondo.
“Devo superare ancora un controllo medico: dovesse andare tutto bene, potrei addirittura giocare Indian Wells“. Atteso che il dubbio circa la presenza in California del giocatore – attualmente impegnato in dure sessioni di allenamento a Las Vegas sotto l’attento sguardo di Andre Agassi – lascia aperte grosse possibilità di rivederlo a Miami, è facile intuire come i progressi nel decorso post-operatorio siano stati molto più rapidi del previsto, dal momento che persino il padre Srdjan, in una recente intervista, aveva auspicato per il figlio un ritorno nel tour coincidente con il torneo di Madrid. Apparentemente in anticipo di due mesi sulla tabella di marcia, Nole non ha voluto concedere altre previsioni relative all’atteso come back, sottoponendosi invece più che volentieri ad alcuni quesiti intorno all’argomento del mese: la riforma della Coppa Davis. Djokovic ha subito tenuto a sgombrare il campo da possibili equivoci: la ridda di voci che lo voleva al fianco di Gerard Piqué nell’organizzazione del terremoto andava in qualche modo controllata, e l’occasione si è rivelata propizia per fare chiarezza sulla spinosa questione.
“Sono stato molto sorpreso nel leggere di un mio possibile coinvolgimento al fianco del fondo Kosmos per la riforma di cui tutti parlano. Devo smentire categoricamente ogni cosa: né personalmente, né tramite alcun mio collaboratore ho interessi economici e gestionali in questo progetto. Perché il mio nome vi è stato accostato? Non saprei con certezza, ma posso ipotizzare che le motivazioni abbiano a che fare con il rapporto di profonda stima e amicizia che lega me e Gerard Piqué. Il fatto che io sia anche il presidente dell’associazione giocatori ha spinto le dicerie in quella direzione. Ma io parlo con tutti, ascolto ogni proposta, fa parte del mio ruolo: il prossimo “raduno” è previsto a Indian Wells, e all’ordine del giorno ci sarà la Coppa Davis, com’è naturale“.
Rilasciate le smentite di rito, Djokovic è entrato nel merito della questione, esprimendo un personalissimo parere molto favorevole circa le drastiche novità in procinto di essere approvate dall’Annual General Meeting dell’ITF, che si riunirà in agosto a Orlando. “La riforma di cui sento parlare rappresenta una fantastica notizia. Amo rappresentare il mio paese e sono sempre andato a giocare la Davis quando mi è stato possibile, spesso dopo aver disputato la finale di un torneo dello Slam, ma varie volte mi sono chiesto se un calendario così com’è fosse ragionevole. La formula andava rivista, è sotto gli occhi di tutti: se i grandi giocatori partecipano sempre meno volentieri significa che c’è qualcosa che non va“.
Le voci in disaccordo con tale pensiero sono molte e non sprovviste di solide argomentazioni, così a Djokovic tocca sfoderare l’abito diplomatico, che sempre indossa con una certa grazia. “Il tennis è uno sport che sa essere molto prudente e so che molte nazioni sono contrarie ai cambiamenti in fase di valutazione; sono anche cosciente del fatto che il nostro sport ha radici e tradizioni profonde che rispettiamo immensamente, ma abbiamo bisogno di innovazione, di miglioramenti. Guardate il calcio, il basket, il golf: tutti si sono sottoposti a un necessario restyling a un certo punto, traendone solo vantaggi. L’eredità in nostro possesso è un tesoro di valore inestimabile, ma dobbiamo far si che la storia si adegui ai tempi correnti“. In tutto ciò, più d’una voce s’è permessa di mettere in discussione la tenuta della competizione nel senso letterale del termine: tutto bello, tutto divertente; intrattenimento e business a livelli inesplorati. Ma le sfide, il pathos, sopravviveranno alla slavina? “Ne sono certo. Si tratta solamente di un cambiamento della modalità di competere, ma la competizione resterà, pur venendo trasportata in un’altra dimensione. Sarà più attraente per gli sponsor, per i media e per i fan, perché tutti gli sport più attraenti hanno questo formato. Senza considerare che le federazioni ricaverebbero molto più denaro rispetto a oggi“.
La data prevista per la manifestazione è quella che segue le Finals di Londra, nessuna controindicazione nemmeno in questo caso? “Non credo, davvero. Comprendo l’interesse a far disputare l’evento durante l’ultima settimana della stagione, del resto è la stessa settimana che oggi ospita la finale di Coppa Davis. Si tratterebbe della classica ciliegina sulla torta: accumulare tutto il talento in circolazione per sette giorni in un unico posto penso sia eccezionale, cosa potrebbe capitarci di meglio?“.