Tommy Haas appende dunque la racchetta al chiodo, e sembra che stavolta non ci sarà spazio per alcuna smentita di sorta. La più recente puntata del tira e molla era andata in onda meno di un mese fa: “Mi ritiro”, il concetto cardine di un’intervista rilasciata da Tommy medesimo al Desert Sun, e l’annuncio aveva raccolto il giusto credito: dopotutto l’ultima stagione era stata programmata con i crismi del farewell tour: Miami, Monte Carlo; una comparsata a Roma e l’ovvio omaggio a Wimbledon, oltre naturalmente alle date nella madre patria, battuta a tappeto con tappe a Monaco, Stoccarda, Halle e nel salotto di casa ad Amburgo. Eppure, ancora una volta, come a voler rendere la smentita stessa del ritiro il vero filo rosso del tramonto della sua carriera, Haas aveva fatto scrivere un comunicato al portavoce, smantellando i nuovi sussurri d’addio. Ciò avveniva il 15 febbraio, non proprio il secolo scorso. “Voglio tenermi qualche spiraglio aperto, soprattutto per giocare il doppio nel circuito ATP”: questa la dichiarazione di Thomas, intenzionato a posticipare a tempo indeterminato la fine ufficiale di una carriera sostanzialmente finita da tempo.
TOMMY HAAS…MESSO
Da quel giorno sono trascorse meno di tre settimane, lasso di tempo tanto breve quanto sufficiente a sviluppare un drastico cambio di prospettive, anche se sembra probabile che Haas abbia voluto dare l’atteso annuncio proprio a Indian Wells, torneo che dallo scorso anno dirige con profitto. L’occasione buona è stata il sorteggio del tabellone maschile da lui condotto, anche se va detto che, forse per un’inconscia ribellione dell’istinto di autoconservazione, Tommy la parola “ritiro” non l’ha mai pronunciata. Alla deduzione ci si è arrivati per via di fatti concludenti: “Ho una passione sconfinata per il tennis e guardandomi indietro sono orgoglioso di quello che ho fatto. Continuerò a giocare nel Senior Tour e la cosa mi rende veramente felice, perché resterò in forma e le mie figlie avranno la possibilità di vedermi all’opera di tanto in tanto”. L’ultima vittoria in carriera rimarrà così quella imposta a Roger Federer in quel di Stoccarda lo scorso 14 di giugno, con tanto di match point annullato nel tie break del secondo set. “Un successo che mi rende particolarmente contento, anche perché da qualche tempo Roger sembra essere veramente l’uomo da battere”, ha dichiarato Thomas con un understatement che ne tradisce le origini anseatiche.
Lascia, stavolta per sempre, uno dei tennisti più affascinanti degli ultimi vent’anni; un vero esteta della racchetta, capace di regalare, nelle giornate di luna buona, una percezione di efficace eleganza con pochi pari tra i colleghi. In grado di esprimersi con picchi di rendimento eccellenti su ogni superficie e in possesso del rovescio versatile per antonomasia, Haas in carriera ha regalato intere giornate di spettacolo puro, vincendo però molto meno di quanto lo sconfinato talento gli avrebbe potuto permettere. Discreta parte della colpa va attribuita agli infortuni da cui è stato costantemente bersagliato, soprattutto alla maledetta spalla, debitamente accompagnata da guai a polsi, piedi, anche e a tutto ciò che nella struttura articolare di un essere umano sia potenziale oggetto di lesione. Chiude con 15 titoli, il più importante dei quali risulta essere quello conquistato a Stoccarda nel 2001, allora facente parte delle cosiddette Masters Series, anche se va detto che i veri highlights della sua carriera quasi sempre sono coincisi con le più cocenti delusioni: purtroppo indimenticabili resteranno in particolare la semifinale dell’Australian Open 2002, persa con Safin nel corso dell’unico momento di interregno capitato nel nuovo millennio – tra Sampras e Federer in quell’estate australe sarebbe spuntato un altro Thomas, Johansson, un gran giocatore che non aveva la metà del suo talento – e la finale olimpica di Sydney 2000, ceduta in cinque set a Kafelnikov.
Nell’archivio rimarranno altre tre semifinali major (Australian Open ’99 e 2007, oltre a quella di Wimbledon 2009) e un generale senso di meravigliosa incompiutezza. Con quel braccio Haas disegnava tennis di bellezza abbacinante e chissà, forse al netto dei continui guai fisici nemmeno lui ci ha davvero creduto fino in fondo. Se ne va un altro panda, di quelli che nei vivai della pallina di feltro non allevano più. Buona fortuna, vecchio Tommy. Ci mancherai tantissimo.