Non ero lì in California – dove c’erano Vanni (Gibertini) e Luca (Baldissera) – ma avrei voluto esserci, perché è stata una grande partita, la migliore fra tutte quelle che ho visto nel 2018. Dal vivo in Australia e poi in TV.
Che Juan Martin del Potro avesse le armi per battere Roger Federer lo avevano già ampiamente dimostrato le sei precedenti partite vinte contro lo svizzero. E tre erano state in finale, non al primo turno. E due exploit erano arrivati all’US Open (in finale nel 2009, nei quarti nel 2017), non al torneo di Rocca Cannuccia. E come dimenticare quel 19-17 per Roger nella semifinale del torneo olimpico di Wimbledon 2012? Quindi la sorpresa c’è, ma resta relativa. Che poi quelle sei fossero soltanto un terzo rispetto a quelle vinte da Federer è tutt’altro discorso. Un conto è sostenere che Juan Martin potesse batterlo, tutto un altro infatti sarebbe sostenerne una superiorità che alla luce dei fatti e di migliaia di risultati comparati (e incrociati) non c’è stata.
Il potenziale del miglior del Potro non è mai stato messo in discussione da nessuno. Fra i giocatori che non sono stati mai n.1 – secondo quanto ha twittato un giornalista argentino – Juan Martin sarebbe l’unico ad aver battuto ben 9 n.1. Ed è in effetti così: Delpo ha affrontato ben venti volte i quattro numeri 1 che si sono avvicendati dal 2004 ad oggi ed è riuscito a metterli al tappeto tutti almeno una volta eccetto Andy Murray, incontrato ‘da leader’ solo al Roland Garros 2017: ha battuto tre volte Djokovic, due volte Nadal e quattro volte Federer, compresa quest’ultima affermazione. Il punto è quindi quello cui ho già accennato: del Potro in giornata, con quel bazooka che si ritrova in pugno quando arma il dritto, e con la capacità di tenere i propri game di servizio, può battere chiunque nelle giornate giuste.
Ciò affermato e riaffermato, però, Roger Federer ha perso un match incredibile, per come si era messo. Un match bellissimo, pieno di punti straordinari da una parte e dall’altra, ma dall’andamento schizofrenico. Una schizofrenia che ha raggiunto il culmine quando Federer è andato a servire per il match sul 5-4 e si è trovato avanti per 40-15 e due match point. Sorvolo qui a piè pari su tutti i set point di Roger nel secondo set e in particolare quello “divorato” con il doppio fallo dopo che l’Occhio di Falco gli aveva smorzato il grido di gioia per un ace che non era tale. Ma sorvolo anche sul match point mangiato da del Potro che proprio in quel frangente ha sbagliato un dritto per lui comodissimo e che avrebbe reso inutili adesso tutti i rimpianti di Roger e dei suoi tifosi per quanto è accaduto sul 5-4 nel terzo, dopo che lo svizzero aveva strappato la battuta a Juan Martin.
Il conto lo avevamo fatto un anno fa: erano 18, e sono quindi ora 19, i match persi da Roger con il match point a favore. Lo scorso anno due, con Donskoy e Haas, prima di una cavalcata strepitosa che lo avrebbe portato al ventesimo Slam, l’ottavo a Wimbledon. Fa comunque effetto pensare che dei sei match persi da Roger fra 2017 e 2018, metà li abbia ceduti dopo aver avuto almeno un match point. Suggerendo battute irriverenti del tipo “Federer, il più grande perdente fra i più grandi vincenti di tutti i tempi” che facevano impazzire di rabbia i suoi sostenitori e divertire soltanto i tifosi dei suoi rivali.
Tutti i k.o. da “masochista” sono elencati qui sotto, con il numero di palle match sciupate:
- 2000 – Henman 2MP (Vienna SF, 6-2 6-7 3-6)
- 2001 – Rafter 1MP (Halle QF, 6-4 6-7 6-7)
- 2002 – Haas 1MP (Australian Open R16, 6-7 6-4 6-3 4-6 6-8)
- 2003 – Albert Costa 3MP (Miami QF, 6-7 6-4 6-7)
- 2005 – Safin 1MP (Australian Open 2005, 7-5 4-6 7-5 6-7 7-9)
- 2005 – Gasquet 3MP (Montecarlo QF, 7-6 2-6 6-7)
- 2006 – Nadal 2MP (Roma 2006 F, 7-6 6-7 4-6 6-2 6-7)
- 2010 – Baghdatis 3MP (Indian Wells R32, 7-5 5-7 6-7)
- 2010 – Berdych 1MP (Miami R16, 4-6 7-6 6-7)
- 2010 – Djokovic 2MP (US Open SF, 7-5 1-6 7-5 2-6 5-7)
- 2010 – Monfils 5MP (Bercy SF, 6-7 7-6 6-7)
- 2011 – Djokovic 2MP (US Open SF, 7-6 6-4 3-6 2-6 5-7)
- 2013 – Berdych 3MP (Dubai SF, 6-3 6-7 4-6)
- 2014 – Chardy 1MP (Roma R32, 6-1 3-6 6-7)
- 2015 – Kyrgios 2MP (Madrid R32, 7-6 6-7 6-7)
- 2016 – Thiem 2MP (Stoccarda SF, 6-3 6-7 4-6)
- 2017 – Donskoy 3MP (Dubai R16, 6-3 6-7 6-7)
- 2017 – Haas 1MP (Stoccarda R16, 6-2 6-7 4-6)
- 2018 – del Potro 3MP (Indian Wells F, 4-6 7-6 6-7)
Certo è che la stragrande maggioranza di tutti quei match li ho visti e li ricordo anche piuttosto bene. Con Safin, Nadal, Gasquet, Djokovic, li ho ben presenti. Per questo credo di poter dire con cognizione di causa che raramente avevo visto Roger giocarli peggio nelle fasi in cui avrebbe dovuto chiuderli, sui match point e nei punti immediatamente successivi, inclusi i due doppi falli nello stesso tie-break in cui la prima palla di battuta è misteriosamente scomparsa. In due match point su tre Roger ha azzardato due palle corte… mal riuscite. Follia? Presunzione? (come quando volle chiudere, con più d’una punta di narcisismo, i due match point che ebbe sulla sua Wilson contro Nadal nella finale di Roma persa 7-6 al quinto?).
Se ne avesse trasformata una sola su due ora saremmo qui ad inneggiare al genio, ma le ha sbagliate e allora c’è chi lo dileggerà a… bischero. Succede di non fare la scelta più giusta. O semplicemente di non eseguirla bene. Quanti rimpianti avrebbe avuto Juan Martin per quel dritto sbagliato sul match point del secondo set se avesse perso al terzo? Per un supercampione come Federer che ha vinto 1149 partite ATP (sono 1200 secondo alcuni altri dati che contano challenger e altre sfide) e ne ha perse 251 – che potrebbero sembrano quasi tante se non fosse che in 20 anni di carriera in realtà significa averne perse di media 12/13 l’anno, e quand’era ragazzino ci stava di perderne di più – l’averne perse una ventina su 251 avendo avuto sulla racchetta un match point a favore è una percentuale oggettivamente piuttosto altina, soprattutto considerando che a 19 non si arriva sommando gli incontri persi nello stesso modo da Nadal, Djokovic e Murray: rispettivamente 7, 2 e 5, per un totale di 14. Nessuno di questi contro Federer. Quasi inspiegabile. Sottolinea a mio parere una certa emotività in un campione che, in effetti, anche quando vince un titolo importante si commuove (e spesso piange) ancora come un bambino. Ed emoziona un po’ tutti anche per quello. Il grande campione che non è un SuperUomo, ma è umanissimo.
Altri giocatori che sembrano più freddi, più cinici, forse lo sono davvero. Ma magari è proprio anche questa fragilità umana, accompagnata al suo straordinario talento, che lo fa essere il tennista prediletto nel mondo intero, l’unico che gioca sempre in casa dovunque giochi e contro qualunque avversario. Tutti vorremmo che Roger continuasse a giocare all’infinito. Perché i Nadal, i Djokovic, i Murray e anche i del Potro (che sarebbe stato un… Fab Five se non avesse avuto tutti i guai fisici che ha avuto; che non avesse mai vinto un Masters 1000 era un’anomalia che prima o poi doveva essere sanata), anch’essi grandissimi campioni, non sarebbero stati loro stessi così popolari se non si fossero trovati a dover combattere duelli epici e leggendari contro Roger Federer che – a ben vedere – è l’unico dei cinque a garantire sfide incrociate sempre caratterizzate da un grande contrasto di stili. Quando c’è Federer in campo, contro uno qualsiasi degli altri, lo spettacolo è assicurato. Gioca Nadal contro Djokovic, Murray contro del Potro… mica tanto! A volte sembra proprio che Roger faccia apposta a metterci anche un bel pizzico di masochismo. Riesce a perdere incontri già vinti, condendoli di suspence come e più di chiunque. Il che, detto di uno che secondo i più è forse il più grande tennista di tutti i tempi, è un gran bel paradosso. O no?