Nel dibattito sulla riforma della Coppa Davis, il fronte dei conservatori guadagna un endorsement significativo. Da Miami, è Lleyton Hewitt in un’intervista a The Australian ad alzare un muro contro l’aria che tira. “Sono contro la nuova competizione che si sta ipotizzando, che senso ha giocare in una settimana – le sue parole –, non si può nemmeno chiamare Coppa Davis. Credo di interpretare il pensiero di chiunque abbia giocato la vera Davis negli ultimi 50 anni”. Il nuovo torneo, disegnato sulla distanza di una settimana in sede unica, sarebbe supportato da un’enorme iniezione di denaro da parte del fondo di investimenti Kosmos, con il supporto del colosso giapponese Rakuten: quattro miliardi di dollari in 25 anni, da dividere tra l’evento in senso stretto e l’indotto. Ma il fattore economico non sembra smuovere l’australiano dalla sua posizione oltranzista. “Come può pensare un miliardario di arrivare dal nulla e comprare uno dei più grandi eventi sportivi, con oltre 117 anni di storia? La Davis è rappresentare il proprio Paese, questa è solo una questione di soldi. Tutto ciò mi sembra non avere alcun senso”.
The #DavisCup is one of the best competitions in world sport with 117 years of history & tradition. There is no greater honour! pic.twitter.com/fMMOU79qjG
— Lleyton Hewitt (@lleytonhewitt) March 23, 2018
ATTACCO POLITICO – Hewitt, recordman di presenze nella nazionale Aussie e due volte premiato con l’insalatiera (1999 e 2003), entra a gamba tesa anche nelle dinamiche politiche mettendo nel mirino il presidente ITF David Haggerty in vista della decisiva Assemblea Generale ITF di Orlando, in cui si andrà ai voti. “Ad agosto avrà bisogno della maggioranza di due terzi per far passare questo suo progetto – spiega Rusty – ma si prepari allo scontro frontale: se la riforma non dovesse essere approvata, dovrebbe subito dimettersi. La federazione australiana è chiaramente schierata contro”. La posizione di Hewitt è inasprita – secondo quanto svelato nell’intervista realizzata da Courtney Walsh – da un altro particolare: il vincitore di due Slam, oggi trentasettenne, era stato chiamato in causa da un alto funzionario ITF per avere un suo parere qualificato sui progetti di riforma. Fino al giorno che ha preceduto l’annuncio rivoluzionario da parte del Board, a fine febbraio, si discuteva ancora di evoluzioni meno radicali come l’abolizione dei singolari del terzo giorno a risultato acquisito e l’introduzione del tie break nel quinto set. Poi, a distanza di appena 24 ore da questo colloquio, la bomba innescata a sua (e non solo) insaputa. Hewitt si dichiara fortemente preoccupato dall’impatto che la rivoluzione avrebbe sul movimento australiano e non crede che sia il vetusto format, oggi, a tenere spesso lontani dalla competizione i top player. “Ci sono due aspetti che differenziano la Davis da un qualsiasi torneo del circuito – conclude -, il fattore campo e i cinque set. Ed è così che bisogna andare avanti”.
FRONTI CONTRAPPOSTI – In Australia, evidentemente, l’orientamento pare condiviso visto che a Indian Wells anche un giovanissimo come Alex De Minaur – in campo nella sfida degli ottavi persa contro la Germania – non ha esitato a schierarsi contro ogni novità. L’estrema radicalità della riforma non convince nemmeno una firma prestigiosa come Jon Wertheim di Sports Illustrated, nonostante abbia avuto il privilegio di approfondire one to one l’intero progetto proprio con il presidente ITF Haggerty. Lucas Pouille, atteso a Genova per la sfida agli azzurri, non ha esitato a parlare di “condanna a morte della Davis” in caso di rivoluzione. L’idea è che qualcosa bisogna pur farla per rianimare una competizione dal fascino decisamente impolverato (a Genova ci sarà un clima da ultimo giro di valzer?), ma è l’allontanamento così brusco dalla tradizione a lasciare perplessi. Un importante manager di giocatori come Corrado Tschabuschnig ci ha raccontato di “riunioni fiume” a Indian Wells da cui è emerso un orientamento sì riformista, ma decisamente moderato.
Mentre non hanno nascosto i loro pareri favorevoli Novak Djokovic – che dopo aver negato qualsiasi coinvolgimento con Piqué e Kosmos, ha dichiarato: “La formula andava rivista, è sotto gli occhi di tutti. Sarà più attraente per gli sponsor, per i media e per i fan“ -, Jim Courier (“È un’idea un po’ stravagante, ma se si va in quella direzione allora in quella settimana ci potremmo mettere anche la Fed Cup”) e il presidente della federazione francese Giudicelli (“La Coppa Davis nel formato attuale non può più essere supportata dall’ITF, perché gli sponsor stanno scappando“), suscitando la reazione di Pierre-Hugues Herbert: “Fermati Bernard! Dobbiamo trovare una soluzione per migliorare e siamo d’accordo, ma questa non è quella adatta. Il denaro e gli sponsor non sono tutto. La Davis ha un’anima e una storia, non uccidiamola“.