[14] J. Isner b. [5] J.M. del Potro 6-1 7-6(2) (dal nostro inviato a Miami)
Che sparatoria, ragazzi. Ma le schioppettate che hanno fatto la differenza le ha tirate tutte John Isner, quasi impeccabile, mentre Juan Martin del Potro è chiaramente arrivato alla fine del sebatoio di benzina. Siamo al decimo confronto tra i due, delPo conduce 6-3, ma John ha vinto tre delle ultime cinque sfide, compresa la più recente, quella di pochi mesi fa a Parigi-Bercy. Juan Martin è in striscia positiva da 15 partite, Isner è alla caccia della quarta finale 1000 in carriera, e del rientro in top-10 come numero uno USA (dovrà fare meglio, o uguale, a Carreno Busta in questo torneo per riuscirci).
Grande avvio dello statunitense, che con un paio di buone risposte e un attacco di dritto chiuso bene a rete brekka al secondo game, portandosi 2-0. Già 6 vincenti per “Long John”, ancora nessuno per Juan Martin, che partenza. Per ora, il problema è che nei game di servizio di Isner non si gioca, arrivano giù martellate imprendibili, anche con il dritto, mentre in quelli di delPo spesso partono scambi equilibrati. La palla del doppio break che deve affrontare l’argentino nel sesto game, e che gli è fatale a causa di una buona risposta di John che trova la sua steccata, è un set-point anticipato: il 6-1 arriva poco dopo, meritatissimo per Isner, ma delPo appare molto sottotono, anche i caldissimi tifosi argentini che gremiscono gli spalti intorno a noi sono ammutoliti. Sono passati 27 minuti, il campione di Indian Wells ha meno del 40% di prime palle in campo, e zero (ZERO) vincenti in questo set, se non aggiusta di brutto queste percentuali non si vede come possa uscirne.
Il piano tattico di Isner, come sempre, è semplicissimo e terribilmente efficace contro un avversario non brillante come il Juan Martin di oggi: tirare qualsiasi cosa, a partire dalle risposte, sul rovescio, e sparare il dritto a chiudere immediatamente dopo, rimanendo nel frattempo intoccabile sulla propria battuta (zero palle break concesse nel match). Il servizio di Long John, dal vivo e di fianco, è veramente impressionante, a parte le prime a 220 kmh e oltre, è spaventoso l’angolo di uscita delle seconde in kick, perfino un omone come delPo, 1.98 di altezza, se le trova sopra le spalle. Oltre a questo, incredibilmente, quello che tira i missili veri di dritto (uno a poco meno di 190 kmh dall’alto in basso, siamo dalle parti di un record assoluto per un colpo di rimbalzo, roba da matti) per ora è lo statunitense, e non è che di rovescio sbagli, anzi. Bravissimo. L’unica cosa chè può fare Juan Martin per opporsi, e che puntualmente fa da campione qual è, è stare lì aggrappato ai propri turni di battuta, che finalmente infatti iniziano ad andare via più lisci, anche grazie a una minima continuità ritrovata con la prima palla. Sul 4-4, a cui si giunge senza possibilità per chi risponde, un game complicato al servizio per delPo, costretto ai vantaggi anche per propri demeriti (due attacchi mal eseguiti sul dritto dell’avversario). Arriva una palla break letale, che l’argentino, tra le urla dello stadio, annulla con una battuta esterna. Che rischio.
E senza altre grandi emozioni, ecco il tie-break, finale giusto per questo set. Un minibreak concesso nel primo punto mette subito la strada in salita per Juan Martin, il centrale di Crandon Park è una bolgia ora, con il confine fra tifo e maleducazione che viene superato spesso. Ci vuole altro, però, per destabilizzare un volpone del tennis percentuale come Isner. Freddo come un cecchino, Long John molla giù un paio di bastonate a quasi 140 miglia, un passante, e chiude alla grandissima con la stop-volley di rovescio. Capolavoro tattico e tecnico per Isner, ritorno in top-10 sempre più vicino, e quarta finale “1000” strameritata. Juan Martin, dopo 15 vittorie consecutive, era evidentemente in riserva di energie fisiche e mentali, ma con un John come quello di oggi avrebbe perso quasi chiunque.
“Lui serve meglio di me, e quando gioca come oggi è uno dei più forti nel circuito, ha tutto per vincere il titolo“, conferma Juan Martin poco dopo il match.”Ho giocato bene, ho fatto un buon torneo, avrò cose per cui essere contento ritornato a casa. Era la mia sedicesima partita in un mese, credo sia abbastanza. Mi riposerò, e poi vedrò cosa fare. Non penserò al tennis per un po’. Non so da dove e quando inizierò la stagione sulla terra rossa, prima di tutto devo riposare, la mia priorità è stare in salute per tutto l’anno. Potrei saltare i primi eventi su terra, per poi essere pronto per Parigi“.
“Avevo la sensazione che lui potesse incappare in un inizio sottotono“, analizza lucidamente Isner in conferenza stampa. “Per me è stato un grande vantaggio, e ho fatto bene il mio gioco. Ma quando tu sei in fiducia come lui adesso, anche quando sei terribilmente stanco puoi giocare bene. Fare bene in doppio a Indian Wells è stato molto positivo per me, mi ha mantenuto allenato a stare sotto pressione. Ho parlato a lungo, tutte le sere, con il mio coach, e adesso si vede in campo. Non importa chi affronterò in finale, io mi concentrerò solo nel fare le cose che faccio meglio. Era da un bel po’ che non giocavo così bene, so che se il mio gioco funziona, è difficile battermi per chiunque. Ma se non faccio bene le cose giuste, allora posso perdere con chiunque! Al primo turno qui ho vinto un primo set duro, e ho avuto un piccolo indurimento all’inguine. Non mi sentivo a posto, mi sono sciolto solo nel terzo set, e sono riuscito a vincere. Il college è certamente una buona scelta per alcuni giocatori, ti fa maturare, diventare una persona migliore, ti insegna a vincere. ma per altri, il college non è adatto, sono semplicemente troppo forti per giocare a quel livello“.