[4] A. Zverev b. [16] P. Carreno Busta 7-6(4) 6-2 (dal nostro inviato a Miami)
Il match programmato in orario pre-serale, anche senza il ritardo tecnico del giorno precedente, ha dato sufficiente tempo a tutti (o quasi) gli spettatori della seconda semifinale di arrivare in tempo al loro posto, al contrario di quanto era accaduto per il match diurno quando centinaia di tifosi (in buona parte argentini) erano stati bloccati dal traffico del venerdì di Pasqua sulla Rickenbacker Causeway.
Lo si era intuito in sede di presentazione che questo match sarebbe stato molto più tignoso di quanto la differenza in classifica potesse far pensare, e la prova del campo non ha tradito le aspettative. Per quasi un’ora i due protagonisti sono andati avanti testa a testa senza che ci fosse alcuna apprezzabile differenza tra i due. Zverev provava a fare più gioco, ma i suoi diritti arrivavano da troppo lontano per far male davvero, merito soprattutto delle palle profonde di Carreno Busta. La sua regolarità da fondo lasciava piuttosto a desiderare, così come la sua altalenante risposta che concedeva qualche punto di respiro al comunque vispissimo spagnolo. In tutto il primo set ci sono state solo due palle break, avute da Zverev nel secondo game: sulla prima il tedesco sbagliava un diritto, mentre sulla seconda era un diritto anomalo di Carreno Busta a costringere Zverev all’errore.
Solo un altro gioco arrivava ai vantaggi, e dopo 47 minuti si arrivava al tie-break con i due protagonisti appaiati a 35 punti ciascuno. Un rovescio in rete di Zverev dava a Carreno Busta il primo mini-break ed il conseguente vantaggio per 3-0, siglato da un magnifico diritto vincente in corsa. Il tedesco però reagiva da par suo e con uno splendido rovescio incrociato vincente, suo marchio di fabbrica, per impattare sul 3-3. La qualità del tennis saliva, e come accadeva alle auto di Formula 1 negli Anni Ottanta, Zverev apriva la manetta del “boost”, la sovralimentazione del turbo, e lasciava al palo lo spagnolo, che dal 4-3 subiva quattro punti consecutivi e doveva salutare il primo set dopo 57 minuti di battaglia.
Con la tranquillità del set di vantaggio e la consapevolezza che il proprio tennis aveva risposto all’appello del tie-break, il biondo tedesco allungava il passo e nel secondo set passeggiava verso la finale: solo tre punti ceduti in quattro turni di servizio, un primo break mezzo regalato da Carreno Busta ma un secondo sigillato da due vincenti che strappavano l’applauso al pubblico nettamente schierato per il catalano, più per affinità linguistica che non per ammirazione tennistica.
Sascha Zverev raggiunge quindi la sua terza finale di un Masters 1000, contro le quattro di Isner, suo avversario di domenica. Con una differenza non marginale: lui le sue due finali le ha vinte (Roma 2017 contro Djokovic e Montreal 2017 contro Federer), mentre Isner le sue tre le ha perdute (Indian Wells 2012 contro Federer, Cincinnati 2013 contro Nadal e Parigi Bercy 2016 contro Murray), anche se contro avversari in momenti di forma decisamente migliori.
“Cosa mi sono detto quando ero sotto 3-0 nel tie-break? Non parlo con me stesso, quello lo fanno i matti!“, esordisce con ironia un felicissimo Zverev in conferenza stampa, con tanto di cagnolino, molto tranquillo, al seguito. “Con John sarà una partita completamente diversa, ci saranno un sacco di ace. Poi avrò due giorni per adattarmi alla tarra battuta per la Davis, spero di poter giocare bene“.