Non smette di evolversi la telenovela che alla fine dovrebbe condurre Novak Djokovic a ufficializzare i nomi nuovi nel suo staff dopo l’allontanamento di Agassi e Stepanek. Incomprensioni c’erano state, ormai sembra chiaro, tanto con l’ex tennista statunitense quanto con Radek, che però ha voluto chiarire l’assoluta serenità che permarrà nel rapporto tra lui e Djokovic. Intanto il prossimo appuntamento di Montecarlo si avvicina a il box di Nole è ancora vuoto. O meglio, semi-vuoto; dietro di lui durante un allenamento a Marbella si intravede infatti l’inconfondibile figura di Marian Vajda, scaricato lo scorso maggio dopo 11 anni di collaborazione – forse con troppa fretta? – e ora richiamato all’ovile per cercare di riunire i cocci di un vaso che se non è andato in frantumi… poco ci manca.
A fare da sparring a Novak, anche se non compare nelle immagini, è il fratello Marko che ormai ha abbandonato la strada del tennis professionistico per dedicarsi all’insegnamento. Sembra che il trittico Djokovic-Djokovic-Vajda sia stato attivo sui campi di Marbella per tutta la settimana, a buone intensità. Anche perché all’inizio del Masters 1000 di Montecarlo manca ormai meno di una settimana.
Sono come spesso accade i media serbi a delucidare sulla situazione di Novak. Sembra che tanto il tennista quanto il coach siano contenti di essersi ritrovati, ma non si è ancora parlato di accordi formali: l’obiettivo è rendere più fruttuoso possibile il percorso di avvicinamento alla stagione su terra battuta, senza vincoli. Anche perché Vajda aveva approfittato dell’allontanamento dal trambusto del tennis di vertice per passare più tempo in famiglia. Il quadro che si è configurato sembra quello di una richiesta d’aiuto da parte di Djokovic che non è rimasta inascoltata: Marian Vajda l’ha portato in alto e in un momento di tale confusione non sembra così insensato ripartire dalle vecchie certezze. Soprattutto se tutte le novità o presunte tali, unite ai guai al gomito, hanno portato Djokovic tremendamente fuori strada. Non solo dal punto di vista tennistico, il che potrebbe ritenersi quasi fisiologico per chi come lui aveva imposto al circuito un dominio quasi ineguagliato, ma anche e soprattutto dal punto di vista mentale: la figura del Djokovic (non) ammirato a Indian Wells e Miami si delineava con mesti contorni e viveva di una sostanza anche inferiore. Niente verve, linguaggio del corpo costantemente negativo, incitamenti da cercarsi con il lanternino. Pennellate lugubri su un quadro che tanta luce aveva emanato fino al 2016.
Appoggiarsi sulle solide spalle di Vajda per pianificare il futuro con maggiore serenità, magari tamponando i punti in uscita di qui a luglio, è quindi la nuova strategia di casa Djokovic. A confermare che al momento l’ex coach non sia da ritenersi più che un traghettatore c’è anche il quotidiano di Belgrado Vecernje Novosti, che sulle sue pagine continua a riportare indiscrezioni sul ‘vero’ sostituto di Andre Agassi: i nomi più caldi sono quelli di Ivan Lendl e Pete Sampras. Il primo, dopo essere stato grande, ha fatto grande anche Murray; il secondo non ha mai fatto il coach ad alti livelli e fino a due anni fa non sembrava neanche averne intenzione. Quest’ultima avrebbe tutta l’aria di essere un’altra soluzione un po’ improvvisata, laddove invece sulla capacità di Lendl di intervenire fattivamente sui destini di un tennista non vige il minimo dubbio. Non a caso il nome di Ivan è stato anche il più battuto sulle tastiere degli appassionati. Intanto serve riprendere a marciare, altrimenti c’è il rischio che sia – eventualmente – l’ex tennista cecoslovacco a tirarsi indietro per il timore di comprare un giocattolo ormai rotto.
A.S.