Novak Djokovic sta vivendo un momento di crisi senza precedenti. Le due sconfitte consecutive al primo turno di Indian Wells e Miami, soprattutto perché avvenute in due tornei che lui ama particolarmente (per ben quattro volte ha centrato la doppietta, nel 2011 e dal 2014 al 2016), sono un chiaro e preoccupante campanello d’allarme. I problemi sembrano essere di natura varia. A quelli mentali, dovuti alla mancanza di motivazioni dopo l’agognata vittoria al Roland Garros e ad una situazione familiare forse non così idilliaca come si vuol far credere, si sono aggiunti quelli fisici relativi al gomito usurato e anche (sembra impossibile dirlo) tecnici, causati probabilmente sia dall’infortunio che dalla ormai scarsa abitudine alla competizione ad alti livelli. Il Djokovic visto contro Paire a Miami non è nemmeno lontanamente paragonabile non solo al Robo-Nole del 2015 (chi lo è?), ma anche a un top-100 qualunque. L’esempio lampante della regressione del serbo è il match point giocato contro il francese: risposta in chop alta e lenta su cui un immobile Novak si accartoccia e successivo attacco non controllato col rovescio, un colpo che avrebbe giocato ad occhi chiusi fino ad un anno fa.
Match Point por el que Benoit #Paire superó a Novak #Djokovic y le cortó una racha de 16-0 jugando el #MiamiOpen pic.twitter.com/wSTJKWhsVh
— Tenis Zone (@TenisZoneOk) March 24, 2018
A complicare ulteriormente la situazione, è arrivata la notizia dell’allontanamento di entrambi i coach, prima Agassi e poi Stepanek, dovuto a sempre più frequenti “differenze di vedute”. In cima alla lista delle cose su cui il campionissimo serbo e i suoi allenatori si sono trovati in disaccordo troviamo la decisione di rientrare nel circuito a così poca distanza dall’intervento chirurgico al gomito. Se la fretta sia dovuta alla passione, all’orgoglio o a più prosaiche esigenze di sponsor, non è dato sapere. Invece è stato svelato proprio in questi giorni un curioso retroscena relativo all’intervento cui Nole si è sottoposto in Svizzera agli inizi di febbraio. I medici elvetici hanno invitato il serbo ad allenarsi all’Aescher Center il giorno immediatamente successivo all’operazione. Qui, sotto la supervisione dello staff tecnico e anche di Benjamin Huggel, ex calciatore del Basilea e attuale direttore del centro, Nole si è allenato per tre ore… in mutande! Gli erano infatti stati applicati una cinquantina di sensori su tutto il corpo per poter monitorare la situazione del gomito sotto sforzo, grazie anche a otto telecamere ad infrarossi puntate sul campo. Normalmente l’esame viene effettuato in clinica, ma, visto il peso specifico del nome del paziente, si è optato per una soluzione meno ortodossa, ma più precisa. I risultati sono stati molto buoni e forse anche per questo Djokovic ha optato per un rientro accelerato. Il millenario principio che vuole una mens sana in corpore sano però non ha perso la sua validità e sul campo se ne sono visti gli esiti. Se è vero che il corpo di Nole è a posto, non altrettanto si può dire della sua mente, un tempo granitica e inscalfibile.