Nella vita di un tennista si nasconde spesso una realtà grigia, poco felice e ci si ritrova soli, come sul campo, anche nell’affrontare le giornate. Andrea Petkovic, da qualche tempo fuori dalle prime cento giocatrici WTA, ha pubblicato sul magazine Süddeutsche Zeitung una profonda e sincera riflessione, prima puntata della rubrica “30-0 – In giro con Andrea Petkovic”, curata dalla stessa tennista tedesca. Innanzitutto ha messo in evidenza la monotonia delle sue settimane nel Tour: “Stiamo in giro per il mondo da inizio gennaio sino a metà novembre, un’odissea di undici mesi, in viaggio da una nazione all’altra, ci alziamo tutte le mattine in strani letti d’albergo e già a maggio ci siamo dimenticati di nostra madre”. Inoltre i fine settimana dolci, che cancellano dalla mente il peso dei viaggi e della fatica, si contano sul palmo di una mano: “Quasi tutti i tornei finiscono per noi con una sconfitta; a me non è capitato solo in sei occasioni. A meno che tu non sia Roger Federer, dal 90% dei tornei che giochi ne esci a mani vuote”.
Risulta evidente che questi intrecci mentali abbiano tanto a che vedere con i risultati deludenti ottenuti dalla tennista tedesca in questo periodo. Ma non è la prima volta che è chiamata a superare una profonda crisi di risultati e di fiducia. Dopo il raggiungimento della top 10, quattro anni fa, la pressione aveva preso il sopravvento nella sua carriera, il cui prosieguo veniva messo in discussione anche dai numerosi infortuni che non le permettevano di rimettersi in carreggiata. Lo spettro del ritiro si faceva sempre più grande, di giorno in giorno, soprattutto dopo il grave infortunio patito a fine 2015. Proprio in quel momento Andrea riesce a riprendere in mano la sua carriera: accetta la situazione di grande difficoltà in cui è piombata e realizza che l’origine degli ostacoli è esclusivamente il lavorìo della sua mente. Intensificherà gli allenamenti nella post-season per tornare competitiva poco più tardi. C’è un simpatico aneddoto raccontato in un’intervista a Sport360 proprio in quei mesi che racconta al contempo la complessità della personalità di Andrea e la sua capacità di non lasciarsi piegare dalle difficoltà: “Ho guardato molto al chitarrista Jimmy Page dei Led Zeppelin, che si è fermato per un anno quando ne aveva appena 28, per poi tornare a suonare e diventare una star. Mi sono chiesta: Se nella vita non vuoi essere una rockstar, che altro vorresti diventare?”.
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Dopo questa incursione nel passato, il focus torna sulle parole recentemente scritte da ‘Petko’. La tedesca compara la sua routine lavorativa a quello di una persona comune, che dopo aver staccato torna in famiglia e ha il tempo di incontrare gli amici al pub, per fare due chiacchiere di fronte a una birra: “Per noi non è così. Se hai avuto una giornata storta, lo devi spiegare agli stranieri con microfoni e macchine fotografiche in mano. Se anche è andato tutto per il verso giusto, ti attende comunque la stanza d’albergo vuota”. Come riuscire a vincere la solitudine? Il pensiero della ragazza di Darmstadt va in diverse direzioni. Le prime due soluzioni sono sconsigliabili per un atleta, mentre la terza… è da maneggiare con cura: “Le dure normative dell’anti-doping già precludono l’assunzione di droghe. L’alcol è ugualmente vietato ai professionisti, poiché rallenta il recupero della forma fisica. Il sesso invece non è da escludere. Ma io sono incapace o troppo titubante. Non lo trovo semplice”.
Il ragionamento di Andrea però continua, mentre depenna dalla lista antidoti contro la monotonia e la depressione: “La letteratura è un’altra soluzione. Accade però che al termine delle partite, quando ho tempo di leggere, sono spesso troppo stanca per trovare sia la motivazione, sia il giusto livello di concentrazione”. I suoi studi di filosofia e letteratura – in aggiunta alla laurea già ottenuta in scienze politiche – hanno in ogni caso alimentato la sua passione per gli scrittori del passato e Andrea lo ha dimostrato alla stampa un anno fa, quando ha dato sfoggio delle sue conoscenze in campo letterario durante il torneo di Charleston. In modo simpatico e originale ha accostato i nomi di noti tennisti a celebri autori di fama internazionale. La perfetta fusione tra tennis e arte, che la portò ad avvicinare la poesia di Goethe a quella di Federer e la sentenziosità di Nietzsche e quella di Lendl.
L’inventrice della celebre ‘Petko-Dance‘, tuttavia, non pensa soltanto alla lettura e guarda con favore a un’attività che molti ritengono indispensabile per staccare, anche se per un lasso di tempo esiguo, dalla realtà quotidiana: “La musica però scuote troppo i miei pensieri, per cui lascia ampio spazio all’insicurezza e all’auto-odio. Sì, l’odio per sé stessi. Mi capita dopo una sconfitta. Mi sento come uno studente che si è preparato per settimane, ma il giorno dell’esame gli va tutto storto, ha i raggi del sole che puntano dritti sui suoi occhi, il vento gli fa volare i fogli dal banco e ogni volta che prova a scrivere il compagno di classe fastidioso ti urta. Provo questo dopo una sconfitta, sento di aver fallito per colpa mia, ma non riesco a incolpare solo me stessa”.
Ma alla fine della fiera qual è la cura per Andrea Petkovic? “Ho capito col tempo che posso distrarmi pienamente solo col cinema. I film mi consentono di affrontare le mie emozioni e le mie mancanze. Come i personaggi delle storie evolvono nel corso di un film, così provo a fare anche io ogni volta che ho a che fare con la sconfitta. I film sono la mia salvezza“. E le dichiarazioni di Andrea Petkovic, in qualsiasi forma esse si manifestino, sono invece la fortuna di chi scrive di tennis.