Poco più di un anno fa abbiamo discusso del progetto di restyling deciso dalle alte sfere dell’All England Club, ormai perseguitate da una certa ansia da prestazione: Wimbledon, il gioiello del tennis mondiale, lo slam che i più grandi atleti sognano di vincere sin da bambini, sta perdendo colpi. Non in termini di fascino, questo pare ovvio, ma in fatto di mera competitività nel confronto con i major concorrenti. L’Happy Slam di Melbourne progredisce inarrestabile a ogni cambio di calendario; a New York vantano lo stadio dedicato al tennis più grande del mondo e stanno costruendo il nuovo Louis Armstrong, mentre a Parigi, disperatissimi fino a non molto tempo fa per i veti posti dagli abitanti del Bois de Boulogne, restii a concedere il via libera alle riforme strutturali necessarie ai loro vetusti impianti, il momento della svolta sembra finalmente essere arrivato.
Ammodernamenti, certo, ma facilities e nuovi campi d’allenamento salutati come simboli del grande rinnovamento non sarebbero stati sufficienti a incidere sulle reali necessità del circolo più famoso del mondo, e dunque l’obiettivo è cambiato, a passo di carica. L’All England Club è proprietario dei settantatré agri di terreno su cui insiste il dirimpettaio Wimbledon Park Golf Club, acquistati nel 1993 versando 5,2 milioni di sterline nelle casse del Merton Council, l’organismo competente in ambito amministrativo nel borough della Londra sudoccidentale. Il club golfistico in questo caso veste gli scomodi panni del leaseholder, la cui concessione “in affitto” scadrà nel 2041, data remota ma definitiva: alla fine dei prossimi due decenni abbondanti, la Wimbledon tennistica tornerà ad avere un diritto di proprietà pieno sull’area, con una disponibilità di spazi tripla rispetto all’attuale.
I tempi stringono, tuttavia, così nel corso degli anni All England Club ha offerto somme sempre più alte per riscattare l’area in anticipo, trovando finora un muro erto da soci non proprio appartenenti al popolo minuto, e dunque in grado di resistere a somme via via sempre più allettanti: dieci anni fa ai tesserati del golf club pervenne un’offerta meramente esplorativa subito rispedita al mittente, mentre nel 2015 gli stessi rifiutarono anche solo di sedersi a trattare su una nuova proposta da 25 milioni. L’ultimo invito ha raddoppiato la cifra portandola a cinquanta milioni, provocando un notevole sconquasso tra gli affiliati. E analizzando gli articoli che compongono lo statuto del Wimbledon Park Golf Club la faccenda si ingarbuglia non poco.
Secondo quanto si apprende scorrendo il documento di autoregolamentazione interna, si nota che, in caso di cessione anticipata dei diritti sull’area, i proventi dovrebbero essere divisi tra i soci aventi dieci o più anni di militanza: il problema sta nel fatto che solo il 60% dei membri totali può vantare tale requisito, laddove un’altra norma statutaria prevede che la maggioranza necessaria all’approvazione delle delibere dev’essere pari o superiore al 75%. Presupposti che, incrociati, non depongono a favore di una facile soluzione della trama. “È del tutto evidente che seguendo gli articoli del nostro regolamento i vantaggi materiali spetterebbero ai nostri soci più anziani – ha dichiarato la presidentessa del Park Golf Club Jenny Gaskin -, ma siamo a conoscenza dei disordini provocati dalla cosa e possiamo assicurarvi che la proposta finale sottoposta ai membri con diritto di voto includerà una divisione più equa dei proventi “. In effetti, allo stato dei fatti, 450 soci intascherebbero un assegno a sei zeri, mentre i restanti trecento resterebbero a bocca asciutta.
Una situazione che preoccupa non poco la dirigenza dell’All England Club: come abbiamo già avuto modo di considerare, gran parte dei possessori della tessera recante la scritta Wimbledon Park Golf Club appartiene a classi sociali altolocate, eventualmente in grado di resistere a qualsiasi pressione economica: dovessero sentirsi defraudati da un’imparziale divisione dei proventi, potrebbero far saltare il numero legale necessario all’approvazione della delibera, accettando di veder decadere il diritto sull’area solo alla sua naturale scadenza.
Dalle parti di Church Road immaginiamo molte dita incrociate. I famosi settantatré agri garantirebbero la fattibilità della riforma delle riforme: riportare a casa le qualificazioni in esilio a Roehampton, distante tre miglia dal tempio e da sempre tasto dolente della propaganda del club: com’è noto, Wimbledon fra i quattro major è l’unico a non organizzare in loco gli incontri del tabellone cadetto. Inoltre, l’area può attualmente ospitare fino a un massimo di quarantamila persone al giorno, un numero molto al di sotto delle richieste e delle potenzialità espansionistiche di un evento sportivo tra i più importanti in assoluto.
“Conservare il nostro posto ai vertici dello sport d’eccellenza è questione di primaria importanza – ha inteso far sapere un portavoce dell’All England Club -. Attualmente sappiamo che potremo iniziare a utilizzare l’area a partire dal 2041, ma qualora fosse possibile intervenire prima ci faremmo trovare pronti. Si tratta di un’opportunità importantissima per pianificare il futuro in modo decisivo, il tutto nel pieno rispetto delle istanze che la comunità locale vorrà sottoporci“. Naturalmente, sir.