Da Montecarlo, la nostra inviata
È la storia di una delusione cocente; di un sogno infranto e di un “regalo all’arsenico“. Ce la racconta il giornalista belga Yves Simon (sul quotidiano belga Sud Presse), con cui abbiamo parlato in questi giorni al Montecarlo Rolex Masters. Alla vigilia dell’incontro valido per i Play Off del World Group tra l’Italia e il team belga, ha fatto scalpore in Belgio l’improvviso e sbrigativo congedo di Dominique Monami, ormai ex capitano della squadra belga di Fed Cup. Un vero e proprio “benservito” per la 44enne ex tennista originaria di Verviers.
Quando non c’è più intesa tra i giocatori e il loro capitano, rien ne va plus… ne sa qualcosa Dominique Monami-Van Roost (francofona di nascita sposò il suo coach fiammingo Bart Van Roost, dal quale si è poi separata per scegliere un nuovo compagno, anch’esso fiammingo), ormai ex capitana della squadra belga di Fed Cup impegnata questo fine settimana contro l’Italia a Valletta Cambiaso a Genova. Una vera e propria doccia fredda per la Monami-Van Roost – ex n.9 del mondo e prima tennista belga ad entrare nella Top 10, prima di Justine Henin e Kim Clijsters – quando un paio di settimane fa riceve una telefonata da parte della Federazione belga che le comunica di essere stata sollevata dal ruolo di capitano della squadra. Due ore dopo, esce un comunicato federale che ufficializza l’esclusione di Dominique. Insomma, decisione altamente ingiusta per l’ex tennista che ci mette “tre giorni per digerire questa terribile delusione” come dirà a Yves Simon, ricevuto nella sua casa di Malines, “mi ha devastato sapere che la Federazione abbia deciso di tagliarmi la testa, non ci ho dormito la notte e la domenica ero distrutta. Il giorno dopo ho ricevuto così tanti messaggi di solidarietà che piangevo dalla commozione. Sono sotto choc, la mia non è rabbia, ma la sensazione di un’ingiustizia enorme“. Monami, oltre ad essere donna dalla personalità carismatica, ha scritto la storia del tennis del suo Paese con l’ingresso in top 10, si è issata inoltre due volte ai quarti di finale dell’Australian Open e ha vinto otto tornei in carriera, quattro in singolare e quattro in doppio.
“Una vera leader, legatissima alla competizione a squadre e pronta a smorzare e ad arginare le manie di protagonismo di alcune atlete“, come ci dice ancora Simon. Questo pare non sia piaciuto alle ragazze della squadra che non sono mai state consultate dalla Federazione quando è stata fatta la scelta della Monami. “Da quello che mi hanno detto, una parte delle giocatrici mi critica per la mia tattica, per essermi fatta prendere dallo stress in campo e per la mia mancanza di fiducia… La cosa mi fa alquanto sorridere poiché in tre tie siamo riuscite a fare una bella performance con la Romania (0-3), un exploit in Russia (2-3) e siamo rientrate nel gruppo mondiale dopo sei anni di assenza; inoltre eravamo 2-2 contro la Francia, prima di perdere il doppio. Sono così scarsa?“.
Nel match contro la Francia, sulla carta, il Belgio era nettamente favorito, anche perché nella squadra di Noah, soltanto Kristina Mladenovic costituiva un pericolo maggiore. Poi il doppio… E qui arrivano le note dolenti, anche a causa di Kirsten Flipkens che, pare, abbia fatto di tutto per seminare zizzania: “Dal momento in cui una giocatrice, Kirsten Flipkens, decide di avvelenare il clima del doppio decisivo, puoi essere la migliore capitana del mondo ma la partita è persa“. Per questo c’è la sensazione, per l’ex capitana, di un licenziamento orchestrato ad hoc da una parte delle componenti del team, fomentate in primis da Kirsten Flipkens.
Si tratterebbe dunque di un sabotaggio? “Il termine è forte ma se Mladenovic ha saputo valorizzare il gioco di Amandine Hesse, Kirsten, con il suo atteggiamento ipernegativo, ha fatto sì che il livello di Elise Mertens si abbassasse. Basta guardare le immagini del doppio: Kirsten mi dava le spalle seduta in panchina ai cambi di campo e la cosa mi faceva diventar matta! Non ho mai avuto la sensazione che ci fosse una squadra che stringesse i denti per conquistare un punto e tentare di andare in semifinale! Perfino Justine Henin ha notato la stessa cosa alla fine dell’incontro, ed è significativo!“.
Parole forti da parte di Dominique che intende mettere le cose in chiaro una volte per tutte: “Non sono abituata a lavare i panni sporchi in pubblico, ma adesso non ho scelta, è il momento di fare chiarezza e la gente deve conoscere il ruolo svolto da alcune persone. Lo dirò soltanto in quest’intervista; non ce ne saranno altre“. Un vero trauma per la Monami il cui “grande sogno si è trasformato in un vero e proprio incubo. Fin dall’inizio ho visto che il clima non era disteso. Quando sono stata nominata capitano della squadra di Fed Cup, il 28 settembre 2016, sono andata al torneo di Lussemburgo per incontrare le giocatrici e pensavo che mi avrebbero accolto a braccia aperte; tuttavia, fin dall’inizio, Kirsten Flipkens e Yanina Wickmayer mi hanno fatto capire che loro non mi avrebbero scelto ed erano rabbuiate per il fatto di non essere state consultate dalla Federazione. Pensavo che i successi in Romania e contro la Russia avrebbero appianato la situazione, sono rimasta aperta a tutte le soluzioni, cercando di capire come migliorare le cose. Posso guardarmi allo specchio senza rimpianti e sono sempre stata onesta. Del resto è tutto registrato perché ero solita fare il punto della situazione registrando le nostre riunioni. Ma il clima si è via via deteriorato. E perfino Alison Van Uytvanck è stata manipolata e, alla fine, è diventata la grande amica della Flipkens. Alcune giocatrici mi hanno accoltellato alla schiena e, in quanto a Alison, è come se mi avesse trafitto il cuore con una spada. Perché se c’è una giocatrice che ho aiutato e appoggiato fin dall’inizio della sua carriera, quando aveva 17 anni, all’Open di Bruxelles di cui ero la direttrice, è proprio lei!“.
Chi l’ha sostenuta nel gruppo? “Soltanto Elise Mertens ha continuato ad appoggiarmi ma evidentemente non era abbastanza per la Federazione. È disgustoso. Giocatrici come Justine Henin e Kim Clijsters, che sono state n. 1, mi hanno dimostrato maggiore rispetto. In realtà, non bisogna alterare il loro comfort. È una tragedia. Il mondo del tennis non ha fatto progressi con il tempo per quanto riguarda i veri valori. Volevo trattare le persone alla pari e tutti sono rimasti sorpresi del mio licenziamento“.
Ora, intanto, per il tie contro l’Italia a Genova – e solo per questo incontro – la Federazione ha fatto appello a Ivo Von Aken, personalità celebre e autorevole del tennis belga poiché sotto la sua guida, nel 2001, il Belgio della Henin e della Clijsters ha conquistato finora l’unico successo in Fed Cup. Contro le azzurre, il Belgio parte favorito sulla carta: “Immagino che le giocatrici saranno ipermotivate per dimostrare tutti i miei presunti torti” continua la Monami. “È così… E del resto, per quanto riguarda la squadra italiana, non c’è quasi più nessuno e allora tanto meglio per il Belgio“. Giudizio un po’ severo da parte di Dominique nei confronti del team azzurro, anche se, certo, l‘era delle “Fab Four” dell’Italrosa (Schiavone, Pennetta, Vinci ed Errani) si è ormai conclusa. Non dimentichiamo però la grande esperienza di Sara Errani e la grinta inesauribile che può sprigionare la romagnola, soprattutto nel clima di Fed Cup. E poi ci sono Deborah Chiesa e Jasmine Paolini, due giovani di poca esperienza ma con tanta sete di successo, l’exploit contro la Spagna a Chieti docet.
Dominique Monami lascia la porta aperta al tennis belga? “Ero molto adatta al ruolo di capitano; tutti mi dicevano che ce l’avevo dentro e mi sono impegnata al 200%. Per me è stata una grande opportunità ma, in realtà, era “avvelenata”; non solo volto pagina, ma chiudo definitivamente il libro! Avevo avuto il posto, ho dato tutta me stessa per vivere, alla fine, il momento più doloroso della mia carriera“. Parole piene di amarezza da parte della belga che non le manda a dire. Non solo. Esasperata dall’accaduto, è come se lanciasse una sorta di sfida al presunto futuro “mister”, Johan Van Herke (l’attuale capitano della squadra di Coppa Davis): “Che Johan venga pure a seguire le ragazze. Vedrà la differenza tra loro e la squadra maschile. Se mi hanno accusata di avere una connessione “zero” con il circuito femminile, allora quella di Johan è “zero virgola zero”! Che venga ad occupare il posto, così potrà fare un paragone…”.