Conto sulla comprensione dei lettori. Trovarsi a dover trovare nuovi spunti celebrativi per raccontare l’ennesima grande impresa di Rafa Nadal, l’undecima nel Principato, evitando di fare il solito elenco dei record, dei set mai persi, di quelli vinti di fila sugli amati campi rossi, dei tornei vinti più che Vilas, Muster e soci fino a Borg, dei ringraziamenti del campeon a sponsor e raccattapalle, della banalità del tipo “quel che conta è la salute” e “a premermi di più è la felicità” oppure anche “11 titoli è…incredibile, non me lo sarei mai immaginato” o anche, costretto a entrare un po’ più nello specifico “non solo Djokovic e Wawrinka possono battermi…ogni giorno penso solo a chi ho davanti e a battere quello, chiaro che uno che ha vinto 12 Slam e l’altro che ne ha vinti tre possono battermi” è impresa ormai improba. Innalzare solo peana è noioso per chi legge, almeno quanto è noioso, alla lunga, seguire tornei nei quali chi vince non perde più di due game di media a set.
Meno male ci sono gli altri incontri, si dirà, e in effetti questo torneo di Montecarlo appena concluso ne ha offerti diversi. Spesso con protagonista il finalista sconfitto, ma felicemente ritrovato sui suoi livelli: Kei Nishikori. Contro Nadal il “giap” ha retto soltanto una mezzoretta scarsa, ma poveraccio, aveva dovuto sorbirsi quattro maratone di tre set e oltre due ore (e mezzo) mentre invece Rafa Nadal non era mai stato in campo più di un’ora e mezzo (senza contare gli allenamenti fatti post match per ‘riscaldarsi’ un po’ e provare qualche vincente di cui non aveva avuto bisogno in gara).
Oltre ai duelli di Kei con Berdych, Seppi, Cilic e Zverev, il match fra Zverev e Gasquet è stato di grandissimo intrattenimento, sebbene in sala stampa ci fosse grande fibrillazione nel timore di perdere la serata allo Sporting “La nuit de tennis” con i 12 tenori che, nell’imitare Freddy Mercury e i Queen, oltre che il nostro Pavarotti che si sarà rivoltato nella tomba, hanno fatto delle stecche epocali. I nostri tre de “Il Volo” possono stare tranquilli. I veri rivali erano altri, con Lucianone, Placido Domingo e Carreras. Anche le partite di Goffin con Tsitsipas (davvero interessante questo diciassettenne che aveva “regolato” Shapovalov), Bautista Agut e Dimitrov meritavano il prezzo del biglietto e, per quanto riguarda il bulgaro il primo set, fino ai due doppi falli che gli sono costati il break sul 4-5, si era difeso bene, giocando meglio di quanto avesse fatto per vincere in tre set contro Herbert e Kohlschreiber. Notevole anche il duello fra Thiem e Rublev, vinto 7-5 al terzo dall’austriaco che avrebbe poi prevalso al terzo anche contro un Djokovic in sicura ripresa.
Però mi rendo perfettamente conto che parlare di tanti bei match quando a vincere – anzi a dominare il torneo – è un altro (e dall’inizio alla fine) non può eccitare gli animi di chi è appassionato di tennis e ha la bontà di leggermi. Sarebbe meglio allora che non ci fosse Nadal… a sciupare l’equilibrio di un torneo che di match equilibratissimi ne ha visti davvero tanti?
A me è venuto in mente quel che avevo sempre letto a proposito di Alfredo Binda, il grande campione del ciclismo degli anni Venti.
Nel 1927, in un Giro d’Italia di quindici tappe, Binda dominò la classifica generale dalla prima all’ultima tappa, vincendone ben dodici. Si era ritirato dalle competizioni Costante Girardengo – un po’ come si è ritirato Roger Federer dai tornei sulla terra rossa – e Binda stravinse anche le due successive edizioni del 1928 e del 1929. Insomma bastarono tre Giri d’Italia dominati da Binda – e non 11 tornei di Montecarlo, 10 di Barcellona, 10 di Roland Garros – perché nel 1930 gli organizzatori del Giro d’Italia decidessero di pagargli 22.500 lire (cioè la stessa somma riservata al vincitore) perché non vi partecipasse. La sua manifesta superiorità avrebbe infatti tolto ogni interesse a quell’edizione della corsa. Beh, dubito che arriveremo a tanto, e non solo perché oggi il primo premio del torneo di Montecarlo era pari a 935.385 euro. Se l’anno prossimo il principe Alberto di Monaco improvvisamente impazzisse e glielo offrisse “per non partecipare” – pazzo davvero sarebbe, oggi in tempi di show-business! – Rafa non accetterebbe mai. Lui può comprare il torneo di Montecarlo, Montecarlo non può comprare lui che lo ha sbancato. Rafa verrebbe qui e vincerebbe di nuovo.
Alla fine la gente – come quella, tantissima, che è rimasta più di un’ora fuori dell’uscita del Country Club soltanto per strappare un autografo, e magari pure un selfie a Rafa Nadal – vuol vedere Nadal, vuol sentir parlare di Nadal, della sua superiorità, di quanto potrà durare visto che non è più un ragazzino. Il 3 giugno compierà 32 anni. Una volta a 32 anni i tennisti erano prossimi al ritiro, ma dopo quel che si è registrato nell’ultimo biennio con Federer e con lo stesso Nadal, chi può azzardare una previsione?
Io ricordo soltanto che quando fra il 2012 e il 2017 Federer non aveva più vinto uno Slam, molti sostenevano che Roger fosse pronto per la pensione, anche se magario perdeva di misura in semifinale o in finale. E per Nadal il discorso si appuntava invece maggiormente sull’usura che il suo tennis molto meno fluido e ben più muscolare avrebbe comportato alla lunga. Quante volte ho letto, soprattutto quando un infortunio al ginocchio o al polso lo martoriavano, che lui sarebbe sceso presto di rendimento, che non avrebbe mai potuto durare a lungo. “Dura minga” dicevano…anche ai tempi dei Garibaldini. Reminiscenze di Carosello… Invece eccolo lì, più dominante che mai, dopo che a seguito dell’ennesimo stop, del problemino fra coscia e inguine che lo aveva stoppato in Australia e poi ammorbato fra Indian Wells e Miami, Rafa sembra più Superman che mai, dominatore più di prima e meglio di prima. I suoi avversari lottano i primi game, quando ci riescono, poi si ammosciano e si arrendono quando vedono che proprio non c’è gara.
Tutti a parlare delle cambiali che scadono, del margine risicatissimo che mantiene su Federer per resistere sul trono del tennis, ma lui non se ne dà minimamente per inteso. Vince, convince, domina. Per quanto ancora? Se lo chiedete a Rafa Nadal lui si stringe nelle spallone e vi dice: “Non lo so davvero, io vivo alla giornata, per battere chi è di là dalla rete, senza pensare se sono favorito o no, senza credere di aver vinto prima di aver trasformato il matchpoint. Tanti mi possono battere…” assicura anche se nessuno gli crede.
E allora, finalmente, io concludo: ma se non lo sa Rafa per quanto ancora potrà continuare a dominare così sulla terra rossa, perché mai dovrei saperlo io?