Oggi Ubitennis.com compie 10 anni. A momenti mi sembra ieri, a momenti sembra una vita fa. A momenti sono molto contento ed orgoglioso di avergli dato vita. È una bella realtà, cresciuta in tanti aspetti e in continuo, insperato progresso. È sicuramente positivo per… un giovane della mia età, confrontarsi giorno per giorno con tanti… quasi coetanei, discutere insieme su cosa fare e cosa no, un titolo, piuttosto che un’idea, l’assegnazione di un pezzo, la scelta di una foto, il ricordo dei link da collegare, qualche sano scontro di opinioni. Robe fra ragazzi, da ragazzi. Uno più attempato degli altri. Ogni tanto mi sento un po’… vittima di Ubitennis e lo dico scherzando. Non è, a dir il vero, sempre uno scherzo. Un sito non ti dà tregua. Ti tiene vivo, altro che, ma a volte anche ti ammazza. Qualche domenicuccia di più con la famiglia me la sarei anche voluta godere.
Non fui io a pensare di voler avviare Ubitennis. Inconscia previdenza? A spingere fortemente, e nonostante le mie titubanze, perché dessi il via a questo giornale quotidiano di tennis on line, furono i primissimi collaboratori di Servizi Vincenti, il blog avviato nel novembre 2006. Il battesimo? Le finali ATP di Shanghai. Avvio con il “botto”. Potei “postare” subito una foto fattami al fianco di Roger Federer. Chi ben comincia… Santo Roger, Federer è sempre stato un nostro grande… inconsapevole sostenitore! Così come poi Rafa Nadal. Inconsapevole anche lui. Al regno dei due eterni duellanti Ubitennis deve tanto. Così come ai sostenitori dell’uno e dell’altro. Li ho praticamente visti nascere come tennisti. Roger a 16 anni e 8 mesi quando ha vinto il giovanile di Firenze, Rafa quando lo vidi vincere (più o meno alla stessa età) alla luce dei riflettori su Albert Costa al Country Club di Montecarlo. E con loro ho vissuto, abbiamo vissuto in team, tanti bei momenti. Anche elettrizzanti. Di questo dobbiamo esser loro eternamente grati. Partite spettacolari, duelli memorabili nei quali si sono poi inseriti gli altri due Fab, Djokovic e Murray. Aneddoti ce ne sarebbero a decine, momenti in cui con tutti i Fab siamo andati d’amore e d’accordo, sia io personalmente sia il sito, ma ci sono stati anche periodi in cui ci siamo scontrati anche vivacemente perché i giornalisti devono prendere posizioni spesso anche scomode.
A volte poi, vedi il caso Fognini e nei primi tempi (2008-2009) anche i contrasti con Binaghi, non sono stato neppure io a creare dissapori – oh altre volte sì eh, quando Fabio è stato terribilmente maleducato, o quando Binaghi è stato incredibilmente arrogante e ha preso serie cantonate (Bolelli, Seppi, lo statuto modificato ad personam) non gliele ho mai mandate a dire dietro le spalle – ma hanno contribuito a inasprire i rapporti (anche) i commenti dei lettori. I commenti sgraditi a chicchessia non vengono attribuiti a chi li fa, cioè ai lettori, ma sempre alla redazione, rea di non censurarli. Dell’autonomia di Ubitennis, della sua indipendenza di giudizio, trovo giusto farsene un vanto. Che poi Fognini rifiuti di rispondere a un inviato di Ubitennis, anche se questi non ha nessuna altra colpa che quella di essere un appassionato di tennis che collabora a Ubitennis, mi pare sia un fatto talmente ridicolo che si commenta da solo. Fabio pensa – così facendo – di danneggiare me e il sito. Di farmi un dispetto. Non ha ancora capito che danneggia solo se stesso, la sua immagine e anche i suoi sponsor. A noi non cambia nulla. Ubitennis (se non io…) conta di sopravvivere anche dopo il suo ritiro.
Vero che qualche contrasto c’è stato anche con i tennisti più educati del mondo. Con Rafa polemizzai sulla sua volontà di ricusare un arbitro sgradito e non gli risparmiai domande scomode, con Roger ebbi uno scontro vivace quando sostenni diversi anni fa che alle spalle dei Fab Four c’era un discreto vuoto di qualche anno… e lui stizzito si risentì quasi volessi minimizzare la forza di certi suoi avversari. Ma ho avuto da loro, incluso Djokovic sempre simpatico e spontaneo – Nole mi ha regalato carinamente la giacchettina bianca del giorno in cui ha vinto Wimbledon 2015 – sempre dimostrazioni di simpatia e senza’altro di stima. Ho ricevuto negli anni da loro tanti gesti simpatici. Come dimenticare la cortesia di Roger quando dedicò quasi dieci minuti del suo tempo a mio figlio Giancarlo (12 anni) a Wimbledon o la gentilezza di Rafa che regalò sempre a mio figlio Giancarlo (chissà quanti lo invidiano!) la maglietta verde e imbrattata di terra rossa del Foro Italico dopo la finale vinta su Coria.
Ho raccontato questi episodi, più personali che del sito, perchè ho sempre creduto che il giornalismo non vada vissuto stando seduto davanti a un computer ma partecipando dal vivo agli eventi, di presenza. È stato un must di Ubitennis cercare sempre di aiutare i ragazzi che collaboravano con entusiasmo ad andare sui tornei, strappando accrediti di qua e di là sulla base di una credibilità conquistata sul campo, aiutandoli a trovare qualche collaborazione con altre testate anche sistemazioni economicamente accettabili quando – la maggior parte delle volte – non potevo permettermi di finanziare le loro trasferte. Lo ricordo sempre: “Il Corriere della Sera” manda il suo inviato soltanto per gli ultimi giorni di Parigi e Wimbledon, non si sogna di mandarlo all’US Open o in Australia. Non può farlo davvero nemmeno Ubitennis. Però, come accennavo, i modi per aiutare chi va e chi impara sono tanti. E molti tornei – Roma no per ora – contribuiscono in qualche modo, almeno per i pasti, a aiutare chi in fondo lavora anche per loro. I tornei hanno imparato con il tempo a capire che gli inviati di Ubitennis non vanno a un torneo per fare i turisti. Lavorano e lavorando bene per il sito finiscono per lavorare bene anche per il torneo. E l’esperienza che hanno fatto coloro che sono andati a lavorare come inviati a un torneo…. beh dovreste chiederla a loro. Non ho mai sentito uno, fra centinaia ormai che sono stati qua o là, lamentarsi. Chi ci si è trovato ha sempre imparato tanto, lavorando tanto ma anche vivendo momenti non banali.
Non mi sarei mai immaginato allora, già ai tempi del blog, quel che sarebbe successo dopo, nei mesi e negli anni. La spinta iniziale era stata la grande passione per lo sport che avevo praticato e seguito lungo tutta la vita. Eppoi c’era l’altro mio grande amore, il giornalismo. Quest’ultimo però soffriva pesantemente, perché quotidianamente quell’amore era come tarpato. Non poteva esprimersi compiutamente. Sui miei giornali di sempre – quelli sui quali avevo cominciato a scrivere nel 1972 a 22 anni – La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno il novanta per cento dello spazio era occupato dal calcio. Storia comune a tutti i quotidiani, peraltro. Non c’era mai abbastanza spazio per quello che avrei voluto scrivere, per tutto quello che sapevo di poter comunicare e che troppa gente – era una mia sensazione – non sapeva e avrebbe magari avuto almeno un minimo piacere di leggere. Il blog mi ha consentito di sfogare anche la mia naturale predisposizione alla grafomania. Scrivevo tutti i giorni anche tre, quattro, cinque articoli al giorno. E ne ispiravo almeno altrettanti ai miei primi valorosi collaboratori. Erano pochi, pochissimi, quattro in tutto. Anche loro animati dal sacro furore del giornalismo e dalla santa passione per il tennis.
Il blog era come un fiume che scorreva via libero da intralci, senza mezzo intoppo. Tutt’al più qualche rapida. Stimolante come quando fai rafting. E quando dopo pochi mesi “Servizi Vincenti“ aveva già un migliaio di lettori e tanti che commentavano, giuro che mi stropicciavo gli occhi, non mi pareva possibile. Dopo un anno e mezzo però la produzione quotidiana di articoli si era trasformata in una tale… cascata per l’entusiasmo di tutti, che davvero spesso dispiaceva che un argomento che si riteneva di maggiore interesse scivolasse verso il basso perché – così è la struttura di un blog – a salire in alto, in cima, era sempre e comunque l’articolo scritto per ultimo. Non necessariamente il più interessante. E quando usciva dalla home page un articolo che era piaciuto a tanti, ai lettori ma anche a noi, era doloroso come tirarsi una pugnalata.
Fu così che, anche a causa della continua crescita dei lettori e dei commenti (mediamente di qualità culturale più elevata rispetto agli attuali, mi si consenta direbbe Berlusca), mi lasciai convincere a tentare l’avventura del giornale on line. Nacque così Ubitennis.com. Cercammo di far decollare la macchina, una macchinina arrancante allora, subito prima degli Internazionali d’Italia. L’8 maggio 2008 eravamo on line! Ci siamo ancora. Sulle prime, proprio perché il progetto editoriale mi spaventava (non c’era un euro…) pensai di mantenere in vita, a latere, anche il blog. Dopo diversi mesi, travolto dalle scadenze impellenti del quotidiano on line, mollai il blog. Non avevo pensato allora che i ragazzi “nati” con Ubitennis avrebbero prima o poi cercato e trovato un lavoro full-time. Io mi ero sempre preoccupato di allargare il numero dei collaboratori che sceglievo personalmente allo scopo di non richiedere ad alcuno più di un paio di pomeriggi o mattine a settimana. Ma il turn-over era inevitabile. Mi son ritrovato a doverne trovare di continuo dei nuovi. A ripartire con ciascuno dei nuovi mille volte da zero.
Mia moglie, che mi sopporta con straordinaria pazienza, dice che Ubitennis è il nostro terzo figlio, cui dedico colpevolmente, ma inevitabilmente, più tempo che ai primi due. Il terzo figlio è anche quello – e qui ci metto un avverbio e un esclamativo: fortunatamente! – che ci dà più grattacapi, più angosce, più restrizioni della nostra libertà, più timori di non farcela, più spese poco giustificate, più notti insonni. Comunque niente di eroico, per carità. È una sfida continua. Alla fine stimolante, a momenti entusiasmante. Come quando si guardano le visite dei lettori quest’anno e si vede che nei primi 3 mesi del 2018 siamo cresciuti del 58% rispetto a un anno fa. Questo dà nuova linf e carica a tutti. Sacrifici se ne fanno, tutti, ma si hanno anche belle soddisfazioni.
So che temevate che ripercorressi giorno per giorno e anno per anno questi 10 anni. Molti lettori ci hanno seguito passo passo. Sanno tutto. Agli altri probabilmente non interessa. Io devo ringraziare soltanto tutti quelli che mi hanno aiutato a farlo, a diventare quello che Ubitennis è. Ieri e oggi. E comincio a ringraziare fin d’ora anche quelli che continueranno, o cominceranno (le porte sono sempre aperte per chi condivida le nostre due passioni, tennis e giornalismo) a collaborare. In tutta onestà credo che siamo sempre cresciuti, migliorati. Anch’io, forse, stando a contatto continuo con tanti giovani ho imparato tante cose. Anche se non sempre (quasi mai?) lo dimostro. Per molti dei collaboratori è stato un bel trampolino di lancio. Una bella vetrina. Diversi hanno trovato dentro e fuori di Ubitennis uno spazio e riconoscimenti. Ne sono orgoglioso.
Quest’anno, se il trend positivo mantiene la sua corsa, potremmo superare i 10 milioni di visite e i 30 milioni di pagine visualizzate. Risultati assolutamente impensabili per me anche solo poco tempo fa. Figurarsi dieci anni fa. So che qualcuno – non dico chi – non ce lo riconoscerà mai, ma credo che abbiamo fatto un discreto servizio allo sport che amiamo, al tennis. Se poi siamo riusciti a conquistarci anche un minimo di credibilità in Italia, e magari via via non solo, beh tanto meglio. Vorrei evitare l’autoreferenzialità. So che dà fastidio. Sui dati e il resto quindi mi fermo qui. I nostri pregi, e i nostri difetti, li conoscete voi lettori.
Ma lasciatemi parlare a voi come parlerei a dei fratelli che mi vogliono bene. Vorrei essere riuscito a fare un servizio, oltre che a noi stessi, anche al giornalismo – lo so bene che è molto più difficile! – ma l’affermazione e lo sviluppo di carriera di diversi dei miei ex collaboratori in tv, radio, altri siti, altri sentieri, un tantino me lo fa pensare. E credo, comunque, che davvero tanti abbiano imparato un mestiere che è fra i più belli e affascinanti del mondo.
“Il mestiere del giornalista è difficile, carico di responsabilità, con orari lunghi, anche notturni e festivi; ma… è sempre meglio che lavorare” fu la celebre battuta di Luigi Barzini. E, scrive la giornalista Alessandra Nucci, “quella battuta racconta il fascino del mestiere, che in tanti sarebbero disposti a fare anche gratis. Anzi, gratis, nella speranza di essere assunti; è sempre stato fatto, anche per anni. Al Resto del Carlino il record credo lo detenga una firma nota, oggi in pensione, che fu abusivo per 15 anni. Ricordo di un altro redattore “abusivo” che quando riuscì a farsi assumere aveva già i figli al liceo. Arrivare a essere pagati per una cosa che si farebbe anche gratis per certi versi è il massimo della fortuna nella vita”. Non lo ha scritto soltanto Nucci. Lo ha sempre detto a più riprese un nome noto, notissimo, amatissimo per tutti gli appassionati di tennis, il mio Maesto Rino Tommasi: “Sono fortunato – ha detto mille volte nel corso delle sue telecronache con Gianni Clerici – mi pagano per un mestiere che io avrei fatto anche gratis”.
E oggi nessuno sa che Rino abbia avuto anche periodi difficili. Anche un “grande” come Rino Tommasi, nonostante le sue straordinarie competenze, non ha sempre avuto vita facile. Ve l’assicuro. È stato grazie al suo avvio di organizzatore pugilistico che ha potuto “proteggere” inizialmente la sua mal retribuita passione giornalistica. E più tardi non si è trovato sempre bene con tutti i direttori che ha avuto e cui non voleva cedere in coerenza. Sapeste quante trasferte americane le ha affrontate a sue spese! Ciò detto è poi chiaro che non è facile né semplice potersi permettere di coltivare passioni e amori con pochi fondi. Il sottoscritto, alla fine di una carriera di staff-writer prima e di articolo due (collaboratore esterno) poi ha potuto permetterselo. Dopo di che non mi sono mai fatto illusioni, anche per sopravvivere più sereno, sul fatto di potermi arricchire con Ubitennis.
Ora però basta di annoiarvi. Nel ringraziare davvero tutti, saluto affettuosamente tutti coloro che ci vogliono bene, applaudendo in cuor mio a tutti i miei collaboratori che rendono possibile con spirito “missionario” l’uscita quotidiana on line di Ubitennis. È un gran bel team e vorrei potermi tenere stretti i migliori… magari integrandolo con nuovi arrivi di appassionati positivi ed entusiasti. Non so bene cosa augurare a me stesso, ma so che cosa augurare ai miei collaboratori di oggi: un Ubitennis che riesca a tenerli uniti in team e soddisfatti. A tutti dico: GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE.