UN FENOMENO CHIAMATO NADAL
I RECORD – “Trovate sempre nuove statistiche. Mi sono perso. Ogni volta è una statistica meno importante della precedente. Non sapevo nemmeno niente di questo record. Non dico che il record assoluto dei set consecutivi vinti non sia importante, ma quello che conta per me è essere al terzo turno. Ho giocato davvero molto bene, battendo un avversario difficile. Le sensazioni sono molto buone. Questo è quello che conta, che mi motiva e che mi dà gioia: la possibilità di giocare di nuovo davanti al pubblico di Madrid”.
LA SCONFITTA DI NOLE – “Beh, in fin dei conti quando Djokovic scende in campo normalmente è sempre favorito. Se perde, è una sorpresa. Ma stiamo parlando di uno sport dove le partite sono spesso decise da pochi colpi, piccoli dettagli. Quando le cose vanno bene, funziona tutto benissimo. Quando non vanno bene, diventa tutto più difficile. Di solito quando sei in fiducia, le situazioni volgono a tuo favore. Quando sei in un momento negativo, succedono cose che normalmente non sarebbero successe. Detto questo, credo che stia andando passo dopo passo per tornare al livello che merita. È straordinario quello che Novak ha fatto in passato e farà ancora grandi cose in futuro. Non ho alcun dubbio che tornerà a giocare al suo massimo”.
GUERRA DI DRITTI – “Credo che il mio dritto sia migliore di quello di Federer sulla terra rossa, mentre ovviamente il suo è migliore del mio su cemento ed erba. Anche se, beh, il dritto di del Potro sul duro… forse è migliore il suo. Non so. Ma se dovessi sceglierne uno in assoluto, sceglierei quello di Federer”.
IL RECUPERO DALL’INFORTUNIO – “La realtà è che non mi sono allenato molto a causa dell’infortunio, non ho potuto lavorare molto sul mio gioco. La cosa di cui sono più orgoglioso… beh ho fatto tante cose buone da quando sono rientrato nel circuito. Ho giocato con la giusta intensità, la giusta concentrazione ogni volta. Il rovescio sta funzionando alla grande, il dritto anche, più o meno, come sempre. Ma il rovescio è il colpo che sta funzionando davvero bene. La cosa che rende più felice però è aver recuperato dall’infortunio. È questo a farmi sentire forte e a consentirmi di andare sul campo con la consapevolezza di poter giocare anche partite dure. È la cosa più importante per me, soprattutto su questa superficie”.
CERCASI DJOKOVIC DISPERATAMENTE
Il 2018 di Novak Djokovic racconta di sei vittorie e sei sconfitte in 12 incontri. Di progressi accolti con cautela che vengono però puntualmente seguiti da passi indietro che si avvicinano di molto a un salto nel vuoto. Anche perché – al netto delle fisiologiche difficoltà di quando si recupera da guai fisici – c’è un problema di tenuta mentale di difficile risoluzione. Nei match decisi al terzo set, il serbo ha perso quattro volte su quattro da inizio anno senza mai riuscire a vincere più di tre game. Così com’è accaduto ieri contro un Kyle Edmund che – parole di Nole – “sta probabilmente giocando il miglior tennis della sua vita ed è stato anche un po’ fortunato su alcuni punti”. Sarà vero. L’analisi però non va a fondo delle evidenti problematiche che stanno impedendo all’ex numero uno del mondo di esprimersi su livelli consoni. Sembra forzata anche l’ostentazione della serenità nelle dichiarazioni. Che perdere una partita “non sia la fine del mondo” è abbastanza chiaro, ma non fa un bell’effetto sentirselo dire da chi dovrebbe lottare in ogni modo per ritrovare se stesso. Al netto di un tabellone non benevolo. “Qui a Madrid ho giocato due partite contro avversari complicati – il commento a caldo in sala stampa –, ovviamente non fa piacere essere eliminato così presto nel torneo, ma allo stesso tempo ci sono diverse cose da salvare. A chi si stupisce del mio rimanere sempre positivo, rispondo che questo sport in tanti anni mi ha regalato grandi successi, cerco di tenerlo sempre a mente con la giusta gratitudine. Nessuno mi obbliga ad andare avanti, lo faccio perché mi piace ed è una fortuna”. Non proprio gli occhi della tigre.
SI RIVEDE UNA GRANDE SHARAPOVA
Per molti, il successo convincente su Kiki Mladenovic ha rappresentato la miglior partita dell’anno di Maria Sharapova. “Ho sentito nuovamente buone sensazioni”, il suo commento, che fa il paio con l’avversaria che ammette di non aver potuto opporsi a un peso di palla fuori dal comune. Tra le due in passato c’è stata qualche tensione, liquidata così: “Non ricordo cosa abbia potuto dire in passato, ci siamo incrociate un paio di volte in un primo turno di Wimbledon e in una semifinale a Stoccarda, di certo non in partite rimaste negli annali“. Quelle, ha voluto sottintendere, dove Kiki non è mai arrivata. I progressi nel gioco della russa paiono però evidenti e hanno particolarmente colpito le seconde di servizio, spavalde e allo stesso tempo efficaci. A chi le ha chiesto se stesse collaudando soluzioni tattiche in vista del Roland Garros, Sharapova ha spiegato: “Ho scelto di prendere dei rischi, spingendo le seconde allo stesso modo delle prime. Ma bisogna essere intelligenti, non sempre è una strategia che potrà pagare. Per far bene a Parigi ha poco senso concentrarsi solo sul proprio gioco: conta molto l’adattamento alla superficie, la capacità di leggere il gioco delle avversarie e di saper reggere le pressioni e gestire le emozioni quando si arriva alla seconda settimana”. Le risposte positive arrivano anche da un ritrovato entusiasmo nel lavoro quotidiano: “Non è facile, quando si va avanti con l’età – conclude –, è importante avere vicino chi ti motivi a scendere in campo ogni giorno offrendoti sempre nuovi spunti per migliorare e andare avanti. Da questo punto di vista allenarmi di nuovo con Thomas Hogstedt mi fa molto bene: lui è bravo, ma in questa fase della mia carriera è importante anche avere nel team rapporti di maggiore confidenza e familiarità”. Adesso la sfida inedita con Kiki Bertens: “So poco di lei – chiude Masha – se non che è in fiducia e ama questa superficie”.