da Roma, Raoul Ruberti e Francesca Marino
La regina di oggi e quella di ieri. La sovrana del marketing e quella della classifica al computer, quella che tutti adorano o odiano e quella che nessuno o quasi considera. Maria Sharapova e Simona Halep accedono agli ottavi, vincendo due incontri che nulla hanno a che fare l’uno con l’altro.
DOMINANTE – Sei e sei, il minimo indispensabile, contro l’uno e lo zero di Naomi Osaka. Questo è il bilancio finale per Simona Halep, dopo un incontro d’esordio pericoloso (e molto appetibile) soltanto sulla carta del programma di gioco distribuito all’ingresso. L’ora di gioco a senso unico che apre il mercoledì sul Pietrangeli – stadio evidentemente amato dai giocatori: difficile che le prime due teste di serie femminili e Djokovic non abbiano avuto voce in capitolo nella scelta di farli giocare tra i pini e le statue – racconta poco. Al massimo ci ricorda di tenere i piedi ben saldi per terra, soprattutto se si tratta di quella rossa: Halep non ha confermato il proprio titolo a Madrid dopo due successi consecutivi, la giapponese la aveva presa a pallate nel precedente di Indian Wells (6-3 6-0) ma la superficie che in assoluto costringe a pensare di più premia l’abitudine e l’esperienza della finalista allo scorso Roland Garros.
Le premesse per il gran match sono durate una manciata di punti, i primi, in cui Osaka sembrava in grado di ripetere l’impresa e trovare la sua seconda vittoria su una numero uno del mondo. Le occasioni mancate e rubate per salire 2-0 nel primo set hanno spinto Halep a mostrare i denti fin da subito, spaventando l’avversaria e mandandola rapidamente in confusione. Insistere sul rovescio della romena, uno dei più solidi specialmente su questi campi, non è stata l’idea dell’anno e Osaka se ne è accorta ben presto. Le alternative però a quel punto erano tutte da improvvisare. Chiudere gli occhi e colpire non faceva arretrare la favorita di un centimetro, e la tensione agonistica è svanita in un filotto di dodici game.
A vent’anni la giapponese è ancora acerba, ed è comprensibile che con il suo stile di gioco spesso le opzioni si riducano a una vittoria schiacciante o a una rapida sconfitta come quella di oggi. Chi prende il treno per prima, tra lei e l’avversaria, in sostanza porta a casa l’incontro (dei 25 giocati in stagione, soltanto uno è andato al terzo set). La ricerca di un eventuale piano B, però, è al momento però ancora confinata sul piano filosofico: “Credo ci siano due tipi di persone” ha detto, “quelle che continuano con la loro strategia anche quando va male, perché sanno che prima o poi funzionerà, e quelle che la cambiano in base a ciò che sta accadendo. Sto cercando di capire quale tipo sono io”. Mentre Osaka medita Halep passa agli ottavi, dove una vittoria contro Madison Keys le assicurerebbe la vetta del ranking WTA ancora per una settimana, in attesa della cambiale parigina. Una cambiale che, giocando come oggi, potrebbe trasformarsi nell’assegno più grosso staccato a Porte d’Auteuil.
IL RISCHIO E IL TONFO – Ben meno agevole il successo di Maria Sharapova contro Dominika Cibulkova, ex top 10, Maestra 2017 e finalista in Australia nel 2014. Tre set in rimonta, dopo una partenza a rilento appesantita anche dalla buona verve della slovacca, che come suo solito non alza il piede dall’acceleratore, specialmente con il dritto. Uno-due fulminei dall’inizio del match, Sharapova appare intontita e fatica a tenere i ritmi: il primo set scorre veloce nelle tasche di Dominika, meritatamente. Sharapova non è più “la mucca sul ghiaccio” che lamentava di essere anni fa, quando giocava malissimo sul rosso, né è vicina ai livelli che l’hanno portata a vincere il Roland Garros nel 2012 (contro Errani in finale) e qui al Foro nel 2011, 2012 e 2015. Con il calare delle ombre è però lei a prendere progressivamente in mano il match, aggredendo i servizi dell’avversaria, storicamente suo tallone d’Achille: il grunting è lo stesso di sempre, e aumenta di pari passo con i vincenti di rovescio, che in avvio di gara era invece falloso e impreciso. Cibulkova, peraltro una delle meno contente circa il ritorno di Masha dopo la squalifica per doping, si scioglie senza ottenere giovamento dal coaching di metà terzo parziale, che si conclude in meno tempo di quanto il pubblico, un po’ infreddolito, non avrebbe desiderato.
La scelta di non programmare l’incontro successivo di Sharapova sul centrale era sembrata discutibile, oppure aveva in qualche modo previsto l’eliminazione (notturna) di Garbine Muguruza. A esultare di fronte a una manciata di coraggiosi e ulteriormente infreddoliti spettatori, sui cui orologi sono appena scoccate le due, è la quartofinalista uscente Daria Gavrilova. Il Foro Italico è cornice particolarmente gradita all’australiana che nel 2015 si era spinta sino alle semifinali, sconfitta dalla stessa Sharapova con la quale si contenderà tra poche ore l’accesso ai quarti. ‘Dasha’ si è aggiudicata un incontro che Muguruza aveva in pugno, quando nel terzo set si è ritrovata a soli due punti dal 5-0. Poi il buio, i cinque game consecutivi di Gavrilova, i due match point falliti (uno sul punteggio di 6-5 e uno sul 6-5 del tie-break) e quindi l’epilogo favorevole alla sua avversaria. Muguruza manca l’appuntamento con Sharapova e interrompe una serie di due semifinali consecutive a Roma.
Risultati:
[1] S. Halep b. N. Osaka 6-1 6-0
[9] S. Stephens b. [Q] K. Kanepi 6-0 5-7 6-4
[7] C. Garcia b. T. Babos 6-3 6-4
[14] D. Kasatkina b. [Q] D. Collins 6-2 6-3
[13] M. Keys b. [Q] D. Vekic 7-6(2) 7-6(0)
M. Sakkari b. [6] Ka. Pliskova 3-6 6-3 7-5
J. Konta b. [Q] S.W. Hsieh 6-0 6-4
D. Gavrilova b. [3] G. Muguruza 5-7 6-2 7-6(6)
M. Sharapova b. D. Cibulkova 3-6 6-4 6-2
[11] A. Kerber b. I.C. Begu 3-6 7-5 7-5
[8] V. Williams b. E. Vesnina 6-2 4-6 7-5
A. Kontaveit b. S. Kuznetsova 7-5 7-5
[15] A. Sevastova b. [LL] A. Krunic 6-4 6-4
[2] C. Wozniacki b. [Q] A. Van Uytvanck 6-1 6-4