SCANAGATTA RACCONTA [VIDEO]
Nei prossimi giorni altri video aneddoti della serie “Scanagatta racconta” incentrati su Nicola Pietrangeli, Paolo Bertolucci, Bjorn Borg e Rafa Nadal a confronto.
Sommerso dagli Internazionali d’Italia ho recuperato e preso al volo tre miei articoli scritti in tre momenti diversi di Boris Becker, nemmeno i più significativi (ma quelli di quando giocava li ho raccolti come cartacei e sono nella mia casa di Firenze…ma ci tenevo a pubblicare questo video che racconta diversi episodi curiosi, compreso quello accaduto in aereo, al ritorno dall’open d’Australia quando un Boris neo n.1 del mondo nel 1991 – primo tedesco di sempre – offriva champagne a tutto l’aereo ma ci dava anche sotto e, un po‘ alticcio mi rovinò addosso mentre dormivo…al che cosa gli chiesi per perdonarlo? E lui cosa fece? E chi non ci voleva credere? Beh, se vi racconto tutto chi lo guarda più il video? Il titolo del video non rispecchia che le primissime parole di un racconto… doveroso. E ad Anversa?
Guardate, commentate e se vi va rileggete questi pochi articoli datati.
La strana coppia: Becker-Djokovic (del 21 dicembre 2013)
TENNIS – È un abbinamento che ha qualcosa a vedere con quello fra Lendl e Murray? O fra Connors e Sharapova? O magari Nadal-zio Tony? O Nishikori-Chang? Tre ipotesi. Ubaldo Scanagatta
Con un caro amico croato discutevo stamani se questo binomio Djokovic-Becker fosse stato primariamente frutto di una scelta tattica, mediatica-manageriale, logistica. Abbiamo convenuto che delle tre ipotesi quelle da risultare più attendibili sono soprattutto la seconda e la terza. Boris Becker non è Ivan Lendl. Boris in comune con Ivan ha certamente una notevole personalità, sicurezza (almeno apparente) nelle proprie convinzioni, una certa presunzione che però spesso si accompagna ai “Personaggi” con la P maiuscola. Entrambi indubbiamente lo sono, anche se con caratteristiche completamente diverse. Lendl è un metodico, uno che ha sempre sposato la filosofia del lavoro e della serietà dell’impegno fino a confini quasi ossessivi. Sul campo e fuori. Becker è sempre stato, al contrario, un istintivo. Sul campo e fuori. Lendl non era un “tattico” straordinario, anche se studiava tutto quel che poteva studiare dell’avversario per batterlo, ma soprattutto di se stesso per migliorarsi costantemente, intimamente e un po’ presuntuosamente convinto che in fondo tutto sarebbe dipeso principalmente da lui stesso. Non è mai esistito campione che non fosse convinto di ciò. Ambizione, presunzione, self-confidence sconfinante nell’egocentrismo, sono ingredienti caratteriali presenti in tutti i campioni.
Lendl non era un tattico straordinario perché di fatto non aveva troppe armi tecniche per poter variare il proprio gioco senza snaturarsi (o giocare contro natura, come diceva Gianni Clerici nei suoi straordinari interventi televisivi). Becker invece avrebbe potuto varare molto di più. Ma spesso faceva l’esatto contrario di quel che doveva. Glielo dicevano in tanti, il primo coach Gunther Bosch, Ion Tiriac, quelli che sono seguiti al suo “capezzale”. E lui se ne rendeva, a posteriori, in qualche modo conto quando parlando del suo rivale più frequentemente avversario, Stefan Edberg (tre finali consecutive a Wimbledon fra il 1988 e il 1990 e Boris vinse quella dell’89) diceva: “Lui ha un solo tipo di gioco, serve&volley, servizio con kick esterno sul rovescio nei punti dispari e a rete, quindi non deve mai stressarsi per capire come giocare un punto… io ho invece molte più soluzioni”.
Già, proprio così, solo che spesso sceglieva quelle sbagliate. Se Boris avesse giocato con più testa avrebbe vinto almeno un torneo sulla terra rossa, invece di perdere finali qua e là (Montecarlo, Roma, Monaco, etcetera). Dico questo affermando al contempo che mentre Rino Tommasi era un grande ammiratore di Edberg, io preferivo invece Becker perché ero maggiormente affascinato dalla sua fortissima personalità spesso imprevedibile, forse anche dai suoi difetti. Una conferenza stampa di Edberg era una gran noia e una fiera delle banalità anche se si poteva apprezzarne sempre la serietà, mai una parola fuori posto, un accenno polemico nei confronti di chicchessia, avversari, dirigenti, giornalisti, persone. Quelle di Becker erano scoppiettanti, ti davano sempre il titolo, anche se spesso ne rivelavano le intime contraddizioni. Uno che non si nascondeva mai. Poteva essere simpatico un giorno e odioso un altro. Spesso arrogante, un po’ come anche John McEnroe. Entrambi viziati fin da enfant-prodiges da tutto un ambiente che, spesso in adorazione, finiva per far perdere loro il senso dei propri limiti. Boris aveva genitori seri, semplici, umili, McEnroe un po’ meno.
Lendl era disciplinatissimo da giocatore, lo è da uomo e da coach. Chiedere a Murray per conferma. Becker non lo era da giocatore, non lo è mai stato da uomo – quanti eccessi nei suoi comportamenti! – dubito fortemente che lo sarà da coach. Djokovic sa ormai abbastanza bene quel che deve fare. Marian Vajda sapeva e sa certamente che cosa consigliare al suo pupillo. Lo conosce molto, molto bene. Becker invece no. Certamente Ivan Ljubicic conosce molto meglio Nole di quanto lo conosca Boris. È vero che Boris può avere ascendente, se dice qualcosa ha buone probabilità di essere ascoltato dal giovane Nole. Ma se quel che dice sarà utile o meno a Nole nessuno può saperlo. Io non credo, in definitiva, che Boris possa essere utile a Nole quanto invece credo che Ivan Lendl abbia potuto esserlo a Andy Murray.
Dell’impegno e del desiderio di Lendl di rendersi davvero utile, del suo orgoglio a far di Murray un vero campione, non ho mai dubitato. Lendl non aveva bisogno di soldi. Con l’avvento di Lendl per l’appunto hanno coinciso il primo Slam vinto da Andy, l’alloro olimpico, soprattutto dopo 77 anni di digiuno British il trionfo a Wimbledon. Insomma io non credo, senza sopravvalutare l’importanza di un coach che forse nel calcio, gioco di squadra, può incidere fino al 20% o anche il 30% del rendimento, e nel tennis ad alto livello secondo me invece non contribuisce per più di un 10%, che Lendl non abbia dato un importante contributo all’importante progresso manifestato da Murray. Dubito invece che Boris Becker abbia la stessa meticolosità, lo stesso impatto, la stessa voglia di mettersi a disposizione. E non penso che Djokovic in realtà se lo aspetti.
Per quanto riguarda il terzo aspetto, se è vero che quel che è emerso dagli stessi comunicati ATP, e cioè che Vajda voleva diminuire le giornate di lavoro e le trasferte, beh… allora ci sta che il clan Djokovic abbia voluto in qualche modo “coprirsi” per quei tornei dove Vajda non ha più voglia di andare. Però, anche in questo caso, non credo che l’apporto di Boris possa essere decisivo. Potrebbe anzi, essere quasi un fattore distraente. Insomma non ce lo vedo Boris che si alza alle 8 del mattino per accompagnare Nole sul campo se questi ha bisogni di allenarsi. Né me lo immagino pronto a cercare sparring-partner quotidiani per gli allenamento del serbo. Insomma, alla fine per me l’unica ipotesi davvero valida fra quelle affrontate con l’amico croato è il discorso mediatico e quello manageriale. Djokovic, forse per il fatto di essere serbo e di suscitare generalmente (penso per via del suo passaporto) un minor appeal da parte degli sponsor – perfino quando ha dominato il 2011 chi voleva organizzare un’esibizione era disposto ad investire molti più soldi per Roger Federer e in subordine Rafa Nadal – non è ancora riuscito a sfondare nell’immaginario collettivo come gli altri due campioni. Nemmeno Murray, si dirà, ma dietro a Murray si muovono talmente tanti interessi, tutto il mondo britannico, televisione, giornali, management, che difficilmente Djokovic potrà suscitare a meno che diventi l’assoluto dominatore del tennis nei prossimi anni.
Così si spiega il suo tentativo di far breccia nel mondo tennisticamente più giovane, ma più ricco: quello orientale. Ecco la sua sponsorship giapponese Uniqlo – che pure ancora non ha nemmeno lanciato una linea tennis vera a propria – la sua programmazione agonistica assai incentrata sui tornei asiatici ed australiani (4 Australian Open al suo attivo non sono una scherzo, da nessuna parte come in Australia viene considerato il vero n.1 del tennis). Associarsi ad un grande nome come Boris Becker potrebbe contribuire ad accrescere l’interesse nei suoi confronti di un mercato importante come quello tedesco – quale Paese ha più soldi dei tedeschi in Europa? E un’industria automobilistica più fiorente? Non a caso Djokovic, come a suo tempo Becker, ha uno stretto rapporto con la Mercedes… – e quel che Becker all’angolo di Djokovic porterà a Djokovic, Djokovic dal canto suo porterà a Becker che fra mogli, figli, divorzi e trend di vita, ha sempre speso tutto quel che guadagna e forse anche qualcosa di più. Vedrete quante esibizioni in più finirà per giocare Djokovic in Germania. E quanti sponsor tedeschi si affacceranno attorno a lui.
Insomma questa mi pare un’operazione suggerita astutamente dal management di Novak e gradita da quello di Becker. Non solo in Germania ma nel mondo, grazie a Becker usciranno quasi il doppio degli articoli, delle interviste che sarebbero uscite ad un Djokovic senza Becker. Con grande soddisfazione e profitto per gli sponsor di Nole. Più fotografie, più filmati, più copertura mondiale. Per l’uno e per l’altro. Un’operazione che conviene ad entrambi. Sempre che uno (Becker) non esageri e non finisca per fare ombra all’altro. Perché se Becker faceva titoli da giocatore, più di Lendl, vedrete che ne farà più anche da coach. All’inizio la presenza di Becker potrebbe fare da schermo a quella di Djokovic, alleggerendo il peso delle sue apparizioni televisive e mediatiche, consentendogli quindi una miglior concentrazione sul suo tennis… salvo che Boris non esageri, non si lasci andare a commenti troppo poco diplomatici che costringano Nole a correggere il tiro, a scusarsi per eventuali apprezzamenti poco diplomatici, per eventuali gaffes.
Credo che Dodo Artaldi, media manager di Novak, avrà il suo bel daffare a gestire la situazione. Becker non è tipo facile da gestire. Faticava perfino un grande maestro come Ion Tiriac. Poi si vedrà. Potrebbe anche ripetersi il caso clamoroso del “matrimonio” tecnico (mancato) fra Connors e Sharapova, magari in un arco di tempo più ampio (meno ampio è quasi impossibile). Certo è che fra Boris e Nole non potrà mai esserci lo stesso affiatamento, complicità, affetto che esiste fra zio Tony e Rafa Nadal. Se la loro relazione dovesse durare più di un anno io sarei molto sorpreso. Poco più era durata l’associazione tecnica con Todd Martin (che arrivò a scontrarsi, nonostante il carattere mite, con Vajda, quando tentò di far cambiare impostazione tecnica al servizio di DjokerNole), un annetto è durata quella con Wojtek Fibak, tipo assai intelligente, gran furbone direi, ma anche un “compagno di strada” di dubbia efficacia. Non penso che Becker durerà di più. E le telecronache di Becker per Sky o BBC sui match di Djokovic, se gliele faranno ancora fare, saranno più interessanti forse dopo l’eventuale divorzio che durante il matrimonio.
Non credo che Boris durerà più di un anno al fianco di Nole sebbene io ritenga che Djokovic sia destinato a ritornare ad essere il n.1 del mondo. E i buoni risultati di solito consigliano di “non cambiare la squadra che vince”. Giovano quindi alle conferme, più che alle separazioni consensuali. Infatti penso che Federer non potrà tornare ad essere il mostro di continuità che è stato, credo che Murray farà fatica a recuperare dall’intervento chirurgico e non mi sembra animato (nonostante Lendl) da quella fame di vittorie che ha sempre avuto invece Nadal, ritengo che lo stesso Nadal dovrà combattere ogni mese di più con i suoi problemi fisici e con l’inevitabile logorio che il suo tipo di tennis spaventosamente comporta. Quindi Djokovic, se non verrà troppo distratto da altre cose, magari proprio dalla stessa presenza di Becker al suo fianco – Nole è un ragazzo semplice, il suo stesso rapporto sentimentale con la sua inseparabile fanciulla lo dimostra, però avrebbe anche una più che legittima voglia di divertirsi, è uno scanzonato di fondo – per me potrebbe essere il dominatore dei prossimi anni, almeno del prossimo biennio. Vedremo se ho ragione.
Intanto per il tennis questa nuova situazione è positiva. Ci saranno argomenti in più sui cui scrivere. Quando Murray ha vinto Wimbledon ci sono stati giorni e giorni di paginate intere su tutti i giornali dedicate a Lendl, al suo rapporto con Andy, cosa gli dicesse, cosa gli avesse insegnato, sui confronti con i precedenti coach (Brad Gilbert, Alex Corretja, i vari inglesi). Mi aspetto la stessa cosa, fin dall’Australia, per il suo Becker-Djokovic. Quoto adesso, in ordine sparso e a prescendere dal maggiore o minore gradimento, alcuni commenti giunti a Ubitennis in calce all’articolo scritto da Claudio Giuliani a seguito del tweet rilanciato da Nicola Arzani, che fanno riflettere, sorridere, in taluni casi condividere.
@JITP: “Purtroppo credo anch’io che alla base ci siano i noti problemi economici di Becker, che ormai sembra veramente l’ombra di se stesso; fa abbastanza tristezza vederlo ridicolizzato in certe trasmissioni televisive, con l’unico intento di gonfiare un po’ il portafoglio. Per quanto riguarda la collaborazione con Djokovic ho forti dubbi. Si è visto che quando il serbo è stato lontano da Vajda non ha combinato praticamente nulla e non credo che Becker possa trasformarlo in un attaccante come lui. Sembra di rivivere l’ossessione che tanti anni fa aveva Lendl per il torneo di Wimbledon, e non bastò farsi costruire un campo in erba e prendere il miglior allenatore allora in circolazione (un certo Tony Roche) per trasformarsi in specialista dell’erba”.
@vorrei giocare come Federer: “Non penso che l’istintivo Boris possa essere un buon docente… un conto è giocare bene, un altro conto è saper insegnare”.
@Albyvic: “Nella peggiore delle ipotesi non cambierà nulla”.
@Vittorio: “Ci manca solo che Edberg alleni Federer e Borg entri a far parte del “clan” Nadal…
@maegiulia: “Speriamo che Boris si adegui alla dieta di Nole e non il contrario”.
@special one: “Il binomio Lendl-Murray aveva una sua logica, un tipo come lo scozzese poteva aver bisogno di un punto di riferimento autorevole, che gli desse una certa impronta sotto il punto di vista mentale, il binomio Becker-Djokovic lo vedo molto meno logico. Dal sito dell’ATP si legge che Vaijda seguirà Nole a Indian Wells, Madrid, Toronto e Pechino, in tutti i restanti tornei della stagione ci sarà invece solamente Becker”.
@Daniel: “Operazione mediatica,visto che continua a tenere il vecchio coach e il tennis di Becker non c’entra nulla con quello di Nole”.
Le donne di Boris Becker e il primo divorzio (anno 2000)
I campioni dello sport sono condannati a non avere una vita privata, neppure quando non praticano più da tempo quello sport che li ha resi ricchi e famosi (evviva) ma (ahiloro) personaggi pubblici. Così Boris Becker che si separa dalla sua amata, anzi ex amata, Barbara Feltus, madre di due bei – ed innocenti – moretti, fa scalpore quanto e più dello stesso Boris che dichiara: “Senza di me il tennis in Germania è tornato uno sport minore”. Eppure ci sono due giovani, Kiefer e Haas, a ruota dei migliori del mondo. E di Boris che pontifica: “Il Masters pare diventato un’esibizione” con l’inevitabile aggiunta “ai miei tempi era un’altra cosa”. Fa scalpore quando non dovrebbe più farlo: quanti campioni di tennis sono passati attraverso la stessa via crucis, Borg, McEnroe, Noah, e prima di loro Nastase, Pietrangeli e altri ancora? Boris ha avuto la fortuna – e a sentir lui la sfortuna – di vincere il primo dei suoi 3 Wimbledon a meno di 18 anni. Così la Bild, i paparazzi hanno cominciato a perseguitarlo fin dai primissimi flirts, dalla figlia del prefetto di Montecarlo Benedicte Courtain che aspirava alla jet-society, alla tedesca Est Helga Schultz che simpatizzava per la sinistra. Da una chiaccheratissima love-story con l’avvenente pattinatrice Katarina Witt, fino al suo amore più importante che l’avrebbe condotto all’altare, con l’aspirante attrice di colore Barbara Feltus, presentatagli dalla moglie di Michael Stich, Jessica.
Imperversavano già allora i naziskin e Boris – tipo non meno dotato di personalità che d’una buona dose di narcisismo – era andato a nozze (17 novembre 1993), oltre che con Barbara, con il proprio perenne desiderio di andar controcorrente. Più lo minacciavano, lettere anonime a lui e ai giornali, più – testardo come un mulo – sembrava sicuro del fatto suo, anticonformista (di facciata…) anche nel celebrare il matrimonio solo un mesetto prima della nascita del primogenito, Noah Gabriel “il mio più bel colpo”. Poteva sempre permettersi, a protezione del suo villone con parco nel quartiere più esclusivo di Monaco di Baviera, un vero esercito di guardie del corpo. Più per una denuncia coup de theatre che per effettiva necessità, il rosso copia vivente di Van Gogh minacciò addirittura il clamoroso espatrio nell’altro villone di sua proprietà a Fisher Island, vicino a Miami. Ma poi non lo fece mai. Si separa, non divorzia per ora. Anche per Elias Balthazar, che ha poco più d’un anno. E fra qualche giorno la Bild ci dirà quanto paga di alimenti un tipo che non ha guadagnato meno di 250 miliardi.
La finale di Roma persa da Becker con Sampras nel maggio 1994
ROMA – Chi lo ferma più questo Pete Sampras? Certo non Becker, a quel che si è visto ieri. È stata (purtroppo) un’altra finale a senso unico quella di ieri, curiosamente conclusa con lo stesso punteggio della finale vinta lo scorso anno da Courier su Ivanisevic, 6-1,6-2,6-2, e ancora più rapida. Comunque mai incerta. Il n.1 del mondo ci ha messo dieci minuti di meno, un’ora e 52 minuti in tutto per vincere il suo primo grande torneo sulla terra battuta (il successo di Kitzbuhel ’92 non è neppur lontanamente paragonabile a questo di Roma dove erano presenti sette dei primi 10 del mondo) che è poi già il settimo di quest’anno – arriva con la ventisettesima vittoria consecutiva – e quel che ha potuto fare Becker lo ha descritto con grande onestà Boris stesso: “Credo che Sampras meriti confronti solo con il migliore dei migliori, e per quanto mi riguarda nessuno ha mai giocato contro me un tennis migliore del suo… È il prototipo del tennista dell’Anno Duemila… lui giocava ed io avevo un posto in tribuna! Sarà l’uomo da battere al Roland Garros… e spero che ce la faccia perché avrebbe così vinto quattro tornei dello Slam consecutivi come non è successo da venticinque anni… per me sarebbe come aver realizzato il Grande Slam, anche se so benissimo che il vero Grande Slam presuppone le quattro vittorie nello stesso anno (Laver lo ha fatto nel ’62 e nel ’69, Don Budge nel ’38)”.
Riaprendo la parentesi appena chiusa, si dà il caso che l’idolo di Pete Sampras sia sempre stato proprio il mitico Rod Laver, le cui partite in videocassetta ha rivisto mille volte fin dai tempi in cui gliele proponeva a mo’ di lezione l’amico di famiglia e psicologo dr. Fischer, e non lo è mai stato invece Becker, sebbene Pete ricordi benissimo di aver visto il tedesco vincere il suo primo Wimbledon nell’85: “Io avevo appena battuto la testa di serie n.1 di un torneo under 14 a San Josè, mi svegliai presto per vedere in tv la finale di Becker con Curren…”. Sono passati nove anni da allora, nove anni pesanti soprattutto per Becker, sottoposto a pressioni indescrivibili da parte di un Paese, la Germania, che non vinceva niente nel tennis da 40 anni. Ed è forse nel ricordo di quella mattina in California davanti alla tv che agli occhi di Pete Boris sembra molto più vecchio di quel che è, e comunque molto più vecchio di lui. “A fare la differenza oggi sono stati forse i sei anni che ci separano” dice Pete sul campo nel ricevere dalle mani di Nicola Pietrangeli il trofeo e il mezzo miliardo di lire (280.000 dollari). Doppia gaffe, perché è come dare del vecchietto a Boris, e perché in realtà fra i due rivali e protagonisti di questa finale tanto promettente e tanto deludente ci sono meno di quattro anni: Pete ne compierà 23 il 12 agosto, Boris 27 il 22 novembre.
C’era un caldo ai limiti della sopportabilità ieri. Assente il solito ponentino ecco che il sole faceva ribollire perfino le statue del Foro Italico. Non crescevano, in quelle condizioni, le chances del tedesco che – colto in bluff alla vigilia della finale “un match sui tre set su cinque contro Sampras mi favorisce più d’uno sulla corta distanza” – non si è mai espresso al meglio quando il clima è… egiziano. Detto ciò gli alibi sono esauriti. Non valgono neppure le scuse timidamente addotte da Boris: “Stamattina avevo la schiena rigida, non riuscivo a muovere le gambe… Pete è come me quando avevo 21 anni. Tutta la sua vita è il tennis. Lui non sa che cosa vuol dire svegliarsi in mezzo alla notte perché il tuo bambino piange… Ma, io sono contento delle mie scelte, del mio matrimonio, della mia famiglia, così adesso so da chi andare a farmi consolare. Ho sempre chi mi aspetta, a casa come in albergo”.
Viva la famiglia, insomma, per Herr Becker (finchè dura…). Ma sul “centrale” del Foro è un’altra storia. Ieri Sampras non ha avuto bisogno neppure del solito servizio per prevalere. Nei giorni scorsi aveva fatto 45 aces in quattro incontri due set su tre: ieri ne ha messi a segno appena cinque. Gli bastava mettere la prima, comunque, per fare quattro punti su cinque e infatti non ha mai perso il game di servizio. Ha concesso in tutto appena tre palle-break, nel primo game, sul 4 a 0 del primo set e sull’1 a 0 per lui nel terzo, ma è parso straordinariamente ispirato nei colpi da fondocampo, soprattutto nel formidabile dritto incrociato con il quale ha colto la maggior parte dei 39 punti immediatamente vincenti. Se Becker avesse servito un po’ meglio, anziché un mediocre 34 per cento di prime palle (una su tre), ci sarebbe stato maggior equilibrio, ma – temo – sostanzialmente le cose sarebbero cambiate di poco. Becker ha perso un po’ dell’antica potenza e Pete Sampras sembrava muoversi e colpire ad una velocità diversa. “È come una macchina con 100 cavalli in più” – commentava sotto i baffoni Jon Tiriac, all’apparenza per nulla dispiaciuto per la sconfitta del suo ex pupillo. “Ivanisevic e Sampras sono il presente e il futuro del tennis… Becker appartiene di più al passato”. Un anno fa “Baffo-Jon” si sarebbe guardato bene dal dire… la verità.