Se un torneo porta in finale nel maschile il favorito n.1 contro il favorito n.2 e nel femminile la favorita n.1 contro la favorita n.4 riproducendo la stessa finale di un anno fa, beh non si può dire che i pronostici non siano stati rispettati e anche che alla volata per il traguardo finale non siano giunti i migliori. Indiscutibilmente i migliori. Nadal è Nadal e non serve dire altro quando si gioca sui campi rossi. Zverev è stato il tennista più costante di quest’ultimo periodo: ha vinto Monaco, ha vinto Madrid, anche quando sembra in difficoltà – e lo è stato con Edmund, Goffin e Cilic – alla fine vince lui. Sembra avere le stesse caratteristiche dei Fab Four, cioè dei quattro più grandi giocatori dell’ultimo decennio (anche degli ultimi 15 anni), dei quali si appresta a prendere l’eredità. È il più continuo dei cosiddetti Next Gen e quando lotta non solo non si arrende mai, ma vuoi per il servizio, vuoi per la tigna, finisce per prevalere anche contro fior di giocatori.
In fondo ieri hanno fatto quasi più notizia e sensazione i perdenti piuttosto che i vincenti. I vincenti… era scontato che lo fossero. I perdenti si pensava che potessero perdere in modo imbarazzante. Non è stato così, per nulla. Tant’è che i perdenti di ieri, Novak Djokovic e Maria Sharapova, cioè tennisti che a Roma hanno vinto insieme sette titoli (Nole 4, Maria 3), sebbene sconfitti avevano l’aria soddisfatta – e hanno detto apertamente di esserlo – il primo per aver finalmente raggiunto una semifinale quest’anno e per aver giocato la sua miglior partita del 2018 “contro il miglior tennista di sempre sulla terra battuta” – sia pure soltanto per un set e i primi game del secondo – la seconda perché era reduce da tre sconfitte consecutive e al Foro ha invece impegnato a fondo per 3 set Simona Halep, dopo aver ottenuto brillanti vittorie su tenniste quotate quali Barty, (l’odiata) Cibulkova, Gavrilova, Ostapenko.
Sharapova dopo la vicenda Meldonium, Djokovic dopo la crisi profonda che lo aveva attanagliato per tanti diversi motivi da metà 2016 in poi, sembravano quasi dispersi per la causa del tennis. I due quasi coetanei, trentunenni separati da un solo mese (Maria è dell’aprile e Nole del maggio 1987), non erano due “pischellini” che potessero annullare in un batter d’occhio un anno e mezzo, quasi due, di clamorose difficoltà psicologiche e fisiche. Difatti fino a questi giorni romani era lecito dubitare del loro ritorno agli antichi splendori. Non ci siamo ancora, però oggi i loro innumerevoli fans hanno più motivo per essere ottimisti sul loro pieno recupero. Già al Roland Garros? Penso che dipenderà molto dal sorteggio. Maria torna fra le teste di serie ma fra la n.28 e la n.29, Novak lo scorso anno al Foro aveva raggiunto la finale e quindi perderà dei punti (probabile discesa a n.22). Teoricamente potrebbe capitare contro Nadal già a livello di sedicesimi. Speriamo di no. Per lui, per il torneo.
Fra i due coetanei mi sembra più pronta Maria. Forse perché fra le donne non c’è un Nadal in gonnella, uno spauracchio assoluto e dominante. Quindi Maria può battersi con tutte e battere tutte. Usufruendo di quel giorno di riposo che negli Slam c’è e che qui a Roma non ha avuto: lei è arrivata alla semifinali con oltre 9 ore di lotte alle spalle, Simona con poco più di due e mezzo. 6-1 6-0 a Osaka, ritiro di Keys, 6-2 6-3 a Garcia. E non ha ancora 27 anni.
Nole ha giocato un gran primo set, approfittando anche di un Rafa non brillantissimo. Però nei primi tre game di servizio del maiorchino nel secondo set è affondato come Fognini l’altro giorno: ha fatto solo tre punti di risposta. Così quando ha subito il break, proprio come Fabio, addio fichi. Però quel set, anche se uno solo, ha mostrato un Novak nuovamente capace di chiudere rovesci lungolinea e stretti in cross davvero straordinari come ai bei tempi – tanto più difficili perché Rafa è capace di recuperare tutto e di più, il punto bisogna farglielo tre volte – e anche di servire a oltre 200 km l’ora, segno che il dolore al gomito è passato. Mi chiedevo, vedendolo cedere progressivamente nel secondo set, se il Roland Garros con i suoi tre set su cinque non arrivi troppo presto per lui. Ecco un’altra sostanziale differenza se si vogliono misurare le chances parigine in parallelo di Maria e Novak: lei deve giocare sulla distanza abituale dei due set su tre, lui no.
Quando Rafa diceva che, sì, quello appena battuto era il miglior Djokovic di quest’anno, sembrava volesse negare che Novak fosse a corto di energie come era invece sembrato a tutti quanti e come io avevo suggerito nella mia domanda a Rafa. Però la sua spiegazione, più legata a un problema di natura mentale che fisica, ha un senso: “Lo sforzo mentale di giocare colpi che non ti vengono automatici è più intenso di quando sei in fiducia per via di un certo numero di vittorie e li giochi senza più tanto pensare. Se devi pensare meno, ti stanchi anche meno. Io sono stato nella sua situazione… se torni dopo un lungo stop e senza vittorie sei più sotto stress finché non ricominci a vincere”. E ha concluso: “Io penso che lui sia pronto per il Roland Garros”. Magari questa frase Rafa, che peraltro di solito dice quello che pensa, l’ha detta anche un tantino per fair-play.
Io non lo so, non ne sono così persuaso. Anche se ieri Novak, oltre a giocare meglio del solito, ha mostrato nuovamente gli occhi della tigre, si è auto-incitato quando c’era bisogno, ha provato a caricare la folla che era più per lui che per Rafa (e io lì mi sono chiesto se a tifare per Nole non ci fossero anche tanti tifosi di Federer, quelli che pur di vedere perdere il “nemico” Nadal farebbero il tifo per qualunque suo avversario), si è anche arrabbiato con se stesso quando era giusto farlo. Non era più, insomma, il Djokovic semi-depresso, poco reattivo dei mesi scorsi. Io credo che il suo rendimento a Parigi davvero dipenderà dal tempo che Novak avrà per recuperare appieno, mentalmente e fisicamente. Se i primi turni saranno facili, sul finire della seconda settimana potrà creare problemi anche a un Rafa un po’ stanco oppure al di sotto del suo potenziale.
Oggi sono curioso di vedere se il gap che ha consentito a Rafa di vincere quattro volte su quattro con Zverev è sempre quello oppure no. Il tempo che scorre dovrebbe giocare a favore del tedesco mezzo russo. Se Rafa vince torna n.1, scavalcando Federer. Vuoi vedere che oggi tanti tiferanno Zverev, anche se il tedesco per ora non è un mostro di simpatia? Fra Svitolina e Halep non ho dubbi, riguardo all’applausometro. I rumeni ieri sembravano aver preso d’assalto il Foro, le loro bandiere sventolavano dappertutto. Un anno fa, nell’identica finale, Halep, che aveva vinto il primo set, si storse una caviglia. Portò a termine il match ma non era più lei. Il bilancio dei confronti diretti, 3-2 per l’ucraina, è un po’ falsato da quell’episodio. Si può presumere che ci sarà un grande equilibrio. Che è poi quello che rende gli incontri molto più piacevoli da seguire. Buon tennis a tutti e… chiudo con una notizia. Ieri mattina sono andato a trovare Rino Tommasi che pur senza stare purtroppo bene, ha trovato però l’ispirazione per cantarmi:
“Oh bongo bongo bongo
stare bene solo al Congo
non mi muovo no no
bingo bango bengo
molte scuse ma non vengo…”.
Glielo ho pure fatto ripetere per registrarlo. Non ha dimenticato una parola. Mitico.
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