[4] E. Svitolina b. [1] S. Halep 6-0 6-4 (dal nostro inviato a Roma)
Chi ha l’opportunità di prendersi una rivincita pensa sempre che le cose andranno in modo diverso. Autoconvincersi che stavolta si è capito tutto però non basta a cambiarne l’esito, specialmente quando l’avversaria è Elina Svitolina. Dopo Dubai la ventitreenne ucraina conferma anche il suo secondo titolo importante del 2017, quello degli Internazionali d’Italia, e lo fa lasciando appena quattro giochi a una Simona Halep mai in partita. “Roma mi porta bene” ha detto. Sarà vero, ma lei ci ha messo tantissimo del suo. Facendolo sembrare persino facile.
Nella finale-bis dello scorso anno, replicata anche nella spartizione dei trofei, Svitolina ha sovrastato la numero uno mondiale in ogni aspetto del gioco. Dai due metri oltre il fondo campo fino alla rete, verso la quale Halep arrancava ogni volta che lei giocava di volo, accorciava con lo slice o provava (riuscendo) una palla corta. Otto finali vinte di fila per Elina non sono un caso: solidità a tutto tondo, una forma fisica al top e una evoluzione costante sono il segreto della sua scalata alla quarta posizione del ranking, confermata dal successo di oggi sul Centrale. La tennista di Odessa è scesa in campo tirata a lucido e ha mostrato al pubblico del Foro un tennis ancor più completo di quello di dodici mesi fa, quando la prima coppa romana le arrivò tra le mani anche grazie a un infortunio alla caviglia della sua avversaria.
Invece a tradire Halep è stata la testa, stavolta come troppe altre. Il boost di confidenza dopo la vittoria di ieri contro Maria Sharapova è durato meno di una nottata in hotel, tanto che risultava impossibile, nei primi game lampo a senso unico, capire se l’enorme divario andasse attribuito all’aspetto tecnico piuttosto che a quello fisico o psicologico. L’intervento di Darren Cahill, sullo 0-5 in appena un quarto d’ora, si è concluso con un “Sai cosa c’è? Questa devi risolverla da sola” che ha troncato ogni speranza di rimonta. Una differenza gigantesca dal giorno prima, quando era stato proprio un dialogo a metà partita tra allenatore e giocatrice a fornire a Simona il coraggio di reagire. “Sapevo di dover correre ma mi sentivo rigida, non riuscivo a farlo” ha detto poi in conferenza stampa.
Il primo tentativo di arginare la crisi è stato un MTO furbetto, dopo aver perso il servizio nel secondo parziale. Svitolina però in questo momento è troppo in forma perché un trucco simile possa spezzarle il ritmo. Scegliendo sempre la soluzione giusta da un bagaglio ampio e mettendola in pratica con successo, la ora due volte campionessa di Roma ha impedito anche la minima deviazione al percorso dell’incontro. “Mi ricordo sempre quanto ha fatto male perdere la finale di Wimbledon junior contro Bouchard” ha ricordato. “Dopo quel giorno mi sono detta: non andrò mai più lì fuori senza fare nulla. Voglio creare io il gioco”. Nella coda finale dell’ultimo set Halep ha salvato tre palle del doppio break, ha allungato qualche scambio abbastanza da far superare all’incontro. Dal lato opposto della rete però non c’era nulla a cui appigliarsi.
Palle break concesse da Svitolina, nemmeno l’ombra. I suoi numeri, tutti in attivo. L’ucraina è stata semplicemente migliore, talmente tanto che è questa l’unica storia da raccontare. Alla guida su una strada che già conosceva non ha mai tolto il pedale dal gas, mentre l’ultimo tratto verso il dodicesimo titolo in carriera si rivelava quello più sgombro e pianeggiante. Bandiere gialle e blu sugli spalti non ce n’erano, ma dall’anno prossimo di certo spunteranno numerose. Perché Elina Svitolina ama Roma e Roma ha iniziato a ricambiare.