Tuta nera e pochi scambi. Serena gioca da mamma (Ilvio Vidovich, La Nazione)
Roger Federer, uno che dell’argomento se ne intende, dice pubblicamente che «Serena Williams è la più forte tennista di tutti i tempi» proprio nel giorno in cui al Roland Garros — dove lui è invece rimpianto assente — “the Queen is back”. Infatti Serena, inguainata in una mise improbabile da “pantera nera (del regno) di Wakanda” che pare poter esplodere al primo scatto, è tornata dopo due anni al Roland Garros per la gioia dei fotografi. «Non è solo un abito divertente, è anche funzionale, così posso giocare senza problemi» ha spiegato dopo aver battuto la gemella più scarsa delle Pliskova, Krystina, n.70 del mondo che pure «mi ha fatto così tanti aces fin dal primo game che mi sono detta: ‘Ok, devo servire bene davvero bene oggi, non ci saranno tanti palleggi’». In effetti la Pliskova ha messo a segno 15 ace, bilanciati dai 13 di Serena. Meglio per lei che, in evidente sovrappeso, non ci siano stati troppi scambi. Spesso sarebbe certamente arrivata in ritardo. «Difficile trovare un po’ di ritmo, con tutti quegli ace, specie nel primo set. Ma sono sulla strada giusta! E la cosa positiva è che per ogni ace viene devoluta una somma in beneficenza». Serena arriva presto in conferenza stampa, molto prima del solito. «Ora la differenza rispetto a quando non ero ancora mamma è che mia figlia Olympia mi aspetta e per via dei due piovaschi sono stata qui tutto il giorno. Il match (76 64) non è stato facile, avere una bambina alla mia età (36 e mezzo) e competere nel tennis non poteva essere facile». Tutto Serena Williams, interviste, cronache, commenti su www.ubitennis.com
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Serena e Masha, decollano le divine tornate sulla terra (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Anni che sono sembrati un’eternità. La Città delle luci privata delle sue dive più brillanti, delle primedonne di successo protagoniste di una rivalità storica e ferocissima. Non se la prendano le altre. Non giocavano nello stesso Slam da 28 mesi, Australian Open 2016, quando nei quarti di finale la Williams stese la russa per la 19′ volta nell’ultimo dei loro 21 confronti diretti; poche ore dopo, la Wta avrebbe appreso che nella provetta antidoping di Masha era stata rilevata una quantità di Meldonium ben superiore alla norma. E si aprì il baratro. Perciò al Roland Garros non vedono Maria dal 2015, perché l’anno scorso gli organizzatori non le concessero la wild card dopo la squalifica di 15 mesi, attaccandosi ai suoi nebulosi trascorsi medici. Serena invece, causa maternità, mancava dall’anno successivo, finale persa contro la Muguruza, tra l’altro l’ultima partita in carriera giocata sul rosso fino a ieri. Se si incontrassero agli ottavi, come recita il tabellone, sarebbe l’apoteosi: perché è pur vero che nel frattempo si saranno affacciate nuove starlette, ma l’unico copione da Oscar prevede la loro presenza e il loro carisma. Serena riappare in un Major dopo 486 giorni (Melbourne 2017), e anche con lei il torneo non è stato troppo benevolo negandole una testa di serie perorata perfino dalle colleghe. Eppure bastano due scambi, il primo ace e il tempo di abituarsi all’arbitro che la chiama «Madame» come si conviene a una signora sposata, perché l’amore si rinfocoli. L’ex numero uno, sprofondata fino al 451 per mancata attività e dunque iscritta con ranking protetto, impiega un set a carburare contro la Pliskova debole, Kristina, che alla fine potrà consolarsi solo con il record di 15 ace, il massimo di sempre per un’avversaria. Così, più che sulla prestazione, tutto sommato buona viste le premesse, l’occhio cade soprattutto su quella tuta nera che la fascia per intero mettendo in mostra senza complessi le forme generose e che Serena difende con orgoglio: «Mi sono ispirata a Catwoman, come già nel 2002 agli Us Open, diciamo che è un’evoluzione 2.0. Vestita così mi sento una guerriera, e poi mi aiuta anche con la circolazione sanguigna evitandomi guai». Sono i problemi di coagulazione legati all’embolia del 2011 e riapparsi anche dopo la nascita della piccola Alexis Olympia il 1° settembre scorso. Ma oggi lei è una madre felice che ha ritrovato pure la sua passione: «È stato un match positivo: sono qui per dare il meglio, non so se basterà per vincere, ma in ogni caso adesso la priorità è mia figlia, la sto allattando e cerco di passare più tempo che posso con lei. Voglio che sia orgogliosa di sua madre». Al match dell’arcirivale, lo confesserà poi lei stessa, darà un’occhiata di sghimbescio pure la Sharapova: «Ho intravisto qualcosa, Serena mi ha colpito per il suo outfit, mi è piaciuto perché è la dimostrazione che nel tennis ognuno è libero di esprimersi come vuole, di mostrare la sua personalità, ed è la ragione per cui lo amo». Dopo un primo set dominato contro la qualificata olandese Hogenkamp, Masha si incarta e si mette troppa fretta, fino a un pericoloso 3-0 sotto nel terzo set che la riporta agli incubi del 2010, l’ultima volta in cui perse a un primo turno Slam (in Australia). Ma da lì torna a imperare, con sei game di fila: «Sono passata mille volte da situazioni del genere. È chiaro che prima o dopo arriverà qualche giocatrice che prenderà il nostro posto, ma per adesso siamo ancora in grado di lasciare le nostre orme». Bentornate, tigri.
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Bolelli cede a Nadal: «Fa cose impossibili» (Valentina Clemente, Corriere dello Sport)
Rimarrà forse per lui il più grande rammarico di questo torneo perché Simone Bolelli avrebbe meritato almeno un set contro Rafael Nadal sul centrale del Roland Garros. Lo avrebbe meritato per i vincenti che ha messo a segno (44) e per il suo tennis delicato e potente, acclamato anche dal pubblico dei Phílippe Chatrier. Il risultato finale – 6-4 6-3 7-6 – non riflette purtroppo né l’intensità, né la caparbietà di Simone, che ha tenuto testa al favorito del torneo: «Nel terzo set ho avuto diverse occasioni per vincerlo, soprattutto sul 6-3 nel tie-break, poi lui è passato davanti con un ace e un vincente e sul 6 pari mi ha risposto con un vincente millimetrico sulla linea, peccato perché mi sarebbe piaciuto continuare. Sapevo dall’inizio che sarebbe stato difficile, ho fatto quello che dovevo a livello di gioco per tutta la durata dell’incontro. Ho avuto una seconda chance (come “lucky loser”) e ho cercato di sfruttarla. Contro Nadal mi sono sentito bene, ho espresso un buon tennis, se spingi poco, lui ti viene subito sopra. Vengo da un buon periodo, nell’ultimo mese e mezzo penso che il mio livello sia cresciuto». Con quella di ieri sono sei le sfide che hanno messo di fronte Nadal e Bolelli e l’italiano ha spiegato come nel tempo anche il gioco del maiorchino sia mutato: «L’età conta e anche lui non corre più come una volta, può avere qualche difficoltà in più a recuperare, ma gioca sempre con un intensità pazzesca e riesce a recuperare le palle impossibili per gli altri. Per me 3 su 5 sulla terra è ancora imbattibile, su altre superfici… magari in tre set, il discorso è meno netto». Debutto semplice per Fabio Fognini, che contro Pablo Andujar si è imposto per 6-4 6-2 6-1 e ha iniziato al meglio il torneo: «Sto giocando bene, al di là dei problemi fisici, e penso che anche il sorteggio mi abbia aiutato, lasciandomi qualche giorno in più per lavorare con il fisioterapista: stiamo ancora trattando tra infiltrazioni e laser, però sono contento del risultato».
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Come picchia quel Bolelli, ma Nadal punge sul più bello (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Guardi Simone Bolelli costringere Rafa Nadal a calarsi l’elmetto e ti chiedi se non sia il tennista più forte del mondo. Lo vedi come incalza il numero uno, la gragnola di colpi cui lo sottopone, ma anche gli errori di misura che non hanno senso, le esagerazioni cui si costringe per tenere testa al fitto palleggio di Rafa, e concludi che il Bole, sì, magari è davvero il più forte tennista del mondo, solo che non lo sa. Esagerazioni, al termine di un match esagerato. Ma ci stanno, perché è Rafa a dire che Simone Bolelli è fortissimo, e non si aspettava che un tennista sceso di così tante posizioni in classifica potesse costringerlo a rimontare due set dal 3-0 e tre set point nel tie break del terzo, prendendolo a pallate come se niente fosse. Bel match, molto gradito dal pubblico. Bolelli ha dato la sensazione di sapere esattamente che cosa fare contro il tennis di Nadal, che ti si stringe addosso e ti soffoca sul più bello. «Mi ha obbligato a tirare fuori il meglio di me», dice Rafa, «e nei primi turni non capita così spesso». Eppure, fra tante lodi, che certo gli serviranno a sentirsi in pace con se stesso, Bole è costretto a segnare una nuova sconfitta sul suo libretto degli esami, frutto di tante, troppe occasioni gettate via. Senza colpe particolari, è doveroso aggiungere, perché in quei frangenti Nadal ha dato il meglio, arrembante su ogni palla, cattivo come da tempo non si vedeva. Ma restano i due 3-0 in avvio del secondo e terzo set, rapidamente risucchiati da Rafa, e il tie break condotto fino al 6-3, salvo subire anche lì un’accelerazione del numero uno, che l’ha appaiato per poi vincere al diciottesimo punto. «Simone è stato troppo poco nelle posizioni di classifica che meritava. Ha avuto anche infortuni, non è stato un percorso facile il suo. E oggi paga questa desuetudine. Peccato, perché il tennis per giocare contro Nadal ce l’ha sempre avuto». L’analisi è di Fabio Fognini. Fabio ha vinto, battendo Andujar che lo ha contrastato soltanto nel primo set. «Gioco bene, ho qualche acciacco, ma gioco bene. Vado avanti convinto delle mie possibilità». Ha un problema alla pianta del piede, se lo trascina da tempo. Si curerà finito il Roland Garros. In secondo turno è atteso da Ymer, svedese nero. Sono quattro gli italiani in secondo turno: Berrettini, Cecchinato, Fognini e infine Fabbiano, che batte Edben al quinto set dopo la sosta sul 2-2 per pioggia.
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Per lo Slam serve testa, fondo ed esperienza (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Non tutti nascono come Rafa Nadal, che a soli 19 anni vinceva il suo primo trofeo a Parigi. In molti mi chiedono il motivo degli scarsi risultati ottenuti finora da Alexander Zverev nelle prove dello Slam, dimenticando che il tedesco ha appena 21 anni. Eppure la finale di Roma, dove una semplice interruzione per la pioggia aveva cambiato indirizzo alla partita tra lui e Nadal, avrebbe dovuto insegnare qualcosa. Il tre set su cinque non è una specialità diversa rispetto agli altri tornei del circuito, ma per emergere e appropriarsi della ribalta sulle due settimane i giocatori devono essere in grado di dar fondo a tutto ciò che contribuisce a formare la prestazione ad alto livello. L’esperienza nel gestire i vari momenti della sfida, il saper dosare lo sforzo e preservare le energie, l’abitudine a sopportare la pressione e l’abilità nel variare in corsa lo schema di gioco sono caratteristiche richieste al tennista che affronta uno Slam. Inoltre la terra esige doti fisiche da fondista e un pronto recupero delle energie. Le diverse caratteristiche tecniche dei rivali e del clima impongono poi un notevole dispendio mentale e l’abilità nel mantenere alta la concentrazione per un lungo periodo. Non a caso i top player giocherebbero meno tornei, ma sempre sulla lunga distanza: per avere più tempo e modo per recuperare anche le situazioni compromesse.