Perché credo in Matteo Berrettini
dal nostro inviato a Parigi
https://soundcloud.com/ubitennis/santopadre-berrettini-dice-che-basto-io-metteremo-un-cartonato
Vincenzo Santopadre è uno dei pochissimi esempi di giocatori importanti in Italia che appesa la racchetta al chiodo hanno messo a disposizione quanto appreso sul circuito internazionale per la Federazione Italiana Tennis. Oggi e da sempre è il coach di Matteo Berrettini, appena approdato per la prima volta al terzo turno di uno Slam. Personaggio sempre mite e cortese, certamente ha qualche merito dell’exploit del giovane romano. Dimostra subito un umorismo quasi inatteso, quando dopo un lungo aspettare riceve il trafelato inviato di Ubitennis. Succede infatti che si arriva da Vincenzo dopo un messaggio Whatsapp e poi una chiamata, con la quale ti da appuntamento immediato “tra il Campo Centrale e il Campo 1, davanti agli incordatori”.
Una rapida corsetta, quasi necessaria dopo ore e ore seduti o in sala stampa o in tribuna stampa, per poi rendersi conto che gli incordatori non sono dove si ricordava… Sale l’ansia, che dopo inevitabili gimkane tra la ressa che affolla il piazzale tra lo Chatrier e il Campo 1 – chi di passaggio tra un match e l’altro, chi desideroso di farsi spennare ai numerosi stand e negozi, tanto belli quanto spesso proibitivi per il portafoglio (ma già che sei al Roland Garros, vuoi non prenderti un ricordo della giornata?), chi voglioso di godersi un attimo di riposo abbandonandosi sulle formidabili sdraio arancioni per seguire i match sul maxischermo collocato appena dietro il Campo 1 – va progerssivamente salendo. Quando finalmente riconosciamo Vincenzo, impeccabile nella sua tenuta bianca come a Wimbledon, lui interviene con aria rassicurante: “Non ti preoccupare, capita, non c’è nessun problema, solo che io adesso non ho più tempo, scusa ma devo andare”. E volta le spalle… Un attimo dopo però si rigira sorridendo. Non è finita, perché l’ineffabile Santopadre si prodiga perché l’inviato si tranquillizzi e recuperi il fiato: “Mi raccomando respira, prenditi tutto il tempo. Insegno sempre ai miei ragazzi l’importanza del recupero”. E comincia finalmente l’intervista.
Matteo è stato molto bravo a non disunirsi quando Gulbis giocava meglio i punti importanti.
Sì, lui è molto giovane, sta facendo esperienza, scopriremo man mano i suoi limiti. Certo, ha avuto un’ottima tenuta mentale nel terzo set dopo il contro-break di Gulbis, sia lì che nel quarto set ha affrontato quelle situazioni difficili che ti fanno crescere. In particolare, mi è piaciuto nel quarto parziale quel game molto lungo e combattuto sul servizio di Matteo: averlo tenuto probabilmente è stato decisivo.
Possibile che un avversario come Gulbis, seppure estremamente ostico quando tocca i picchi che il suo talento gli permette, sia però stato in qualche modo ideale per Matteo, proprio per la sua scarsa continuità?
Mah, ogni avversario ha le sue caratteristiche. Gulbis è uno da alti e bassi. In certi momenti giochi molto bene ma raccogli pochissimo perché sta giocando alla grande, mentre in altri giochi meno bene ma fai più punti. Ernests è uno che può fare doppio fallo e un attimo dopo servirti una seconda a 190 all’ora. L’avversario al primo turno (Otte, ndr) era completamente diverso, molti meno picchi ma molta più solidità. Matteo deve preoccuparsi più di se stesso che dell’avversario, che serve per migliorare.
In conferenza lui ha detto che l’hai preso quando aveva 14 anni e pesava venti chili e l’hai portato al terzo turno del Roland Garros. Ha sottolineato come sia per lui importante che tu sia nel suo box, dicendo che è fondamentale anche la tua sola presenza. Mi dici qual è il suo maggior difetto?
Fammi pensare, il suo difetto più grande…
Non mi dirai che è perfetto?
No, no, ah ecco, è proprio questo: è un ragazzo modello per tanti aspetti ma cerca troppo la perfezione che non esiste. Ciò che conta è l’impegno che mette ma a volte pretende troppo da se stesso, dovrebbe essere più leggero. Dice che è importante anche solo la mia presenza in campo… beh ci rimango un po’ male, ero convinto di servire anche per le mie competenze tecniche. Vorrà dire che al prossimo match metterò un mio cartonato, così non prendo troppo sole…