Il 3 giugno 1986 a Manacor, Maiorca, Spagna, nasce, da Sebastian Nadal e Ana Maria Parera, Rafael Nadal Parera. Sono passati esattamente 32 anni da quel giorno e Rafael, al quale lo zio paterno Toni Nadal ha messo in mano una racchetta da tennis all’età di tre anni, ha conquistato 78 titoli ATP ed è il numero 1 della classifica mondiale per la 175ma settimana in carriera. E dove festeggerà Nadal il suo compleanno? Come ormai da tradizione nella città che per lui è diventata una seconda casa: Parigi. Spegnerà le candeline sulla terra rossa del Roland Garros. Dove se no? Qui ha frantumato ogni record vincendo lo Slam francese per 10 volte. 10 volte! Mai nessuno nella storia del tennis maschile era riuscito in un’impresa di tale portata. Festeggerà in una domenica di allenamento, avendo già conquistato l’accesso agli ottavi di finale con la vittoria di sabato su Richard Gasquet. Sì perché Rafa è ancora in corsa per mettere le mani sull’undicesimo titolo al Roland Garros.
Potremmo continuare a sciorinare numeri e record per celebrare il compleanno di Nadal. Rafa, infatti, non si è accontentato solamente di diventare il re della terra battuta, ma ha alzato al cielo anche i trofei dei restanti tre Slam, per non parlare di Masters 1000, Giochi Olimpici, Coppa Davis, ATP 500 e 250. Ma i numeri ormai sono storia del tennis, rimarranno per sempre negli almanacchi e nei libri. Le fredde statistiche non potranno però mai raccontare la storia di un campione che lotta su ogni palla come se da questa dipendesse la sua vita. Non potranno mai raccontare le fragilità di un ragazzo, che nella propria biografia ammette di essere terrorizzato perfino dai tuoni e dal temporale, ma che quando scende su un campo da tennis si lega stretta la bandana intorno alla testa e si dimentica ogni paura. Non potranno mai raccontare i tormenti di un uomo che a causa di infortuni terribili cade più volte, sente le ginocchia logore, i muscoli che bruciano, eppure non smette di allenarsi e di combattere per tornare a giocare, a vincere.
I numeri non potranno mai raccontare i brividi della finale di Wimbledon 2008: i posteri leggeranno che è stata la partita più bella di sempre ma senza aver la fortuna di averla vissuta, chiedendosi se quella sfida tra Rafa e Roger potesse essere considerata di questo mondo. Le statistiche non potranno mai raccontare nemmeno la rivalità di Nadal proprio con Federer, il rispetto profondo che c’è tra questi due campioni. I numeri non potranno mai raccontare le abitudini metodiche di Nadal che ripete sempre gli stessi gesti a ogni cambio campo, prima di servire, per cercare di creare ordine intorno a sé e trovare così l’equilibrio per concentrarsi sul gioco. E ancora i record non potranno mai raccontare la finale degli US Open 2013 con Rafa che sconfigge Novak Djokovic per poi scoppiare a piangere per l’emozione proprio tra le braccia del rivale durante il saluto a rete.
I numeri dicono che a oggi Nadal ha l’82,78 % di vittorie (899 partite vinte – 187 partite perse). Sono statistiche impressionanti, ma quel 187 include la sconfitta al quinto set di Wimbledon 2007 contro Roger, al termine della quale Rafa racconta di essere crollato sotto la doccia e aver pianto per un’ora, disperato. Quel freddo 187 racchiude la sconfitta di Nadal a Melbourne 2012 per mano di Djokovic in una maratona tennistica che inchiodò sui divani di tutto il mondo milioni di appassionati e non solo. Una sfida che prosciugò i due contendenti e che arrise a Nole. Ma ecco che se vogliamo regalare un’anima ai numeri quel 899 ci insegna che dalle più terribili sconfitte ci si deve rialzare per tornare a vincere. Nadal lo insegna. E allora tanti auguri Rafa e cento di questi Roland Garros.
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