Rassegna stampa a cura di Daniele Flavi
La terra promessa di Cecchinato
Gaia Piccardi, il corriere della sera del 04.06.2018
«Io non perdo. Vinco o imparo». Se lo porta tatuato dentro, Marco Cecchinato, questo motto che ama ripetere su Instagram insieme al numero portafortuna (13) che si porta tatuato fuori, lato sinistro del costato, sotto il cuore. Ieri a Parigi ha vinto e imparato, tutto in un pomeriggio, come eliminare da uno Slam — da n.72 della classifica mondiale alla quinta presenza complessiva in un Major —11 n.9 del ranking, un bambino belga con la barba dal tennis raffinato ai confini con l’effimero, però capace al Master dell’anno scorso di battere Thiem, Nadal e Federer per poi arrendersi docilmente, in finale, a Dimitrov. Cecchinato nei quarti di finale del Roland Garros (come Fabio Fognini nel 2011, che spera di imitarlo oggi a patto di disinnescare l’artiglieria pesante di Marin Cilic sul centrale) è il risultato che qualche giorno fa, quando Marco remava su un campo parigino periferico per rimontare due set al primo turno a tale Marius Copil, romeno, pareva impensabile. E che a fine aprile, quando conquistava il primo titolo Atp a Budapest da lucky looser ripescato dalle qualificazioni, sembrava altamente improbabile. Ma poi le cose succedono, Cecchinato s’infila in uno spicchio di tabellone potabile ed è nella forma della vita, batte il romeno, poi quel Trungelliti che si è fatto dieci ore di auto con la mamma e la nonna da Barcellona a Parigi per approfittare del ritiro di Kyrgios, supera il temibile terricolo Carreno Busta ed eccolo lì, sul Lenglen, elettrico sotto i riccetti scuri al cospetto di David Goffin e del suo tennis da scacchista. O vinci, o impari. Ed è in quel momento, infilato dentro un match godibilissimo in quanto giocato a velocità non siderali da due artigiani che amano costruire il punto anziché bombardarsi (però il servizio dell’azzurro in pochi mesi è diventato un signor servizio: 8 ace, 68% di prime palle), che Marco cala sul campo tutti i progressi compiuti con coach Simone Vagnozzi («Sapevo che stava giocando bene ma chi se lo aspettava un risultato così…?»), l’ottima preparazione invernale in Spagna, il miglioramento del dritto con cui conduce lo scambio, l’uso sapiente della smorzata, i tagli della palla con cui mortifica in quattro set (34 vincenti contro 51 errori non forzati dell’avversario) la resistenza di un Goffin ripiegato su se stesso e alla fine tumefatto. Cecchinato contro Djokovic, o quel che ne resta, è la sfida nei quarti che non ti aspetti. «Un piacere, un onore, un sogno affrontare Novak a Parigi» dice Marco travolto dall’emozione e la favola sarebbe davvero perfetta se qualche pagina non contenesse il retrogusto amaro di una squalifica a i8 mesi (poi ridotti a 12) con multa di 4o mila euro (poi ridotti a 20 mila) per scommesse illecite, un reato contro cui il palermitano si è sempre battuto e di cui non ha più nessuna voglia di parlare. Non nella domenica del riscatto, è ovvio, che finalmente — a 25 anni — dà senso allo zio Gabriele che ti porta in campo a 6 anni, al trasloco in Trentino per maturare, allo stop forzato con gogna mediatica, alla ripartenza (quasi) da zero con (speriamo) nuova consapevolezza. Presente, a Parigi, e futuro sono Marco Cecchinato, tifoso del Milan (idolo Maldini), bravo a rialzarsi. «E il giorno più bello della mia vita». Il primo, forse, di molti.
L’incredibile scalata di Cecchinato
Stefano Semeraro, la stampa del 4.06.2018
Al primo turno era sotto due set a zero contro il romeno Marius Copil, numero 94 del mondo, da Arad, Romania. Domani si gioca i quarti di finale del Roland Garros contro Novak Djokovic, ex numero 1 del mondo: dieci giorni, una vita. E i colpi giusti per cambiarla, al centro esatto del tennis. L’autore del balzo – grande per l’Italia, enorme per lui — è Marco Cecchinato, anni 25 da Palermo. Venerdì aveva sverniciato il n.11 del mondo Pablo Carreno Busta, ieri ha spostato fuori dal torneo David Goffin, il n.9, magari anzi certamente non nella sua giornata migliore («avevo male al di energie») ma questo, adesso, importa relativamente. Il succo è che in attesa di Fabio Fognini, che oggi pomeriggio negli ottavi proverà ad abbattere il n.4 del mondo Marin Clic, abbiamo un italiano nei quarti di Parigi: il 6° dell’era Open, i114° di tutti i tempi (e il 42° in assoluto negli Slam). Il primo dopo Fabio Fognini che però nel 2011, infortunato, non riuscì neppure a giocare contro il suo avversario designato: Novak Djokovic (e poi non dite che il Caso non si diverte). II fiuto di coach Sartori In numeri vuol dire che Marco, che ha iniziato l’anno da numero 109 del mondo, oggi è virtualmente numero 42. Che incasserà, male che vada, 380 mila euro (in tutta la carriera ne aveva visti 789 mila e spiccioli). E adesso, dopo una settimana di storpiature, tutti, persino i francesi, sanno pronunciare correttamente il suo cognome. Quantificare e spiegare il miglioramento di chi per anni ha galleggiato tra il n.100 e il 200 del ranking mondiale, e ora è lì a bussare alla porta dei sogni, è un filo più complicato. «Marco è sempre andato in campo convinto di vincere – prova ad azzardare il suo coach Simone Vagnozzi Doveva solo sbloccarsi». Vagnozzi tre anni fa ancora giocava, appesa la racchetta non aveva più voglia di viaggiare. Quando però Massimo Sartori, il secondo papà di Andreas Seppi, gli ha messo davanti il progetto-Cecchinato, non ha saputo resistere: aveva visto la stoffa giusta. La svolta a Montecarlo Le sue qualità tecniche O o L’arma è il diritto È il suo colpo storicamente più forte: lo gioca in spinta da fondo, carico di top-spin. Il resto, dopo lo stop per un affaraccio di scommesse di cui Marco non vuole più parlare, lo ha fatto una preparazione invernale come il dio del tennis comanda, tanto lavoro sul rovescio – un colpo che il «Cech» usava quasi solo per difendersi – e sul servizio, miglioratissimo. Il padre di tutti i colpi per chi in campo non pensa solo a succhiare le gomme e gli errori altrui, ma vuole anche aggredire. Il click è arrivato a Montecarlo: «Lì ho capito che potevo giocarmela con i migliori». La conseguenza sono il primo titolo Atp a Budapest, la vittoria su Fognini a Monaco, l’arrampicata di sesto grado in classifica. Djokovic lo conosce bene («ci siamo allenati a Montecarlo e all’accademia di Riccardo Piatti») , il Cech non cerca modelli: «Semi sento più simile a Wawrinka o a Kuerten? Io vorrei assomigliare a Cecchinato – butta li guascone -. Cosa è cambiato da quando giocavo i Challenger? La continuità, prima avevo alti e bassi, qui sono stati fondamentali i due set rimontati a Copil, una botta di fiducia. È il momento migliore della mia vita, un sogno. Adesso proverò a battere anche Nole: mi ci sono allenato tanto, che entrerò in campo convinto di potercela fare». E i sogni, si sa, aiutano a vincere. — Bene servizio e rovescio Ci ha lavorato molto e adesso con il rovescio fa male e serve bene anche la seconda palla. 0 Vulnerabile sul cemento Sulla terra battuta ormai è temibile, deve sviluppare un gioco buono per il cemento.
Cecchinato, che impresa!
Daniele Azzolini, tuttosport del 4.06.2018
L’abbraccio alla terra è incantevole. Il Ceck vi si distende come su un letto morbido e in grado di avvolgerlo. Forse è un sogno a occhi aperti, ma quel letto di terra rossa, cosí granulosa, pesante, è la cosa più concreta che vi sia. Marco ride. Si guarda attorno e ride di più. Si volta verso i suoi che stanno ancora urlando i ringraziamenti alle divinità del tennis. Li guarda, scuote la testa, sembra chiedersi se sia diventato un altro uno talmente matto da essersi messo in testa l’idea meravigliosa di poter battere chiunque. Ha appena messo a segno il punto del match. 11 primo, ma uno è più che sufficiente. Non poteva sbagliarlo, né lo avrebbero fermato in altro modo. Ha costruito un match perfetto e ha battuto il numero 9 del mondo, David Goffin in quattro set, prima facendogli capire le sue intenzioni, poi accettando di buon cuore la replica, infine quasi divorandolo negli ultimi due set. Marco Cecchinato è ai quarti del Roland Garros,11 dovevi era giunto Fognini nel 2011, e prima di lui Panatta cinque volte dal 1972 al 1977, Barazzutti due (1978,1980), Bertolucci nel 1973 e Furlan nel 1995… Ora lui, il Ceck, quello che non aveva mai superato un turno nello Slam. «$ il mio match perfetto. Ora so cos é, com’è fatto. Lo aspettavo. Ed è bellissima Una sensazione unica, uno struggimento mai provato», dice, mettendo insieme pensieri, parole, stati d’animo, tutta Goffin lo aveva piegato due volte, l’ultima quindici giorni fa a Roma Marco gli aveva soffiato il primo set, l’altro si era preso gli altri due con apparente facilità. Ma ieri non poteva andare allo stesso modo. Quando Goffin ha chiuso il secondo set a suo favore, Marco è tomato in gioco con tale autorità che il belga c è quasi rimasto male. Non se l’aspettava. Con foga, l’italiano s é preso sei game, l’uno via l’altro. Poi ancora uno. Ma 11, all’inizio del quarto, Goffin ha tentato ancora uno scatto, è andato avanti di un break Troppo poco… Cecchinato l’ha arpionato e trascinato via, l’ha ripreso, superato, non ha lasciato più niente. I match perfetti sono anche i più dolorosi, per chi è costretto a subirli. E Goffin era a pezzi. Se Marco ha un merito, è quello di far sembrare tutto normale. Non si propone, su ogni di colpo, di mostrare a chiunque i motivi che lo tengano a buon diritto 11, a battagliare coni molto forti che fino a tre mesi fa erano quelli «che vedevo in tivvù». Non avverte l’urgenza di farsi accettare dai protagonisti di quel circuito che ha lungo l’ha respinto, obbligandolo a una vita da tennista di seconda categoria, da panchinaro in perenne attesa che si liberasse un posto. E non prova l’uggia di un riscatto a qualsiasi costa Il Ceck è un tipo listo, trasparente, uno senza trucchi e senza inganni, malgrado l’avessero quasi incastrato con una storia di scommesse, finita con un proscioglimento che gli ha restituito la tranquillità («la vita», dice lui) e ha contribuito a determinare questa improvvisa fioritura tennistica, ritardata quanto esplosiva Un fioritura di consapevolezza e di liberazione. Cosi, tutti quei buoni motivi che l’hanno trasformato in un altro giocatore, Cecchinato semplicemente li espone già all’inizio dei match, in bella vista, senza infingimenti. Parla chiaro, dice subito chi è, non fa il prestigiatore. Seritienecheil match sia tattico, opera con calma sul tracciato che si è dato, non deroga, non cerca colpi impossibili, né prova il bisogno di stupire, men che meno se stessa Va dritto alla meta. Gli serve tempo? Si prende il tempo necessaria Individua una qualche fragilità nella scacchiera predisposta dall’avversario? La porta al centro della disputa, e sudi essa punta i riflettori e opera tutto lo sforzo necessario. E’ un giocatore ordinato, il Ceck, ma non ordinario. Ha un servizio ben costruito, ficcante. Il rovescio a una mano sa come aprire i varchi nelle altrui difese. Il dritto è pesante. Ed è un buon corridore, anzi, più che buono: instancabile. «Ma la vera differenza con il passato è che ora sono determinato, vado in campo pronto a battermi senza timori, mi sento pronto a vincere, e se non succede pazienza, so già che avrò dentro la forza per provarci di nuovo e magari riuscirvi». Non è finita.
Il Roland Garros di Cecchinato è sempre più incredibile
Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 4.06.2018
E’ la sera dei miracoli, una sera così dolce che si potrebbe bere. Champagne e Cecchinato, meno di 2 mesi per una rivoluzione dello spirito che cambia la vita, i sogni, le prospettive, qualunque cosa adesso possa accadere da qui all’eternità. A metà aprile il Ceck perdeva al 1° turno del Challenger di Barletta da Milojevic, numero 197 del mondo, domani respirerà l’aria dorata e benedetta dei quarti del Roland Garros, 14° italiano della storia ad appuntarsi al petto la medaglia nel tempio della terra rossa. A tenerlo a battesimo nella giornata meno attesa e più importante di una carriera tutta in divenire, troverà Djokovic, titano magari un po’ ammaccato ma pur sempre campione parigino di 2 anni fa e detentore di 12 successi Slam. Da un serbo all’altro, dai meandri del sottobosco tennistico alla terrazza con vista sulla Tour Eiffel. Ci sarebbe da tremare, se non fosse che Marco, da una settimana, viaggia ad altezza paradiso e più pensi che lo manderanno giù, più lui si tira su Cecchinato è una scoperta, per sé e per gli altri, a ogni punto, a ogni game, a ogni partita. Fino a Montecarlo, non aveva mai vinto un match in un Masters 1000. Fino a Budapest, la settimana dopo, non era si era mai spinto oltre il secondo turno di un torneo Atp, e da lucky loser ha alzato la coppa. Fino a una settimana fa, aveva giocato quattro partite Slam in tre anni, tutte perse. E all’esordio al Bois de Boulogne, contro il romeno Copil, non certo un gigante della racchetta, si ritroverà sotto due set a zero e, nel quinto set, sul 5-4 per l’altro, vedrà la sconfitta a soli due punti. Porte scorrevoli. Da quel momento, sboccia un nuovo eroe. Più sale il livello, più crescono gioco e fiducia in se stesso. Fino alla sublimazione di ieri contro Goffin, il 9° giocatore del mondo, un califfo della terra e un computer che rimanda tutto indietro e non ti dà coordinate. Eppure Marco, sconfitto dal belga a Roma 15 giorni fa dopo una bella lotta, lo scardina, lo con 380 fonde e alla fine lo travolge nel modo più intelligente e incisivo, con la pressione continua, l’aggressività, il controllo dello scambio, perché se lasci che David tessa la sua ragnatela, il veleno diventa letale. Per applicare il piano, occorre servire con percentuali alte e senza concedere riferimenti, e Ceck esegue alla perfezione (appena due break subiti). Ma poi c’è anche il dritto con cui scavare le buche negli angoli, c’è il rovescio che da colpo solo d’appoggio che era, ora morde con costanza, specialmente in lungolinea. Soprattutto, c’è la dote più straordinaria del palermitano, la tigna nel non abbattersi mai, nel rimanere sempre dentro il match anche quando si sbaglia una facilissima volée a metà del secondo set e l’inerzia d’improvviso cambia, trasformandoti da dominatore a dominato. Ma durerà poco, Goffin era stato furbo a chiedere un time out medico per piegare mentalmente una sfida che gli stava sfuggendo, Marco alla fine del parziale perso si concederà un break negli spogliatoi e al rientro tornerà il martello inavvicinabile di prima. Fino al 3-3 del quarto set, quando la sua nuova dimensione, il suo carattere, l’enorme autostima maturata in questi due mesi da favola trovano l’apoteosi nella delicatissima palla break annullata con un servizio vincente, l’ultimo pericolo. Nel game successivo, alla quarta opportunità, strappa il servizio al belga e si invola, quarto italiano dal 1981, quando un Panatta al crepuscolo superb Solomon, a battere un top ten al Roland Garros. INATTESO Non finirà qui, neppure se da pronostico l’avventura dovesse terminare contro Djokovic e la classifica, di conseguenza, rimanere al n. 42 virtuale di adesso, 30 posizioni più su rispetto all’avvio del torneo. Perché l’orizzonte del Ceck ha confini inesplorati, come confessa coach Vagnozzi, l’uomo della rinascita: «Sapevamo che aveva margini enormi di miglioramento, ma non mi aspettavo arrivassero così presto. Però potevo immaginarlo, a Ginevra dopo la sconfitta al primo turno contro Seppi si allenò due ore e mezza. Con questa costanza, arrivi dappertutto».
Cecchinato «non voglio svegliarmi»
Valentina Clemente, il corriere dello sport del 4.06.2018
Sto vivendo il momento più bello della mia carriera, non svegliatemi. Potrebbe essere davvero difficile descrivere la gioia di Marco Cecchinato dopo questo nuovo traguardo, ma per capirlo basta guardare il suo sguardo fiero, quello di colui che sa d’esser entrato in un circolo per pochi: con la vittoria contro David Goffin, Marco è diventato il settimo italiano nell’era Open a raggiungere i quarti del Roland Garros, un successo che gli ha aperto un mondo letteralmente nuovo. Il siciliano si è imposto in quattro set (7-5 4-6 6-0 6-3) riuscendo a portare a casa la prima sfida contro il belga, contro cui aveva perso i due precedenti (a Roma poco più di due settimane fa e l’altra in un challenger in Marocco nel 2014), disputando una partita quasi senza sbavature, eccezion fatta per il secondo set dove ha perso più di un’occasione per accorciarla, viste le ben cinque palle break non convertite. Tuttavia, come ha affermato lui stesso, è riuscito a resettare il “passaggio” sbagliato, concentrandosi solo sui i game successivi, salendo sempre di più rispetto al livello dell’avversario. «Ho perso un set dove ho avuto tante possibilità ed è stato un peccato, però sono andato in bagno, ho riordinato i pensieri ed ho pensato solo al proseguimento del match. Semi fossi soffermato su quell’episodio, sicuramente avrei perso l’incontro. Sono partito bene nel terzo e penso che il momento più difficile è stato salvare la palla break sul quarto, quando lui stava salendo di livello mettendomi tanta pressione sulla risposta. Mi sono sentito sempre dentro il match, sentivo che ero io a dettare i tempi, nonostante non sia facile far muovere Goffin, perché di solito è lui a togliermi il tempo. Questa volta invece ero io che comandavo lo scambio e penso di aver giocato un match praticamente perfetto, nonostante le palle-break non convertite infatti ero sempre io a spingere. Sono rimasto nel match, ho continuato a giocare un tennis aggressivo e l’ho messo in difficoltà fino a portare a casa la partita». Con la nuova vittoria Cecchinato ha raggiunto il 42° posto nel ranking mondiale (con un montepremi di 380.000 euro), ma guardando indietro la sua storia racconta di un percorso lungo, fatto di tante tappe e scelte, forse non sempre esatte, ma che sono servite a condurlo fin qui. «La mia famiglia è stata fondamentale in questo percorso, perché mi hanno sempre sostenuto: a 17 anni mi hanno permesso di andare a Caldano, con Sartorie Seppi, su consiglio di mio cugina In seguito ho girato un po’: ho passato cinque anni a Bordighera, ma negli ultimi due penso di aver fatto davvero il salto di qualità con ll mio team attuale (Simone Vagnozzi, coach, e Umberto Ferrara, preparatore atletico – ndr) e ora so che devo spingere e dare il massimo, continuare ad entrare in campo con questa determinazione. Prima magari mi sarei accontentato del risultato contro Carreno Busta, invece oggi ho fame di vittorie». Ora ad attenderlo ci sarà Novak Djokovic 42 del monde Arrivato a Parigi da 72 del mondo, con il successo di ieri Cecchinato sarà almeno 42 nella prossima classifica post Roland Garros e se fino a qualche tempo fa la sfida sarebbe stata una missione impossibile, o g2′ Marco vuole crederti, anche perché Nole lo conosce bene, visto che è stato spesso suo sparring a Montecarlo, anche se poi Ira allenamento e partita c’è un lavoro lungo da preparare. «Mi sono allenato tanto volte con lui e lo conosco bene. Ma ora non voglio pensare al suo passato perché quando era numero 1 del mondo non avrei avuto margine.
Ascesa Cecchinato qualcosa succede . . . nel tennis italiano
Paolo Rossi, la repubblica del 4.06.2018
A testa alta, la fronte spaziosa. Avanza così, felice e orgoglioso, Marco Cecchinato, e il suo volto è anche quello dell’Italia del tennis. Sorridente. A Parigi è successo qualcosa. Di bello, di inatteso e di incompiuto. Un azzurro etra i primi otto, un altro – Fabio Fognini – si giocherà la sua chance oggi pomeriggio contro Cilic. Il Roland Garros ha premiato il coraggio di questo ragazzo di Palermo. Bisogna chiamarlo ragazzo, Marco Cecchinato, altrimenti si risente perché «a 25 anni non sei tra i vecchi». Ha battuto il belga David Goffi, numero 9 del mondo, diventando il nono italiano dell’Era Open (dal 1968) ad aver ottenuto i quarti in uno Slam. Lo aveva anticipato, senza sprezzo del pericolo e dello scherno, alla vigilia: «Non voglio che il mio Roland Garros finisca». Sbruffone? Presuntuoso? No, pura sicilianità, con sviluppato istinto per la sopravvivenza. Perché per giocare a tennis è andato al Nord, con una triangolazione Bolzano-Bordighera- Bologna, grazie ai buoni uffici di Gabriele Palpacelli, zio e dirigente del tennis siculo. «Ho lasciato Palermo quando avevo 17 anni, ed essendo figlio unico il distacco con la mia famiglia non è stato facile, soprattutto per chi vive il legame con la famiglia in maniera intensa come noi italiani, specialmente al sud. Da Palermo mi sono trasferito a Bolzano, in un ambiente molto diverso rispetto alle mie zone di provenienza. Stare lontano da casa all’inizio è stato molto difficile per me, però avevo chiaro l’obiettivo e che fosse questa la strada necessaria». Il teen ager Cecchinato era finito nelle mani di Andreas Seppi, cui Max Sartori aveva chiesto di fargli da tutor extra tennis, non prima di averlo affrontato a muso duro per testarne lo spessore: «Marco, puoi restare qui con me un mese, vediamo…». Quel mese è poi diventato molto di più. «Vidi che si adattava alle situazioni, che voleva migliorare. Che ascoltava. Ma a modo suo: Cecchinato è un ragazzo che va convinto, altrimenti non ti segue» racconta oggi Sartori. Così cominciarono a modificargli il diritto, e sembrava che il percorso verso la crescita fosse fosse imboccato. «Ma la vita ha degli imprevisti e io dovetti dirgli che non potevo più seguirlo per miei problemi personali» racconta ancora Sartori. Erano trascorsi due anni, e il giovane Cecchinato – ormai maggiorenne – s’era appena tuffato nel mondo professionistico, cominciando ad assaggiarne gli ostacoli. «Bisogna mantenere la lucidità di capire che l’attesa non è una sconfitta: se si riesce ad affrontare le tappe molto lunghe mantenendo l’attenzione su quanto si sta facendo, si evita la bruttissima sensazione che aspettare per tanto tempo un miglioramento sia una sconfitta. Bisogna conservare la certezza di star compiendo un percorso in maniera attiva verso la tappa successiva. Questo ti dà forza, anche quando serve molto tempo perché arrivino i risultati». Da Bolzano finisce a Bordighera, ed è Cristian Brandi, con intuizione e lavoro certosino, a sistemargli il rovescio a una mano, oggi il vero colpo in più di Cecchinato. Le cose sembrano mettersi per il meglio? No, perché scivola su un caso scommesse: «La negatività non ha come unica sorgente il campo, ma parte da problemi nella vita privata che in qualche modo si ripercuotono nei tuoi pensieri: nel 2016 ho avuto molti momenti negativi nei quali inevitabilmente mi sono confrontato con vari dubbi» ha scritto una volta, ricordando quei momenti dolorosi di cui non vuol più parlare in questi momenti di festa. Sopravvive, vuole ricominciare. Ha sassolini da togliersi. Dove? Con chi? Dietro le quinte c’è ancora Max Sartori che gli suggerisce Simone Vagnozzi, suo ex allievo e volenteroso di intraprendere il coaching. Due ambiziosi con lo stesso obiettivo. Ecco come nasce, a Bologna, una eccellenza sportiva quasi fatta in casa. «Avete visto che tipo è Marco: gioca senza paura, va ad affrontare la partita come il mondo esterno, incurante dei se e dei ma…» dice il coach.
Cecchinato impresa ai quarti
Marco Lombardo, il giornale del 4.06.2018
Il sogno continua, e sembra quasi una favola che da Djokovic si torni a Djokovic. Sette anni fa Fabio Fognini arrivò nei quarti di finale del Roland Garros ma non potè giocarsela a causa di un infortunio. Adesso tocca a Marco Cecchinato, che si troverà davanti il serbo in una partita che nessun bookmaker avrebbe potuto indovinare ad inizio torneo. Perché forse neppure lui lo avrebbe mai potuto sognare. Un italiano nei quarti di uno Slam è quella cosa che fa scartabellare immediatamente almanacchi e statistiche. Figurarsi se poi gli italiani saranno due (ultima volta nel 1973 sempre a Parigi, Panatta e Bertolucci), visto che oggi proprio Fognini se la giocherà con Cilic. Che è favorito ma a questo punto chissà. Intanto c’è da celebrare un palermitano con la testa dura e il gioco fino, che non si è mai fatto abbattere dalle avversità e che ieri ha sfidato e vinto il belga senza mai distrarsi dal suo piano. È finita in quattro set (7-5, 4-6, 6-0, 6-3) e massi, certo, Goffin a un certo punto ha chiamato il medico perché gli faceva male un braccio e poi una gamba e poi un po’ tutto. Ma la verità è che Cecchinato ha giocato alla grande, «perché noi italiani – aveva detto Fognini giusto sabato – giochiamo proprio bene». Tanto che, comunque vada d’ora in poi, la vittoria contro il numero 10 del mondo vale a Marco il posto 42 nel ranking. E i 380mila euro di premio. Il sogno continua, e a questo punto il tennis italiano pub veramente destarsi dal suo torpore dopo anni bui alla ricerca di qualcuno che risvegliasse gli uomini: forte di un torneo (quello di Roma) ormai a livello mondiale, adesso c’è un gruppo di eroi che comincia a correre verso la gloria per fare cib che le donne hanno già ottenuto negli anni della loro pigrizia di risultati. E non è un caso che tutto cib avvenga quando finalmente il movimento sembra andare dalla stessa parte: tecnici, giocatori e dirigenti. Se si riuscisse a dimenticare i restanti (stantii) rancori sarebbe perfetto. Nel frattempo festeggiamo Cecchinato, protagonista della partita perfetta: una partenza alla grande, un set per rifiatare («ho sprecato un po’ di occasioni, allo stop sono andato in bagno e ho resettato»), un incredibile infilata a zero, un quarto parziale rimasto in bilico fino a quando – un break sotto – Marco ha deciso di buttarsi oltre l’ostacolo («ad un certo punto non sapevo più cosa fare per arginarlo, per fortuna ho servito bene»). E a quel punto, dopo l’ultimo meraviglioso rovescio, è stato il tempo di gettarsi quasi in lacrime sulla terra rossa più bella del mondo: «Pazzesco: al primo turno ero sotto due set a zero e adesso invece mi ritrovo nei quarti, dopo aver eliminato due giocatori di alto livello come Carreno Busta e Goffin. Per me è indimenticabile. Adesso mi tocca Djokovic: più che una sfida è un onore. Pere’, posso dirlo? Con lui mi sono allenato più volte, e ora non è come quando dominava. Insomma: proverb a vincere. Anzi: voglio vincere. Prima pere’ è meglio che faccia un massaggio e una bella doccia. Questo è il giorno più bello della mia vita». Il Roland Garros insomma inizia la seconda settimana e noi ci siamo con i piedi ben piantati dentro. Oggi speriamo ancora con Fognini, nel giorno in cui Parigi in realtà aspetta solo di vedere Serena Williams e Maria Sharapova di nuovo una contro l’altra dopo tanto tempo. Diciamolo: questa volta le due regine ci scuseranno, ma l’Italia del tennis ha altro a cui pensare. E per cui sognare.
Cecchinato adesso non si ferma più
Ubaldo Scanagatta, il Quotidiano Nazionale del 4.06.2018
All’inizio dell’anno Marco Cecchinato non era più neppure uno dei primi 100 tennisti del mondo. Lo era stato brevemente solo nel luglio 2015. Poi c’era stato un processo per presunte scommesse e cinque capi d’accusa a suo carico per un match giocato in Marocco con un polacco. Per vizi procedurali (e fortuna) il presunto reato sportivo è caduto in prescrizione. A gennaio 2018, dopo 5 tornei future e 4 challenger vinti, era n.109. OGGI Marco, che ha battuto (75 46 60 63) anche il belga Goffin, n.9 del mondo dopo aver messo ko, sempre in 4 set, anche lo spagnolo Carreno Busta n.11, a dispetto dell’attuale classifica (n.72), si trova ad essere il primo siciliano a raggiungere i quarti del Roland Garros ed è già virtualmente n.42, comunque vada la sua sfida a Novak Djokovic domani. «Non ci credo, sto sognando… con Djokovic ho giocato tante volte in allenamento, ma incontrarlo nei quarti a Parigi dopo aver battuto due dei migliori tennisti del mondo è incredibile», dice lui che, qualche settimana fa, aveva vinto il primo torneo Atp a Budapest, poi battuto Fognini a Monaco… ma qui, dopo 4 ko al primo turno in 4 Slam, era sotto 2 set a 0 con il rumeno Copil, n.94, e ci ha vinto solo 10-8 al quinto. «Lo sport a volte crea situazioni che paiono miracoli», commentava Fabrice Santoro dopo l’intervista sul campo a Cecchinato, con gli occhi rossi di lacrime e la maglietta imbrattata di terra rossa per essersi sdraiato lungo disteso a matchpoint trasformato. L’ultimo italiano a raggiungere i quarti (contro Djokovic, ma non li giocò perché infortunato) è stato Fognini (2011). Prima di lui altri cinque italiani: l’italo-australiano Mulligan nel ’70, Panatta 5 volte (12, ‘73,15;76 e `77), Barazzutti 2 (18 e `80), Bertolucci una (73) come Furlan (’95). Difficile spiegare come si sia verificata tale improvvisa metamorfosi. Cecchinato, figlio di un direttore di un’Asl di Palermo, era persuaso di fare il professionista di tennis sin dall’età di 16 anni. E’ UN bell’atleta, ha un rovescio a una mano che ieri pareva un po’ quello di Guga Kerten, più che quello più poderoso di Stan Wawrinka, ma doveva essere un po’ confuso quando, sentendoselo dire, ha risposto: «Non voglio assomigliare a nessuno, preferisco avere il rovescio di Cecchinato». Ci sta. Per lui sono le prime affollate conferenze stampa. Goffin ha forse pagato i 5 set lottati con Monfils. Aveva salvato 4 matchpoint: «Mi sentivo stanco mentalmente, più che fisicamente». Panatta vinse qui il torneo del ’76 annullando un matchpoint. Come Sascha Zverev l’altro giorno con Dzumhur, e ieri ha rivinto il terno match di fila al quinto set rimontando da due set a uno, con Khachanov. Nella vita insieme alla bravura anche un po’ di buona sorte non guasta. E stasera Fognini cerca un’altra impresa contro Cilic (n. 4 Atp) nell’ultimo match del lunedì sera. Le interviste dei protagonisti su www.ubitennis.com