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Andrei Medvedev, eri numero 104 ATP quando sei arrivato in semifinale al Roland Garros nel 1999. Non avevi ancora compiuto 25 anni. Chi battesti?
Chi battei? Allora, allora… Al primo round, Pescariu. Poi Sampras. Poi Byron Black, Arnaud Di Pasquale. Guga, Kuerten. E Meligeni. Kuerten era stato campione nel 1997 quindi era ovviamente il super-favorito alla vigilia del nostro incontro.
Una storia simile a quella di Cecchinato, che ha 25 anni e ha iniziato questo torneo da numero 72 ATP. Ma la differenza è che tu non arrivavi dal nulla, avevi già vinto qualche titolo.
Sì, ma la differenza qui a Parigi è sempre il tennis. La mia opinione personale – che finora non ho cambiato perché non ho visto nulla che mi abbia spinto a farlo – è che chi sa giocare bene sulla terra del Roland Garros, chi impatta la pallina in modo pulito e la riesce a “far sedere” sulla propria racchetta ha la chance di battere chiunque, eccetto magari Nadal. Ma per come stava giocando Schwartzman contro di lui ieri, insomma, è lui che ha lasciato andare il secondo set, avrebbe dovuto vincerlo. Quindi significa che anche Nadal può essere battuto, se giochi bene. E Marco sta giocando molto bene, questa settimana. Ho guardato quasi tutto il terzo e quarto set della sua partita contro Djokovic, oltre a una gran parte dell’inizio. Nel tie-break finale il ragazzo non ha commesso errori gratuiti, mai in 24 punti, quando sarebbe stato normale per chiunque nella sua posizione tremare e finire al quinto set. Ha avuto così tanti momenti in cui poteva sbagliare, e non lo ha fatto. Questo vuol dire che sa giocare, e che può farlo al livello più alto, nei momenti di pressione. Non c’è nulla che pesa sulla sua schiena in questo momento, proprio come mi sentivo io nel 1999. Ero soltanto contento di star giocando di nuovo a tennis dopo l’infortunio al polso, era il mio primo torneo con le nuove racchette, combattevo per ogni punto. E anche lui combatte per ogni punto, non vuole perdere, dà tutto quello che ha e onestamente penso che abbia qualche possibilità contro Thiem, che pure sta colpendo molto pesante, molto profondo, molto tutto. Se Marco riesce a trovare uno spiraglio per prendersi i propri punti, e far sì che l’avversario si ammorbidisca, può vincere. Persino in tre set, magari. Io battei Kuerten in tre. Resi delle persone ricche e delle altre persone povere, perché nessuno se lo aspettava. Alcuni vennero da me a dirmi: “Grazie, mi hai fatto vincere una fortuna. Ho guadagnato 1000, 2000 dollari”…
In termini di stile, il rovescio di Cecchinato ti ricorda quello di Kuerten? Ha un modo simile di aspettare la palla.
Dal lato del rovescio non sbaglia. Sembra molto in fiducia, abbastanza da cercare sempre il colpo vincente. Devo osservarlo meglio, da bordo campo, per commentare la tecnica, perché ci sono alcuni dettagli molto personali. Ma dalla televisione si vede che sa andare lungolinea, incrociato, alto sopra la rete, giocare un dropshot… Quello che mi piace più di tutto però è che non trema. Pensa alla situazione: due set a zero sul Suzanne-Lenglen, sta facendo buio, tutto il pubblico riempie lo stadio perché gli altri incontri sono terminati, Novak sta iniziando a rimontare. E Novak non gli ha regalato quel tie-break, non è che abbia fatto tutti questi errori. è Marco che se l’è preso. Sembrava impossibile, fino alla fine.
Qual è la tua opinione generale su di lui adesso?
Sembra un bravo ragazzo, semplice. Quello che mi impressiona è la sua stabilità, la sua personalità. Non si è montato la testa, ma non è neppure uscito mentalmente dal torneo. Molti altri giocatori sarebbero stati soddisfatti di una semifinale, contenti di ricevere tutte queste congratulazioni. L’ho visto oggi e sembra contento, ma non si sta godendo il momento e basta. Ovviamente non avevo mai sentito parlare di lui prima di questa settimana, come molti altri di noi. Non è che fosse: “Oh sì, lo stavo seguendo da un po’ di tempo”. Non avevo idea di chi fosse.
Neppure gli allenatori italiani la avevano: nessuno di loro vedeva del potenziale in lui.
Questo la dice lunga sugli allenatori italiani (Ride). Magari spiega la situazione del tennis italiano, si potrebbe dire… Ho anche letto molto giornali prima del quarto di finale contro Djokovic, e tutti scrivevano di quale sarebbe stato il suo ranking dopo il torneo con quel risultato agli ottavi, ma nessuno considerava che avrebbe potuto vincere un altro match. Nessun: “E se dovesse battere anche…” Ok, Marco ha giocato oltre il suo livello e magari Novak non ha giocato così bene all’inizio. Ma a un certo punto è salito di livello e ha iniziato a giocare come sa fare, e il modo in cui Cecchinato ha comunque preso il match dalle sue mani è impressionante. Chiunque capisca il tennis capisce la portata di questa impresa. L’unica cosa che mi dispiace per lui è che adesso, ai prossimi tornei che giocherà, gli avversari non lo affronteranno come Marco Cecchinato ma come il semifinalista del Roland Garros. Ogni incontro sarà difficile, dovrà essere preparato. Perché tutti vorranno sconfiggerlo per capire qual è davvero la situazione.
Il prossimo torneo sarà su erba, una superficie dove Cecchinato non ha mai vinto un incontro.
Ma con i colpi che ha, se mette quelle palle negli angoli anche sull’erba, può vincere i punti in uno o due colpi invece che in tre o in quattro come adesso. E poi sull’erba ora il rimbalzo è quasi alto come quello sulla terra, quindi sono soltanto gli spostamenti ad essere diversi. Non c’è bisogno di fare serve and volley a tutti i costi, puoi anche rimanere a giocartela da fondo.