Ceck out (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Tutti in piedi. Ci sono quindicimila cuori che palpitano d’affetto e trentamila mani che battono ritmicamente il loro amore per «l’Italien». Fino al quel «Marco, Marco, Marco» prolungato, fragoroso e da brividi che vale più di un’incoronazione: è l’ingresso nel tempio dalla porta principale. Dopo due settimane diventate d’un botto la meravigliosa esplorazione di un mondo completamente nuovo, l’avventura di Cecchinato si arresta in semifinale contro l’unico uomo che negli ultimi due anni è stato capace di piegare Nadal sulla terra. Onore a Thiem, il più forte in campo di un pomeriggio che noi italiani aspettavamo da quarant’anni, ma la sconfitta del Ceck non è certo una pagina di dolore. Piuttosto, l’annunciazione di un avvento: abbiamo un campione. Perché non si può che immaginare un cammino di gloria per chi è riuscito in 13 giorni a trasformare nel giardino di casa lo Slam più difficile e dispendioso, senza aver mai vinto una partita a questo livello prima di scendere in campo contro Copil nel turno inaugurale, il match che ha scatenato la rivoluzione. L’EREDITA’ Di queste due settimane scarse della corsa di Cecchinato resteranno vittorie straordinarie contro un top ten (Goffin), contro il numero 11 (Carreno) e contro un monumento in disarmo eppur sempre titanico come Djokovic; la forza mentale per scavalcare momenti che scottavano e la pressione montante; la passione che ha saputo convogliare attorno a sé in un ambiente ormai quasi sterilizzato dai soliti noti; il coinvolgimento di tutta l’Italia, ammaliata dalla storia di un eroe improvvisato e generoso; l’enorme credibilità regalata al nostro tennis, apparso finalmente in grado di esprimere un giocatore di valore anche sotto i trent’anni, e che a giugno si ritrova con Marco numero 13 e Fognini numero 14 nella Race, la classifica annuale che conduce fino al Masters di novembre. Un sogno. COLPI DA CAMPIONE Che Thiem, secondo finalista austriaco al Roland Garros dopo Muster (re nel 1995) e appena secondo finalista Slam di sempre nato negli anni 90 (Raonic a Wimbledon 2016 il precedente), spezza ma non soffoca davanti ai cinquanta tifosi personali del Ceck arrivati in mattinata, facendo pesare quando più conta il blasone da numero 8 del mondo e da grande interprete del rosso. Dominator scava innanzitutto la differenza con il servizio, concedendo solamente 11 punti con la prima, e rispondendo dai teloni disinnesca alla lunga la battuta dell’italiano, senza contare che quei colpi a rimbalzo alti e pesanti sono difficili da contrattaccare, tanto che l’avversario, segnale esemplare, non otterrà neppure un vincente dal rovescio, che aveva fatto danni con gli altri. E poi, comprensibilmente, per la prima volta il palermitano sente le gambe impastate dalla tensione, e così i formidabili recuperi in allungo con il dritto restano spesso incompiuti. Eppure, per i 109 minuti dei primi due set, eccome se c’è partita, e Thiem deve chiedere al talento e all’esperienza di toglierlo dall’impaccio, ad esempio con il fantastico dritto vincente che corona uno scambio di 20 tiri e gli dà il break del 6-5 nel primo set. O ancora nel tie break del secondo parziale, una replica di quello mozzafiato di Cecchinato contro Djokovic, quando dapprima sciupa due set point con altrettante volée sciagurate, ma poi ne annulla tre all’azzurro con due servizi vincenti e una palla corta dalle tribune. Scampato il pericolo, l’austriaco non si volterà più indietro contro un avversario stanco e psicologicamente frantumato: «Vincere quel tie break è stata la chiave, se l’avessi perso lui mi sarebbe tornato addosso con tutta la sua potenza. Ma devo fargli i complimenti, si è confermato un grandissimo giocatore: non arrivi per caso in una semifinale di uno Slam». IL FUTURO Ora Marco riparte dai complimenti dei big, l’ultimo Leconte che lo incrocia subito dopo l’allenamento del mattino («Mi hai fatto emozionare, continua così e goditi il momento»), e dal numero 27 in classifica, ai confini del paradiso. Coach Vagnozzi, nelle confidenze della vigilia, aveva confessato di essere sicuro che l’allievo sarà in grado di gestire la nuova condizione, tecnica e mentale, da top player, mentre il preparatore atletico Umberto Ferrara, il terzo elemento di un team serio e unitissimo, chiederà al Ceck l’ultimo sforzo: «Questo exploit non avrebbe senso se non gli desse continuità. Ma ho fiducia, il suo approccio non è più adolescenziale, Marco adesso è un adulto». Il mondo dei grandi. E chi se lo aspettava fosse così bello
“Sono migliorato, determinato e consapevole. Voglio la top ten” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Questi ormai sono i suoi palcoscenici e Marco Cecchinato dovrà abituarsi. Una semifinale Slam come punto di partenza di una carriera in prima classe. Due mesi fa sembrava una follia. Marco, cosa si porterà dentro di questo fantastico Roland Garros? «Io ho battuto grandi campioni e in semifinale ho giocato due set alla pari contro uno dei migliori del mondo sulla terra. E adesso sono numero 27 del mondo, così vicino ai fenomeni: è un sogno che si realizza». Rimpianti per quel secondo set così combattuto? «Se l’avessi vinto, gli avrei messo sicuramente pressione, a quel punto sarebbe diventata una partita due set su tre. Ma A quel punto lei è uscito dalla partita. «Sicuramente ho accusato un po’ di stanchezza mentale e psicologica dopo un torneo con tante partite così dure, ma non ho rinunciato a lottare, ho avuto ancora le mie chances”. Se dovesse usare tre parole per descrivere il suo torneo, quali sceglierebbe? «Innanzitutto consapevolezza: di potermela giocare contro i più forti. Poi determinazione: anche in questa partita sono entrato in campo convinto delle mie possibilità e non mi sono mai arreso. Infine miglioramenti: lavorando ancora di più posso raggiungere la top 20 e perché no i primi 10. Non ho ancora raggiunto i miei limiti». Quali sono ora i programmi? «Ora mi prendo un po’ di riposo, ho bisogno di staccare. Poi giocherò a Eastbourne e a Wimbledon, con la classifica che ho, ora posso preparare meglio la stagione sull’erba. Poi andrò a Umago e a Amburgo sulla terra prima della trasferta americana. Voglio essere competitivo anche sul cemento.” Come si gestisce la nuova dimensione raggiunta al Roland Garros? «In realtà ho giocato bene anche a Montecarlo e poi ho vinto a Budapest, il livello del mio gioco è molto buono da almeno due mesi. E’ vero, arrivano due superfici che non maneggio ancora molto bene, ma che sono convinto di poter affrontare con ambizioni. Magari mi capiterà di perdere partite alla mia portata, oppure ne vincerò qualcuna inattesa». Anche perché gli avversari ora conoscono le sue qualità. «Devo fare un salto mentale: d’ora in poi dovrò preoccuparmi solo del livello del mio gioco, senza pensare agli altri». Qual è l’immagine più bella che le resterà di Parigi? «Il fatto che a ogni punto il Philippe Chatrier gridava “Forza Marco”, e di fronte avevo il numero otto del mondo e un giocatore che era alla terza semifinale consecutiva. Rimarrà uno dei momenti migliori della mia carriera»
Nadal undicesima finale, “Non cedo un solo punto” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Rafa parla. Rafa spiega. E uscire dalle difficoltà ti appare all’improvviso come una passeggiata da affrontare con il sorriso e senza il fiatone: «Come si recuperano dei game da 0-40 o 15-40? Semplicemente rimanendo concentrati, pensando a un punto per volta. Tanti in quella situazione di punteggio ritengono che il game sia perso, e invece si deve continuare a giocare». OCCASIONI Se il mondo si domanda come sia possibile arrivare a 11 finali (e vincerne 10, almeno fin qui) al Roland Garros sulla superficie che chiede di più al fisico e alla capacità di lettura delle partite, la risposta è nella filosofia di Nadal: ogni palla può essere decisiva e quindi non ci si può permettere mai di abbandonare la lotta. Come brucia la lezione sulla pelle di Del Potro, ritrovatosi pure sul rosso (semifinalista a Parigi dopo nove anni) e migliore del satanasso maiorchino nel primo set, in cui si procura sei palle break senza concederne alcuna fino al 5-4 spagnolo e servizio per lui. Con battute a 212 al l’ora e mazzate da fondo che solleticano gli angoli, l’argentino si costruisce occasioni su occasioni, non le sfrutta e quando cala leggermente di intensità si fa prendere alla giugulare con il break del decimo game all’interno di una serie di 7 giochi a zero per il numero uno che devastano la partita e la giornata del povero Delpo. PASSIONE Non ci sarà più match, Nadal correrà felice verso l’85° successo a Parigi (e appena 2 sconfitte), uguagliando Federer nel numero di finali in uno stesso Slam (per Roger sono 11 a Wimbledon): «Amo quello che faccio, amo la competizione, amo lo sport. Se non fosse così, non mi ritrovereste qui dopo così tanti anni dalla prima volta». L’inseguimento all’Undecima passerà adesso per Thiem, l’unico che abbia avuto l’ardire, nelle ultime due stagioni, di sconfiggerlo sulla terra, a Roma l’anno scorso e a Madrid quest’anno (i precedenti tuttavia dicono 6-3 per il maiorchino). È anche vero che in entrambe le occasioni l’austriaco poi non è riuscito a conquistare il torneo, e dunque se dovesse concedersi di nuovo il lusso di una vittoria, stavolta farebbe la storia. Ma non c’è situazione peggiore, per un avversario di Nadal e per di più sulla superficie favorita, di ritrovarselo di fronte dopo averlo battuto nella sfida precedente, perché ci mette un surplus di ferocia: «Credo che Dominic sia l’avversario più forte che mi potesse capitare in finale, anche per il duro tabellone che ha avuto. Conosce il modo per mettermi in difficoltà, però non penso esistano segreti: semplicemente, se gioco bene ho più chance di vincere». IMBATTIBILE A sentire Del Potro, però, l’incrocio di domani avrà poca storia: «È impossibile superare Rafa qui sopra. È troppo forte, è in salute, è fresco fisicamente e ha migliorato tantissimo il rovescio. Ecco perché è numero uno e perché ci batte ancora tutti. Dieci anni fa discutevamo su quanto potessero durare lui e Federer, adesso si parla ancora di loro e dei loro successi. Non possiamo fare altro che magnificare le loro virtù, tecniche e mentali, fin quando saranno animati dall’incredibile desiderio di vittoria continueranno a mettere in fila Slam su Slam». Sembra di tornare indietro a un’epoca mitologica e forse mai esistita quando ci si ritrova a pensare che appena 18 mesi fa i due straordinari arcirivali parevano perduti per il tennis a alto livello, e invece da allora si sono spartiti tutti i Major come se il tempo si fosse fermato a un decennio prima. Ci proverà Thiem a spezzare l’incantesimo, ma Nadal è decisamente sul pezzo: «Mi considerate uno schiacciasassi? Ci risentiamo dopo la finale. L’unica cosa che conta è che dovrò tirare fuori tutto ciò che ho dentro. Come sempre». Roba da duri. Roba da Rafa. risa.
Cecchinato, Parigi il punto di partenza (Valentina Clemente, Il Corriere dello Sport)
Potremmo dire che la favola di Marco Cecchinato è terminata ieri sul Centrale del Roland Garros, contro un ottimo Dominic Thiem (7-5, 7-6, 6-1), ma la realtà è che la storia del tennista italiano è appena iniziata ed ora la scrittura dei capitoli successivi dipenderà da lui e dal suo team, visto che il salto in classifica (dal 72 al 27) apre ora scenari diversi e interessanti, soprattutto per un giocatore che può e vuole migliorare. Uscendo dal Philippe Chatrier, Cecchinato ha ricevuto un caloroso saluto dal pubblico perché, nonostante partisse sfavorito, ha cercato di tenere testa al numero 8 del mondo, già abituato a certi palcoscenici: lui invece è entrato in punta di piedi e quell’entusiasmo che lo aveva spinto nei giorni scorsi non è bastato per portarlo in finale, nonostante una prova nel complesso più che matura. In avvio Marco si è fatto sorprendere già nel primo gioco andando sotto di un break che è riuscito comunque a recuperare nell’ottavo. Con il passare degli scambi ha comunque recuperato terreno e le sue percentuali sono nettamente migliorate nel secondo set in cui ha pagato caro un colpo di sfortuna nel tie-break. MOMENTUM «Sicuramente se fossimo andati un set pari, dal terzo poi sarebbe stato un altro match – ha affermato il ragazzo di Palermo – sarei stato in grado di mettergli più pressione, con almeno altri due set da giocare. Non posso dire molto su quei punti nel tie break, perché è stato davvero bravo a salvare i tre set point a mio favore. Si vede che uno dei migliori giocatori al mondo, perché quando è stato necessario ha saputo trovare le soluzioni migliori. lo da parte mia posso dire solo d’essere contento di come ho affrontato questa prima esperienza contro un giocatore così forte in uno Slam». Un attimo che è durato una vita e quel frangente nel tie-break è stato così delicato da compromettere il resto: «Ho avuto un piccolo calo, però penso sia normale visto che è stata la prima volta che ho giocato così tante partite e soprattutto lunghe. Quando sono uscito dal campo, finita la partita, il rammarico è stato grande, perché mi sarebbe piaciuto regalare alle persone che sono venute qui, e a quelle che mi hanno seguito dall’Italia, una bella vittoria. Adesso ho bisogno di un po’ di riposo, di staccare dal tennis per poi rimettermi a lavoro con maggiore convinzione». Nonostante la sconfitta, Cecchinato è apparso più che lucido nella sua analisi e il bagaglio messo da parte in queste due settimane sarà fondamentale peri mesi a venire: «Porto con me una nuova consapevolezza, ovvero quella di aver giocato alla pari contro uno dei migliori al mondo, la determinazione d’affrontare al meglio tutte le prime volte che mi si presenteranno davanti e poi questo torneo mi ha fatto capire che posso migliorare ancora tanto e non c’è altro da fare che rimettersi al lavoro presto». ONORE. Thiem, alla sua prima finale Slam, ha potuto approfittare delle esperienze precedenti (è stato già semifinalista negli ultimi due anni a Parigi) per gestire al meglio l’incontro, approfittando dei ‘punti deboli’ del proprio avversario: «Giocare contro tennisti che hanno il rovescio ad una mano più facile per me, perché riesci a costruire meglio i punti, specie con delle palle alte sul rovesciO. Tuttavia posso dire che sia Cecchinato sia Tsitsipas sono molto bravi. Marco mi ha sorpreso e penso che sulla terra sarà sempre più difficile batterlo: non conquisti una semifinale Slam per caso, ha gioco solido, quindi se continuerà in questo modo sono sicuro che farà una bella carriera. Vincere il tie-break nel secondo set è stato fondamentale per me, altrimenti sono sicuro che mi avrebbe messo in grande difficoltà»
Parigi: Ceck out (Daniele Azzolini, Tuttosport)
L’anno scorso, di questi tempi, Marco Cecchinato era a Caltanissetta. Giocava un challenger, uno dei tanti, battuto nei quarti da Stebe, un tedesco. Parigi era lontana duemilatrecentoquattro chilometri. Tre ore di aereo. Ventitre di autostrada. Ricordarlo gli fa bene. «In fondo, questo dice tutto», è la breve replica alla considerazione che avevamo buttato qui, fra le tante della conferenza stampa che ha chiuso la sua avventura a Parigi. Quei 2304 chilometri rappresentano davvero la distanza ideale che Marco ha compiuto con appena sei balzi, quelli che lo hanno portato dritto alla semifinale al Roland Garros. C’era un Marco che ora non c’è più, all’inizio di questo torneo. Quello di oggi è oltre due mila chilometri più in là. Ma le sconfitte fanno male, e il nuovo Ceck ha già imparato a odiarle. Non si nasconde dietro a un dito e non ha intenzione di cercare scuse. «Volevo regalare un nuova emozione a tutti quelli che sono venuti qui». C’erano papà Sergio e mamma Stefania, gli amici, i cugini. Erano in cinquanta. C’erano anche le bandiere italiane. Erano mille i motivi per farsi cogliere dall’ansia, ma il Ceck non ha perso per quello, non ha avuto ansie da prestazione. Tutt’altro. Ha affrontato il numero otto del mondo con il giusto piglio, l’ha contrastato e stuzzicato e l’ha fatto sbandare con le sue smorzate, giocate sempre come si deve. Ha avuto due chance importanti, il Ceck, che forse avrebbero potuto cambiare il match. Tre set point nel lungo tie break che ha chiuso il secondo set. «Eccome se potevano cambiare la semifinale. Sull’uno pari sarebbe stato un altro match, lui avrebbe visto la meta più lontana, io avrei avuto più tempo per cogliere nuove opportunità». Lì Thiem ha giocato i colpi migliori. La stoffa c’è, si vede. L’austriaco ha colpi pesanti e usa con il coraggio che serve. Soffre i giocatori che gli cambiano spesso lo schema dei colpi, e Marco è uno di questi. Ma fa correre la palla come pochi. Era alla terza semifinale consecutiva, e a 24 anni non è poco. Ora è in finale. Sarebbe arduo dire che non l’abbia meritata. Lo sa anche Marco. E accetta il verdetto. I rimbalzi sui top spin dell’austriaco lo hanno costretto a fare a meno del rovescio lungo linea, troppo difficile indirizzarlo da quelle altezze, e i servizi di Thiem si sono rivelati troppo robusti per entrare subito nello scambio. Questi i motivi tecnici della semifinale perduta, non altro. Il resto è da celebrare, e da portare a esempio. E andato oltre il dovuto, Marco. Si è imposto mostrando doti importanti e l’ha fatto crescendo di partita in partita. Sarà fra i primi trenta della classifica. «Essere al fianco dei più forti era il mio sogno da bambino», dice. «Ho imparato tanto da queste giornate parigine, ora so che posso spingermi in alto, giocare alla pari con tutti. Ho scoperto cos’è la determinazione. Ho capito quanto possa pagare il lavoro duro, se fatto bene. E anche di possedere un mio gioco, sul quale dovrò lavorare ancora, e affinarlo. Tutte novità che mi hanno emozionato». Sarà fra le teste di serie a Wimbledon. Potrà giocare tutti i tornei. Già oggi gli avversari lo considerano uno tosto. E lui lo è, eccome se lo è. E vuole esserlo anche di più. Parigi gli ha davvero cambiato la vita
Le situazioni che Marco deve sfruttare in futuro (Gianni Clerici, La Repubblica)
Avevo deciso oggi di guardare, speravo di ammirare, la semi di Cecchinato da solo, invece che al mio Club. Ma come fareste se una nipotina tennista di 8 anni vi dicesse “Posso guardare con te, nonno ? Oggi non ho compiti, ho finito la scuola”. Così quello che ne è uscito è una sorta di intervista di Anita col nonno. “Nonno, cosa ti sembra che l’italiano abbia sbagliato? Più diritti o più rovesci?”. “Non tanto i colpi, Anita, quanto non saper approfittare della posizione sulla sua battuta dell’austriaco. Thiem stava indietro, perché Cecchinato serve molto veloce, stava lontano almeno cinque metri dalla sua riga, e Marco non ha mai fatto una volta serve and volley, servizio e volée, mentre ne aveva tutto il tempo. Poteva almeno provare, se gli riusciva bene avrebbe costretto l’avversario a venire più avanti, e magari a sbagliare di più, con meno tempo, mentre dopo la risposta Thiem faceva tre passi avanti, e giocava come fai tu Anita, vicino alla riga di fondo”. “Hai detto austriaco, nonno? Quindi è uno dell’Austria. E Marco di dov’è?”. “Viene dalla Sicilia”. “Quindi Thiem è più abituato ad andare con gli sci”. “Anche per questo si trova bene più avanti, sulla riga”. “Infatti ci ritornava subito, dopo aver ribattuto il servizio”. “Sì, però Marco ha avuto anche lui tre possibilità nel tiebreak del secondo set”. “E, a un set pari, come sarebbe andata, nonno?”. “Di certo Marco non avrebbe perso il terzo set allo stesso modo”. “Era scoraggiato di non aver vinto il secondo”. “Più che scoraggiato, non giocava più”. “Nonno, andiamo a giocare noi, allora ?”. Ci siamo allontanati con racchette e palle, io afflitto per Cecchinato che col suo eccellente servizio non doveva lasciare tanto tempo a Thiem per le ribattute