[PODCAST] Alla Conquista della Terra Ep 28 – Finalmente Halep
da Parigi, il Direttore
Prima o poi doveva succedere che Simona Halep, n.1 del mondo da 32 settimane, vincesse anche uno Slam. Perfino Caroline Wozniacki, che per 67 settimane da n.1 non aveva mai vinto uno Slam, quest’anno in Australia era riuscita a coronare il sogno di conquistare un Major. Per l’appunto a spese di Simona. Da anni continuavo a dirle che secondo me lei giocava meglio di tutte le altre tenniste, salvo ovviamente Serena in condizione, e che non capivo come mai alla fine non vincesse. È chiaro che non era una questione tecnica. Era un problema di fragilità mentale. Altrimenti non avrebbe perso soprattutto lo scorso anno con Jelena Ostapenko dopo essere stata in vantaggio di un set e per 3-0 nel secondo con la palla-game per il 4-0. Quella era stata la situazione più lampante, certo, ma anche con Sharapova nella finale qui del 2014 Simona era stata avanti: 2-1 e due palle per il 3-1 nel terzo set. E a gennaio quest’anno con Wozniacki 4-3 nel terzo. La ricordo bene quando arrivò in sala stampa. Nessuno di noi giornalisti voleva fare la prima domanda, ci dispiaceva trovarsi a costringerla a parlare, finché lei, accorgendosi del nostro imbarazzo disse: “Coraggio, non è morto nessuno!”.
Stamani il suo allenatore Darren Cahill le aveva detto: “Questa la devi vincere!”. Le ha messo volutamente più pressione per dirle che avrebbe dovuto cercare di fare lei la partita… E Simona lo ha ovviamente ringraziato. Io però non sono convinto che sia stato l’approccio psicologico più giusto. Infatti se lo fosse stato Simona non si sarebbe trovata sotto per 6-3 2-0… Semmai è stata un’altra la chiave psicologica vincente: il pensiero di quello che era accaduto a lei un anno fa. “Ho pensato in continuazione a quella partita” ha confessato Simona. E le deve aver dato coraggio il ricordo di una situazione che si era rovesciata, sia pure a suo sfavore. “Se è successo a me, può succedere a lei”. È successo così che degli ultimi 15 game, da quello 0-2 a favore della Stevens, Simona ne ha fatti 12. Così la maledizione che pareva perseguitarla è finalmente svanita, alla finale Slam n.4. Quarant’anni dopo il trionfo di Virginia Ruzici, che è sempre stata la sua manager e che ovviamente era al settimo cielo, così come Ion Tiriac che nel momento in cui Simona ha potuto finalmente mettere una corona sul suo trono da n.1, ha lasciato precipitosamente il suo posto in prima fila sullo Chatrier: “Facevo così anche quando Becker vinceva Wimbledon” ricordava il vecchio Ion ripensando ai tre trionfi del suo vecchio pupillo (1985-86-89), oltre che ai due US Open e all’Australian Open.
Ieri sembrava di essere a Bucarest. Non meno di 3.000 rumeni in tribuna, bandiere rosse giallo e blu ovunque, cori “Simona, Simona!” ad ogni punto. Come avevano fatto a procurarsi così tanti biglietti? “Non glieli ho regalati io!” – ha giurato Simona ridendo. Da sempre straordinaria in difesa, Simona ha costruito la sua carriera poco a poco, mattoncino su mattoncino, imparando a forzare tutti i colpi nonostante un fisico tutt’altro che da marziana (un metro 68 per 67 kg): “A 14 anni decisi che il tennis sarebbe stata la mia vita, a 18 vinsi qui il torneo junior e da allora, sognavo di vincere il trofeo che ho qui davanti e terrò sempre nel mio cuore. Parigi è la mia città preferita, a essere n.1 senza uno Slam mi mancava qualcosa… meno male non ho vinto a Melbourne!”. E scoppia a ridere felice come una Pasqua. Come può cambiare la vita eh? Qui ha battuto una dopo l’altra Riske 2-6 6-1 6-1, Townsend 6-3 6-1, Petkovic 7-5 6-0, Mertens 6-2 6-1, Kerber 6-7 6-3 6-2, Muguruza 6-1 6-4 e Stephens 3-6 6-4 6-1.
Adesso le ultime quattro tenniste vittoriose negli Slam sono anche le prime quattro tenniste del mondo. È bello e giusto che sia così. Stephens è diventata n.4 durante questo torneo e per la prima volta è la n.1 americana, dopo che per anni mi pare siano sempre state o Serena o Venus. Ho scritto più volte che il match più duro di Stephens era stato certo quello con Camila Giorgi. Qualcuno ha voluto attribuirmi il concetto che Camila avrebbe potuto compiere lo stesso percorso di Sloane. Non ho scritto questo però. Ho scritto che era un peccato che Camila non fosse riuscita, servendo due volte per il match e la seconda arrivando a 30 pari e quindi a 2 punti dalla vittoria, a vincere quella partita. Sono convinto che lei possa battere tutte le tenniste che le stanno davanti in classifica. Ma se ne ha ancora tante così, pur essendo stata lei capace di battere 7 top-ten, una ragione c’è: un conto è vincere una, due partite anche contro avversarie titolate, un altro conto è vincerne, cinque, sei, sette di fila. Camila finora ha dimostrato che avere il talento non basta. Ci vuole anche la continuità. E la continuità significa anche saper vincere partite quando si gioca male. O comunque non bene. Significa non giocare in un solo modo, cioè quando tutto fila per il verso giusto, ma essere capaci anche di mettere in pratica un piano B quando le cose non filano per il verso giusto con il piano A. Questo non significa – come lei e suo padre sembrano credere – snaturare il proprio gioco. Nessuno ha mai preteso che Camila diventasse una tennista di pura regolarità, o che servisse prime e seconde palle pensando alla percentuale di battute messe in campo piuttosto che alla loro singola efficacia. Però non è vero, e soprattutto non è saggio, che non si debba mai modificare di una virgola il proprio schema di gioco prescindendo dalle qualità dell’avversario/a.
Il tennis è un po’ come il pugilato. Se un pugile ha più forte il sinistro del destro, conviene schivarlo. Se è un fenomeno quando tira gli uppercut, è meglio ricordarsi di coprire il mento. Il pugile, come il tennista, che pensasse solo a far valere la propria tecnica presumendo che sia la migliore, senza fare i conti con l’avversario, ha molte chances di perdere il combattimento. Quando i Giorgi saranno consapevoli di ciò vinceranno di sicuro di più. Qualche segnale positivo in tal senso mi pare di averlo intravisto. Wimbledon sarà un test importante. Camila potrebbe essere la nostra… Cecchinato d’erba. E sarebbe meno sorprendente, almeno per me, anche se riuscisse a tagliare lo stesso traguardo.
Per Nadal e Thiem mi sento di fare una sola profezia. Rafa farà almeno un serve&volley a set, e pure nel tiebreak se ce ne saranno. È quel che avrebbe dovuto fare Marco Cecchinato, come ho scritto ieri.