[PODCAST] Alla Conquista della Terra Ep. 29 – Battaglia finale
Da Parigi, i nostri inviati
Congratulazioni Rafa. Tante vittorie qui, 11, e ho visto l’emozione nei tuoi occhi. Come fai ad avere ancora così fame di vittorie?
Per me è difficile da spiegare, perché sembra stia diventando una cosa naturale, no? Certo, nella mia carriera ho raggiunto molti più risultati di quanto avrei mai potuto sognare. Ma è anche vero che sono passato attraverso momenti duri, molti infortuni. All’inizio della stagione in Australia ero in buona posizione per lottare per la vittoria e invece ho avuto problemi. Lo stesso ad Acapulco e ho dovuto saltare Miami e Indian Wells. E quindi la stagione sulla terra è iniziata tra i dubbi. Per tutto questo, quello che è successo oggi è fantastico e mi ha molto emozionato. Tornare dopo cinque mesi senza giocare dopo Shanghai, tanti mesi con problemi. Per questo tornare e poter vincere Montecarlo, Barcellona, Roma e Roland Garros è speciale e mi emoziona molto. È difficile descrivere quei due minuti di emozioni nei quali il pubblico mi incitava. Molto emozionante.
Nonostante i tanti infortuni, non dimostri trentadue anni. Ti senti i tuoi anni? Sei preoccupato per il futuro? Pensi di vincere anche l’anno prossimo e ancora?
Ho trentadue anni, è questo quello che sento (ride). Non puoi lottare contro l’età e contro il tempo. Se tu mi avessi chiesto sette o otto anni fa se a trentadue anni sarei stato qui con tutti questi trofei, ti avrei detto che era una cosa impossibile. Ma siamo qui. Non sono preoccupato per il futuro. Io ripeto sempre lo stesso: il tennis è una parte importantissima della mia vita, ma non è tutto. Ci sono molte cose che mi rendono felice e non sono preoccupato per il futuro. Mi godo il momento. Oggi è un giorno speciale e ogni giorno che trascorro sul circuito mi da la possibilità di vivere. Giocherò fino a che il mio corpo me lo consentirà e fino a quando sarò felice di giocare a tennis. Quando ciò cambierà, sarà tempo di fare altro nella vita, ma non sono preoccupato da questo.
Hai vinto e conservato il numero 1 del mondo. Cosa ti dà più soddisfazione?
Ho vinto il Roland Garros, non penso al ranking. Sono numero 1, ok, ma la cosa che mi interessa è avere questo trofeo. È il torneo più importante dell’anno per me. Certo, il tennis non è solo gli Slam, ma il Roland Garros è sempre una data speciale sul mio calendario. Vincere qui dopo la stagione che ho avuto sulla terra è speciale e mi dà tanta fiducia per il futuro.
Hai pensato a qualche maglietta celebrativa? Quali sono i ricordi più belli?
Sono fortunato, di solito i tornei mi inviano a casa i regali che voglio (ride). I ricordi sono per sempre e io ne ho di straordinari di questo torneo. Ma dal primo giorno che sono venuto qui sino ad oggi, è stata una lunga storia d’amore con questo posto, non solo con le vittorie ma con tutte le persone che lavorano qui anche.
Tu e Roger avete vinto tanti Slam negli ultimi due anni. Lui è a 20, tu a 17. Pensi di poter colmare il divario?
Fammi godere questa vittoria. Certo, sono ambizioso, ma non diventerò mai pazzo per questo. Non puoi essere frustrato se qualcuno ha più soldi di te, se ha cose più grandi di te, se ha vinto più Slam di te. Non si può vivere con questi sentimenti. Devi essere felice per le cose che hai, per quello che ti succede. In generale, se guardi solo agli altri e a chi ha qualcosa più di te, vivi in maniera frustrata. Certo, mi piacerebbe avere venti Slam in futuro come Roger o anche di più, ma onestamente non è una cosa che è nella mia testa. Penso solo al fatto che ho vinto un titolo importante, ho uno Slam in più. Diciassette è un numero straordinario. Mi sento molto fortunato per le cose che ho avuto nella mia carriera. Ciò non significa che non lotterò per vincere altri Slam, altri Masters, altri 500, altri 250. Io gioco per la mia felicità e penso già di aver avuto una carriera straordinaria. Non ho questo tipo di ossessione.
Nel terzo set, che problema hai avuto alla mano?
Ho sentito qualcosa alla mia mano e alle dita. Non riuscivo a muoverle. Credo fosse un crampo, ma non è normale avere crampi. Forse perché il bendaggio mi metteva troppa pressione, non lo so, forse problemi di circolazione. Ho avuto paura, pensavo di non poter muovere la mano, non sentivo il controllo delle dita. Sono stati momenti di paura, ma dopo qualche minuto tutto è migliorato. Durante il primo colpo ancora non sentivo le dita e ho fatto doppio fallo. Poi le cose sono migliorate piano piano.
Hai qualcosa da dire a Simona Halep che ha vinto il suo primo slam?
Bellissimo, lei è una grande combattente, ha dei movimenti straordinari. È molto bello che dopo la finale persa lo scorso anno con tante chance e un set e un break di vantaggio lei abbia avuto la possibilità di vincere questa volta. Lo meritava, è numero uno del mondo. Ha lavorato molto duro.
Ieri Moya ha detto che uno dei punti forti di Them potrebbe essere la forza mentale. Quando ti sei accorto che forse non è stato così oggi nel match? Hai avvertito la sua pressione?
No, non penso che sia uscito dal match mentalmente. Forse alla fine, quando ho fatto il break. Credo che tatticamente abbia fatto bene e anche il suo tennis è stato buono.
Hai detto che ogni Roland Garros è speciale. Quando poi ti trovi negli spogliatoi, cosa pensi?
Sono felice al 100% per quello che è successo ma quando il torneo giunge al termine, devi salutare le persone e la gente si congratula con te. Ci sono tante cose da fare per cui non si ha molto tempo per pensare. Però, alla fine, penso che sia una cosa unica, una cosa da sogno vincere undici volte lo stesso torneo. Ma è successo e voglio ringraziare la vita per avermi dato questa opportunità. Tante persone, come me, lavorano molto o anche di più e non hanno avuto la fortuna di vivere quello che sto vivendo io.
Quali programmi hai per la stagione sull’erba?
Difficile rispondere ora. Ho avuto una lunga e dura stagione sulla terra, avendo giocato tutti i match possibili dopo il rientro dall’infortunio. L’anno scorso avevo una grande opportunità per andare molto lontano a Wimbledon, ma ho perso contro un grande giocatore da erba, Gilles Muller. Anche se prima avevo vinto ottime partite, ma poi ho perso un match che potevo vincere. La mia preparazione a Wimbledon l’anno scorso è stata molto buona, ora devo parlare col mio team nei prossimi due giorni per capire cosa è meglio per me e il mio corpo. È drastico il passaggio dalla terra all’erba e ora ho 32 anni.
Dopo il crampo avuto nel terzo set, pensi che avresti potuto continuare nel caso il match si fosse allungato?
È stato un momento di grande paura. Ho avuto un crampo e non voglio pensare che cosa sarebbe potuto succedere. Avevo due set di margine per aspettare che passasse. Ovviamente avrei continuato in ogni modo. È un match unico.
Qual è stato il momento più difficile del torneo? Il primo turno con Bolelli, il primo set con Schwartzman o il primo con Thiem?
Il momento più difficile è stato di sicuro quando ero sotto di un set e un break con Schwartzman: è il solo match in cui ho perso un set e stavo soffrendo. In ogni caso non è stato l’unico momento difficile del mio Roland Garros.
In confronto alle altre finali, hai sofferto di più o di meno?
Difficile confrontare le finali, posso dire che nel 2005 giocavo ogni singolo game al massimo delle mie forze, mentre ora con gli anni e l’esperienza capisco dove posso vincere e dove posso tirare il fiato fisicamente e mentalmente. Certi momenti sono decisivi, altri no: sul 4 pari del primo set sapevo che dovevo assolutamente tenere il servizio perché sul 5-4 avrei messo un’enorme pressione a Thiem.