0 – le semifinali raggiunte da Nick Kyrgios sull’erba, prima di quella raggiunta a Stoccarda la scorsa settimana. Un numero piuttosto sorprendente, specie se proporzionato al talento e all’adattabilità del gioco del 23enne australiano ai prati. Del resto, l’approdo di Nick nel grande tennis avvenne a Wimbledon nel 2014: quattro anni fa, proveniente dai primi due challenger della carriera giocati sull’erba (e vincendo il secondo) si presentò da 144 del mondo nel tabellone principale dei Championships, grazie a una wild card. Un invito che si meritò tutto: fermato solo ai quarti da Raonic, mostrò al mondo le sue grandissime potenzialità sconfiggendo tennisti come Gasquet e, soprattutto, Nadal. A Church Road nei due anni successivi si è però fermato agli ottavi (l’anno scorso si è ritirato al primo turno). Dal 2015, eccezion fatta per Wimbledon, sull’erba ha preso parte solo a tre edizioni del Queen’s, dove non è mai riuscito a vincere una partita. Quest’anno, forse condizionato nella sua scelta dai problemi al gomito che gli hanno fatto saltare in pratica tutta la stagione sul rosso, si è iscritto per la prima volta a Stoccarda. Due buone vittorie in tre set contro Marterer, 50 ATP, e soprattutto su un ottimo specialista quale Feliciano Lopez, 30 ATP, gli hanno regalato la prima semifinale della carriera sui prati, dove ha trovato Federer. Il terzo incontro ufficiale con il campione svizzero è terminato, come i precedenti due (Madrid 2015 e Miami 2017), al tie-break del terzo, situazione nella quale ha prevalso l’elvetico. Al di là del risultato, l’impressione è che, se voglia e salute lo accompagnano, Nick sia tra i favoriti a Wimbledon.
2 – le semifinali raggiunte a Wimbledon da Richard Gasquet (nel 2007 fu fermato da Federer, nel 2015 da Djokovic), che sull’erba aveva vinto due titoli (Nottingham 2005 e 2006) e raggiunto una finale (Eastbourne 2014). Risultati che bastano per definirlo come giocatore capace di esprimersi a buonissimi livelli anche sull’erba, lui che, dotato di un talento tennistico universale, è stato top ten, ha già vinto 14 titoli in carriera, raggiunto 15 finali (tre delle quali nei Masters 1000: una ad Amburgo sulla terra nel 2005, e due sul cemento all’aperto di Toronto nel 2006 e nel 2012), nonchè un’altra semifinale Slam (Us Open 2013). A ‘s-Hertogenbosch, dove tornava a giocare per la seconda volta a distanza di dieci anni, era la seconda testa di serie (dietro a Mannarino) del tabellone. Non ha deluso le attese: prima ha eliminato Donskoy (con un duplice 6-2), 76 ATP, poi ha avuto la meglio su due grandi talenti per motivi diversi non dotati di una classifica proporzionale alle loro cacapità. Ha difatti prima eliminato ai quarti (con un doppio tie-break) Tsitsipas, 37 ATP; poi in semi Tomic (6-4 6-7 6-2), 181 ATP. In finale, anticipandosi di un giorno (compie gli anni oggi, 18 giugno) si è regalato per il suo 32° compleanno il quindicesimo titolo della carriera, sconfiggendo (6-3 7-6) per la quarta volta in cinque confronti il connazionale Jeremy Chardy, 72 ATP.
3 – gli italiani in campo nella prima settimana del calendario tennistico dedicato ai tornei che si giocano sull’erba: a tutti è andata male, complessivamente non hanno raccolto neanche un set. Subito dopo il Roland Garros, hanno risposto all’appello Andreas Seppi, un curriculum sui prati (1 titolo, altre due finali, sette semi complessive e un ottavo a Wimbledon nel 2013) che lo pone probabilmente come il più forte ‘erbivoro’ italiano dell’era Open. Il bolzanino, iscrittosi per la quarta volta a S- Hertogenbosch, dove non aveva mai raggiunto i quarti, ha però deluso, perdendo al primo turno nettamente (6-4 6-2) dal 23enne statunitense Mackenzie MacDonald, 110 ATP. Non ha fatto meglio Camila Giorgi, reduce dalla sua miglior stagione sulla terra battuta (a Praga la prima semifinale, quarti a Lugano e primo terzo turno a Parigi, dove ha perso d’un soffio dalla poi finalista Stephens). La marchigiana ha giocato all’Internatonal di Nottingham, dove ha perso (7-6 6-2) al primo turno in un incontro inedito dalla slovena Jakupovic, 118 WTA. Purtroppo Camila non ha fatto meglio a Birmingham, dove si è fermata al turno decisivo delle qualificazioni. Meno rimpianti per Matteo Viola, 281 ATP, bravo a qualificarsi al ricco ATP 250 di Stoccarda, dopo aver eliminato lo slovacco Martin, 159 ATP e il tedesco Puetz 305. Nel tabellone principale ha però potuto molto poco contro un tennista di un’altra categoria come Gilles Simon (vincitore 6-0 6-3), 55 ATP. Settimana da dimenticare per i colori azzurri.
4 – le semifinali raggiunte a s- Hertogenbosch da Kirsten Flipkens. Numeri che non sorprendono, considerando la spiccata attitudine al tennis su erba della belga classe ’86, capace di issarsi sino alle semifinali a Wimbledon nel 2013, anno migliore della carriera, nel quale raggiunse anche la 13esima posizione del ranking e gli ottavi a Melbourne (quella in Australia fu la prima delle due volte in carriera nelle quali è arrivata alla seconda settimana di un Major). Partita male nel 2018, si era ripresa parzialmente sulla terra, la superficie da lei meno amata, raggiungendo i quarti a Lugano e la semifinale a Norimberga. Nell’Intenational olandese, dotato di un albo d’oro di un certo spessore – Martina Hingis, Justin Henin, Kim Clijsters, Mary Pierce e Simona Halep (oltre che le nostre Vinci e Giorgi) – ha superato Kalinskaya (6-3 6-0), 142 WTA; Bertens (6-4 6-7 6-1), 21 WTA; Sabalenka (duplice 6-4) 46 WTA; Kuzmova (7-5 6-7 6-4) 81 WTA, prima di arrendersi in finale (6-7 7-5 6-1) a Aleksandra Krunic, 55 WTA e al primo titoo in carriera.
5 – le sconfitte consecutive rimediate da Adrian Mannarino, il quale ha vinto anche una sola (il primo turno di Barcellona contro Cuevas) delle ultime otto partite giocate. Il 25 ATP francese, a giorni trentenne (compie gli anni il 29 giugno) da inizio marzo è incappato in una crisi nera, che nemmeno l’approdo sulla sua superficie preferita, l’erba, è riuscito a fargli superare. Sui prati, unico terreno dove ha nel circuito maggiore una percentuale di successi superiore al 50%, è incappato nell’ennesima delusione. Nel primo turno di ‘s-Hertogenbosh, il transalpino, capace in carriera di rggiungere quattro finali nel circuito ATP (due l’anno scorso, sull’erba di Antalya e sul cemento di Tokyo) ha perso per la sesta volta in altrettanti incontri contro Jeremy Chardy, 72 ATP.
9 – la posizione a inizio anno di Johanna Konta nel ranking WTA. Dopo aver raggiunto i quarti nel primo torneo stagionale, il Premier di Brisbane, la britannica – salita sino alla 4°posizione del ranking dopo le semifinali a Wimbledon dello scorso anno – era incappata in una brutta crisi di risultati, non riuscendo mai a giungere sino ai quarti, scivolando inevitabilmnete al 22° posto della classifica. A ben vedere, il periodo difficile di Johanna era iniziato proprio dopo i Championships 2017: dopo quel torneo che la consacrò tra le grandi del tennis e idolo del suo popolo, non aveva mai vinto tre partite di fila, raggiungendo i quarti solo a Cincinnati, oltre che a Brisbane. Questa settimana a Nottingham, dove difendeva la finale persa lo scorso anno contro la Vekic, è tornata nuovamente all’ultimo atto del torneo, senza perdere un set. Johanna ha sconfitto nell’ordine Kurumi Nara (6-2 6-3), 97 WTA; Heather Watson (6-4 7-6), 91 WTA; Dalila Jakupovic(6-4 6-2), 118 WTA; si è presa una nuova rivincita sulla Vekic (6-2 6-3), 42 WTA, prima di essere fermata in finale dalla Barty, 18 WTA; vincitrice col punteggio di 6-3 3-6 6-4.
13 – i mesi di assenza da una finale ATP per Milos Raonic. L’ultima era arrivata a Istanbul, a maggio 2017: da numero 6 del mondo si arrese, in quella che era la sua prima finale in carriera sulla terra, a Marin Cilic. L’ex numero 3 del mondo (a fine 2016), uscito a febbraio dai primi 30 ATP, era reduce da una seconda parte di 2017 nella quale l’infortunio alla gamba destra lo aveva costretto con scarsi risultati a giocare solo tre tornei (Washington, Montreal e Tokyo) dopo i Championships. Non era iniziato bene nemmeno il 2018, nel quale aveva vinto una sola partita (contro Daniel, atleta non tra i primi 100 ATP) tra Brisbane, Melbourne e Delray Beach. In coincidenza dell’inizio della collaborazione con Goran Ivanisevic come suo nuovo coach, nel Sunshine Double si era riaccesa la luce per il canadese: semifinale a Indian Wells, quarti a Miami (fermato entrambe le volte da Del Potro). Sulla terra Milos ha giocato poco – appena due tornei – e nemmeno tanto male (ottavi a Montecarlo e Madrid, dove ha sconfitto Dimitrov), ma era sull’erba (dove ha raggiunto due finali a Wimbledon, una al Queens, e un’altra semi ai Championships) che riponeva tante sue attenzioni. Per la prima volta iscrittosi a Stoccarda, ha visto ripagata la sua scelta, giungendo in finale senza perdere un set: dopo aver sconfitto Basic, 78 ATP, e Fucscovics, 46 ATP; ha eliminato senza troppi problemi due top ten come Berdych, 19 ATP e Pouille, 16 ATP. In finale nulla ha potuto contro Federer, perdendo -in due parziali piuttosto lottati- l’undicesimo dei quattordici confronti diretti con lo svizzero.
30 – le città nel mondo che possono vantarsi di aver ospitato tornei che hanno nel proprio albo d’oro Roger Federer, sparse in quattro continenti. La maggioranza di esse, ben sedici, sono in Europa (Amburgo 4, Basilea 8, Estoril, Gstaad, Halle 9, Istanbul, Londra 10 -8 Wimbledon + 2 ATP Finals-, Madrid 3, Marsiglia, Milano, Monaco di Baviera, Parigi 2 -Roland Garros + Bercy-, Rotterdam 3, Stoccarda, Stoccolma, Vienna 2). Il secondo continente che conta più città dove Roger ha vinto è l’America Settentrionale con 6 (Cincinnati 7, Houston 2, Indian wells 5, Miami 3, New York 5, Toronto 2), seguita poi dall’Asia con cinque (Bangkok 2, Doha 3, Dubai 7, Shanghai 4 -2 Masters 1000 + 2 ATP Finals-, Tokyo) e Australia con tre (Brisbane, Melbourne 6, Sydney). Questa settimana si è aggiunta Stoccarda, città che aveva però visto giocare già quattro volte Roger in un suo torneo: nel 2000 e 2001, quando ancora ospitava un Masters 1000 indoor, e nel 2016 e 2017. L’elvetico non era però mai arrivato nemmeno una volta in finale nella città famosa per essere la patria dell’automobile. Roger si è rifatto in questi giorni, eliminando Misha Zverev, 54 ATP; Guido Pella, 74 ATP; Nick Kyrgios, 24 ATP; e Milos Raonic, 35 ATP. Tre di essi erano tennisti capaci di esprimersi al meglio sull’erba e gli ultimi due affrontati sul suo cammino per il titolo possono puntare a vincere Wimbledon: eppure Roger, al rientro nel circuito dopo tre mesi, ha portato a 21-2 il bilancio vittorie sconfitte nel 2018 e conquistato il 98° titolo della sua carriera. Numeri del genere aiutano forse a definirlo meglio di tanti superlativi (meritati).
N.b. Il numero a fianco della città indica il numero di volte che Roger è riuscito a vincere in quella stessa località
243 – la posizione nella classifica ATP in cui era scivolato lo scorso maggio Bernard Tomic. Il 25enne australiano nato a Stoccarda, 17 del mondo appena due anni fa, pagava un 2017 e una prima metà del 2018 nei quali, complessivamente, aveva raggiunto appena due volte i quarti di finale (Istanbul e Eastbourne). Un periodo buio di 16 mesi nel quale, tra una serie di piccoli infortuni e una scarsa voglia di concentrarsi sul tennis, sembrava ormai irrimedibilmente destinato a sprecare il grande talento che madre natura gli aveva regalato. Qualche segnale di ripresa lo si era avuto lo scorso maggio, quando Bernard prima aveva conquistato una finale in un Challenger francese sulla terra, poi era riuscito a qualificarsi al tabellone principale del Roland Garros (perdendo contro Trungelliti). L’inizio della stagione su erba, la superficie dove si trova meglio – a Wimbledon ha raggiunto una volta i quarti (2011) e altre due gli ottavi – lo ha riportato in semifinale in evento ATP. A ‘s-Hertogenbosch, dove è dovuto partire dalle qualificazioni senza mai perdere un set, ha mandato a casa Brown (172ATP), Smycek (125), King (165), Haase (44), Verdasco (34) per poi fermarsi solo al terzo parziale davanti a Gasquet, 30 ATP.