2 – la posizione occupata da Petra Kvitova nella classifica Race della WTA. La ventottenne ceca aveva terminato il 2017 al 29° posto del ranking, una posizione causata soprattutto dall’aver iniziato l’attività agonistica solo a fine maggio, quando partecipò al Roland Garros. Prima del Major parigino, Petra era infatti stata ferma a seguito dell’aggressione domestica subita nel dicembre 2016 nella sua abitazione di Praga. L’anno scorso le unici luci furono la vittoria del Premier di Birmingham e, in parte, la semifinale al Premier di Zhuhai e la vittoria su Muguruza agli ottavi di New York. Nulla a che vedere con questo meraviglioso 2018, nel quale attualmente ha uno score di 7-1 contro le top ten e aveva già vinto quattro tornei. A Bimingham ha confermato il titolo, ottenendo il quinto trofeo stagionale, nonostante un tabellone impegnativo: ha superato nell’ordine la beniamina di casa (6-3 6-4) Konta, 22 WTA; poi Gavrilova (duplice 6-2), 26 Wta; Georges (6-1 6-4), 13 WTA; Buzarnescu (6-3 6-2), 30 WTA; Rybarikova (4-6 6-1 6-2). Considerando il meraviglioso 2018 di Petra e i suoi due successi a Church Road, dando un’occhiata nell’attuale top ten – nella quale solo Muguruza ha già vinto Wimbledon – e ricordando gli acciacchi delle Williams, la mancina ceca può essere considerata la favorita ai prossimi Championships.
3 – gli anni trascorsi, prima di questa edizione di Halle, dalle uniche due partite vinte in carriera sull’erba da Borna Coric nel circuito maggiore. I due match risalivano entrambi al 2015, quando il croato sconfisse proprio ad Halle Young e poi a Wimbledon Stakhovsky. Nel 2016 e nel 2017, invece, il giovane croato non aveva vinto nemmeno un match sui prati. Borna in questi mesi ha sostanzialmente deluso sul rosso, superficie sulla quale come miglior risultato ha raggiunto il terzo turno al Roland Garros, fermato da Schwartzman, perdendo in precedenza da Kukhushkin in Davis, e nei secondi turni di Montecarlo (Djokovic) e Madrid (Thiem), ritirandosi inoltre al primo turno di Roma contro Tsitsipas. Un assestamento fisiologico per il 21enne croato, che quest’anno al Gerry Weber Open ha iniziato a togliersi le prime grande soddisfazioni sull’erba sconfiggendo le prime due teste serie, nonché due dei primi tre giocatori al mondo. Nel primo turno è arrivato il netto successo (6-1 6-4) sul coetaneo Sascha Zverev, 3 ATP. Coric non si è poi più fermato dopo la vittoria ottenuta contro il terzo giocatore al mondo, giungendo in finale senza perdere un set: ha poi regolato Basilashvili (6-4 6-2) , 87 ATP; Seppi (7-5 6-3), 49 ATP ed approfittato del ritiro di Bautista Agut nel corso del primo set per giungere in finale. Nell’ultimo atto del torneo, è arrivata la vittoria più importante della carriera contro il numero 1 del mondo Federer, successo che gli ha consegnato il secondo titolo della carriera, dopo quello di Marrakech nel 2017.
15 – le partite vinte da Nole Djokovic da quando a metà aprile è tornato ad allenarsi, a distanza di un anno, con il suo coach storico, Marjan Vajda. Una decisione che ha ridato quantomeno un pizzico di serenità e di fiducia nei propri mezzi al campione serbo, ancora lontanissimo parente del dominatore visto soprattutto nel 2011 e 2015 (anni condotti in testa alla classifica dall’inizio alla fine, nei quali perse appena sei partite a stagione), ma anche distante anni luce dal Djokovic imbarazzante visto tra Indian Wells e Miami lo scorso marzo. Da quando Nole è tornato con Vajda, solo a Barcellona (dove ha perso male da Klizan) ha veramente deluso. Per il resto, fatta forse eccezione per la sconfitta contro un Cecchinato in versione deluxe al Roland Garros, le altre sconfitte sono tutte accettabili per un tennista che ha saltato mezzo 2017 ed è reduce molto probabilmente da problemi personali extra-tennistici. A Montecarlo ha perso solo contro l’attuale numero due della terra rossa, Thiem, a Madrid di un soffio contro un ottimo Edmund; a Roma si è spinto sino in semifinale e per un set abbondante ha lottato alla pari con Nadal; al Queens si è arreso solo in finale, sprecando un match-point contro il finalista dell’ultimo Wimbledon, Cilic. In questi due mesi, inoltre, sono arrivate anche cinque vittorie importanti: contro Coric a Monte Carlo, contro Nishikori a Madrid e Roma, su Bautista Agut al Roland Garros e su Dimitrov al Queens. Un torneo, quest’ultimo, dove mancava dal 2010, e nel quale era arrivato in finale nel 2008, perdendo contro Nadal. Quest’anno, senza perdere nemmeno un set è arrivato all’atto conclusivo – 99° finale nel circuito maggiore – eliminando in sequenza Millman (6-2 6-1), 64 ATP; Dimitrov (6-4 6-1), 6 ATP; Mannarino (7-5 6-1) 25 ATP; Chardy (7-6 6-4) 72 ATP. Nole non è morto, molto probabilmente non sarà più quello di prima, ma sembra destinato quantomeno a un ritorno nella top ten.
16 – le partecipazioni di Roger Federer all’ATP 500 di Halle, dalle quali il campione svizzero ha ricavato ben nove titoli e tre finali, per un computo totale di 63 successi e 7 sconfitte. Un grande amore dello svizzero per questo torneo, come testimoniato dall’assiduità delle sue partecipazioni. Da quando nel 200o si iscrisse per la prima volta, fermandosi ai quarti (sconfitto da Chang) Roger ha saltato solo le edizioni del 2007, del 2009 e del 2011. Anni nei quali Federer era arrivato a giocarsi tre delle sue cinque finali raggiunte al Roland Garros. Edizioni e finali dispendiose psicofisicamente (nel 2008, quando perse nettamente in tre set a Parigi contro Nadal, non mancò ad Halle), che gli consigliarono controvoglia il forfait: all’epoca il Gerry Weber Open era calendarizzato la settimana immediatamente successiva al Major francese. Roger, con vero rammarico, preferì riposarsi in vista di Wimbledon. Quest’anno, sicuramente affaticato per aver giocato e vinto la settimana precedente – dopo 3 mesi di inattività – le quattro partite di Stoccarda, ne ha vinte altrettante ad Halle per arrivare in finale. Federer ha eliminato, senza mai convincere appieno, Bedene (6-3 6-4), 70 ATP; Paire (6-3 3-6 7-6) 47 ATP; Ebden (7-6 7-5) 69 ATP; Kudla (7-6 7-5) 112 ATP. In finale, si è arreso a Coric, vincitore col punteggio di 7-6 3-6 6-2. Una curiosità in vista del prossimo Wimbledon. Per l’elvetico si tratterà di sfatare un piccolissimo tabu: nelle sei volte che ha perso ad Halle, solo nel 2012 ha poi vinto a Wimbledon (al Gerry Weber Open quell’anno fu sconfitto in finale da Tommy Haas, ma si riscattò poi abbondantemente ai Championships, avendo la meglio in quattro set su Murray nell’atto conclusivo).
23 – le partite vinte sull’erba da Marin Cilic a partire dall’edizione 2016 del Queen’s. Un ingente numero di vittorie, a fronte di appena cinque sconfitte. Tre di queste sono state tra l’altro rimediate contro campionissimi: due volte contro Federer – la prima delle quali con lo svizzero in rimonta da due set sotto nei quarti di Wimbedon 2016 – e una contro Murray nella semifinale del Queen’s 2016. Le altre due sono arrivate solo al tie-break del terzo, contro grandi specialisti dei prati (Lopez in finale l’anno scorso nel torneo della Regina, e Karlovic in semifinale a S-Hertogenbosch, sempre nel 2017). Numeri che testimoniano la crescita costante del croato classe ’88, che sull’erba aveva già vinto al Queen’s nel 2012 e conquistato una finale l’anno successivo. Se ad essi si affiancano quelli della migliore stagione di sempre del croato sulla terra rossa (mai era arrivato in semifinale in un Masters 1000 sul rosso, come accaduto a Roma, un exploit corroborato dai quarti a Monte Carlo e al Roland Garros) si traggono interessanti conclusioni anche sul grande momento di forma generale del croato. La vittoria dell’ATP 500 londinese è arrivata tra l’altro superando un tabellone ostico, che lo ha messo di fronte a ottimi giocatori e/o specialisti dell’erba. Ha infatti superato Verdasco (6-3 6-4), 34 ATP; Muller (4-6 6-3 6-3) 32 ATP;Querrey (7-6 6-2) 13 ATP; Kyrgios (duplice tie- break) 24 ATP, Djiokovic (5-7 7-6 6-3) 21 ATP. Dopo King Roger, parte probabilmente in prima fila nella griglia dei favoriti per la vittoria dei prossimi Championships.
30 – gli anni di Tatjana Maria, per la prima volta in carriera vincitrice di in un evento WTA. La tennista tedesca, all’anagrafe Malek – si è sposata nel 2013 con l’ex tennista professionista Charles Edouard Maria, suo attuale coach, dal quale ha avuto anche una bimba nel dicembre dello stesso anno – aveva nel circuito maggiore raggiunto appena otto volte i quarti, dalle quali solo in una circostanza, nel settembre dello scorso anno, era arrivata una semifinale, persa a Quebec City dalla Van Uytvanck. Per Tatjana, il cui best career ranking era il 46 raggiunto a fine anno scorso, non è certamente più lusinghiero il suo percorso negli Slam, dove non è mai arrivata alla seconda settimana, né il bilancio con le più forti, visto che solo due volte in carriera ha sconfitto delle top ten (Na Li nel 2010, Bouchard nel 2015). Decisamente migliore la carriera in doppio, dove ha vinto tre titoli (l’ultimo lo scorso marzo ad Acapulco, in coppia con la Watson). Quest’anno in singolare non aveva ancora vinto due partite di fila, ma a Maiorca ha trovato la settimana migliore della carriera, eliminando Kontaveit (3-6 6-3 6-4), 24 WTA; Witthoeft (7-6 6-3), 75 WTA; Safarova (7-6 3-6 6-4), 44 WTA; Sofia Kenin (6-2 2-6 6-4), 92 WTA. In finale, la prima della carriera non si è fatta prendere dall’emozione e ha sconfitto Sevastova col punteggio di 6-4 7-5.
37 – la classifica migliore raggiunta nella prima parte della sua carriera da Anastasija Sevastova, finalista per il terzo anno consecutivo a Maiorca. Per la lettone classe ’90 si può parlare di due parti di carriera vere e proprie: la prima è precedente al maggio 2013, quando sul sito WTA veniva annunciato il suo ritiro. Sino a quella data, aveva vinto un titolo (Estoril 2010), era entrata nella top 40 e aveva sconfitto due volte delle top 10 (Jankovic e Stosur). La sua seconda “carriera” parte da gennaio 2015, quando ha fatto il suo ritorno nel circuito: finalmente libera da problemi fisici, si sta togliendo le migliori soddisfazioni, che l’hanno portata sino al best career ranking di 15 del mondo, nell’ottobre scorso, a seguito dei quarti agli US Open e delle semi ai Premier di Madrid, Zhuhai e Dubai. A Maiorca, dove nel 2016 aveva ottenuto la prima finale nel circuito maggiore da quando era rientrata nel circuito, quest’anno non ha ripetuto il successo ottenuto nel 2017 (in finale sulla Georges). Ha prima sconfitto (duplice 6-3) Kuznetsova, 58 WTA, poi ha maggiormente sofferto per avere la meglio nell’ordine su Lottner (1-6 6-3 6-1), 148 WTA; Tomlijanovic(3-6 6-3 6-1) 71 WTA; Stosur (7-6 6-1) 103 WTA. In finale, la prima del 2018, si è arresa a Marja.
192 – la posizione in classifica di Magdalena Rybarikova dopo il Roland Garros 2017, quando ha iniziato la scalata che l’ha portata in top 20.Un ranking molto mediocre, derivante dalle operazioni a polso e ginocchio alle quali si era sottoposta dopo i Championships 2016, interventi chirurgici che le avevano fatto saltare la seconda metà di quella stagione. Magdalena aveva avuto la (sino ad allora) migliore stagione nel 2013, fermandosi al 31esimo posto WTA. Proprio cinque anni fa era arrivato anche l’ultimo dei suoi quattro titoli vinti, Washington (gli altri li aveva conquistati, ancora nella capitale statunitense nel 2012, a Memphis nel 2011 e sull’erba di Birmingham nel 2009). Proprio sull’erba la scorsa estate si è concretizzata l’esplosione della sua carriera ad alti livelli: vincendo due ITF da 100.000$ e arrivando in semifinale all’International di Nottingham, prese la rincorsa per raggiungere addiritturale semi a Wimbledon, sconfiggendo, tra le altre, Karolina Pliskova e Vandeweghe. Gli ottavi raggiunti quest’anno a Melbourne le hanno permesso di fare un ulteriore balzo in avanti e di raggiungere il best career ranking, 17 WTA. Dopo gli Australian Open non aveva però più vinto tre partite di fila e con questo score stagionale piuttosto mediocre è arrivata a Birmingham, reduce anche da una inopinata sconfitta a Nottingham contro Mona Barthel. A Birmingham, dove nove anni fa aveva ottenuto la prima finale della carriera, la sua superficie preferita l’ha fatta rinascere permettendole di ottenere importanti vittorie: prima ha nuovamente sconfitto (6-2 6-3) Karolina Pliskova, 7 WTA; poi ha eliminato Mladenovic (3-6 6-2 6-1), 54 WTA; Jakupovic (6-2 6-4) 118 WTA; Strycova (7-6 6-4)25 WTA. In finale contro l’amica Petra Kvitova si è arresa alla distanza, perdendo col punteggio di 4-6 6-1 6-2.
207 – la classifica di Denis Kudla nel ranking ATP lo scorso novembre. Si trattava di una debacle piuttosto clamorosa per il 26enne tennista statunitense (ma d’origine ucraina, è nato a Kiev), salito sin quasi alla top 50 nel maggio di appena due anni fa, pur non sconfiggendo mai un tennista compreso tra i primi venti al mondo. I numeri aiutano a far capire la crisi attraversata da Kudla: Denis, prima di questa edizione di Halle, aveva vinto appena tre degli ultimi diciassette incontri disputati nel circuito maggiore. Rispetto a un disastroso 2017, quest’anno aveva già dato segnali di ripresa, qualificandosi ai primi due Major stagionali, vincendo un challenger e arrivando in finale a un altro, risultati che lo avevano riportato ai margini della top 100 (questa settimana era 112). Giunto il periodo nel quale si gioca sulla sua superficie preferita (sull’erba ha raggiunto, comprendendo Halle 2018, tre dei quattro quarti di finale raggiunti in carriera) si è prodotto in quello che sinora è l’exploit della sua carriera. Prima di arrendersi a Federer (vincitore col punteggio di 7-6 7-5), in quella che era la seconda semifinale della carriera, al Gerry Weber Open ha avuto un cammino immacolato, durante il quale non ha perso nemmeno un set, grazie anche a un buon tabellone. Prima si è qualificato sconfiggendo Pella e Basilashvili, poi nel main draw ha avuto la meglio su Lacko (duplice 6-4), 94 ATP; Tsitsipas 37 (6-3 6-4) e Sugita (6-2 7-5), 53 ATP.