da Londra, i nostri inviati
CHE LOTTA BERRETTINI – Gran battaglia, vinta in rimonta fino al quinto set, l’esordio a Wimbledon del nostro miglior giovane, contro un Jack Sock che alla fine ha ceduto anche fisicamente. Primo set di alti e bassi sia per Matteo che per Jack, con break e controbreak in avvio, poi l’azzurro brekka ancora nel quinto game, arriva a servire per il set, cede a sua volta la battuta per la seconda volta, e si arriva al 6 pari. Andamento abbastanza sorprendente, data la qualità del servizio di entrambi, ma da fondocampo sia l’italiano che lo statunitense alternano buone accelerazioni vincenti a parecchi errori. Come è ovvio, Berrettini e Sock si cercano a vicenda il rovescio come disperati, il primo a uscire dalla diagonale di sinistra e iniziare il bombardamento con il dritto fa punto quasi sempre. “Ma ormai del rovescio mi fido, abbiamo lavorato tanto e non ho più i problemi tecnici di prima, so che devo spingerlo sempre, e giocare meno back possibili, perchè poi spesso se lo fai ti ritrovi a correre, e a me correre non piace”
Non è un brutto match, procede a scatti, ma purtroppo lo scatto decisivo lo piazza Jack nel tie-break, quando da 3-5 sotto chiude con quattro punti consecutivi. Il secondo parziale va via senza break, non cambia il canovaccio tattico, c’è equilibrio, l’impressione è che Berrettini senta la pressione, sta giocando contro uno che era top-10 fino a qualche settimana fa, ma il match è alla portata, solo che non riesce a farlo girare. Matteo rischia in un paio di occasioni sul suo servizio, ma si salva, e arriva un nuovo tie-break. Che Sock gioca con molta attenzione e solidità, incassando qualche errore dell’azzurro, che si lamenta di se stesso e ha abbastanza ragione. Berrettini non sembra esplosivo al massimo quando serve, per lui 6 ace in 12 game di battuta sono pochi, le percentuali non lo premiano, in particolare ottiene solo il 26% dei punti con la seconda palla. Sotto due set a zero è dura, però Matteo reagisce con carattere, e brekka subito l’avversario al termine di un game interminabile, da 21 punti. Da questo momento in poi, come se si fosse sbloccato, l’azzurro aumenta l’intensità, concede briciole al servizio (6 punti nel set), e chiude 6-4. Stessa cosa nel quarto set, Berrettini anche se nella scomoda posizione di servire per secondo non ttrema mai, piazza un gran break a zero nell’undicesimo game, e si prende di forza il 7-5 che vale il quinto set. Molto bene Matteo ora, osa con successo il lungolinea di rovescio, chiude bene a rete, e si fa applaudire dal numeroso pubblico del campo 12 per diversi ottimi tocchi smorzati, e uno splendido pallonetto liftato di rovescio. Sock esce dal campo per un medical time-out, rientra con una fasciatura alla parte alta della coscia destra. “Non avevo mai provato a essere sotto due set a zero e pensare che potevo ancora vincere, ma stavo bene, non mi sentivo stanco, colpivo bene la palla”
Appare decisamente sofferente lo statunitense al rientro in campo, va al servizio da immobile, potrebbe essere un irrigidimento muscolare. Subito due palle break per Berrettini, Jack non riesce a servire caricando la gamba, ma da fermo tira comunque forte il dritto, e si salva. Matteo non affonda i colpi, sembra distratto più del dovuto dalle difficoltà fisiche dell’avversario, che si fa massaggiare al cambio campo in vantaggio per 2-1. Potrebbe essere anche un inizio di crampi. Sock è sempre più nervoso, si prende un warning per turpiloquio, discutendo con l’angolo dell’italiano. “Non ho sentito cosa si dicevano, io in campo penso solo a concentrarmi su me stesso, non bado a cosa fa l’altro“. Berrettini intanto si ricorda di essere bravo a fare le palle corte, ne mette una, poi passante di dritto, e va avanti di un break. Con Jack praticamente zoppo, basta e avanza. Ne arriva un altro, Sock non riesce più a colpire la battuta praticamente, il 6-2, e il secondo turno dell’azzurro, arrivano pochi minuti dopo. Prima partita finita al quinto set in carriera, una vittoria con rimonta da due set a zero sotto a Wimbledon: niente male, Matteo, davvero bravissimo. “Un sogno che si avvera, sì, io l’anno scorso qui non avevo classifica nemmeno per entrare nelle qualificazioni. Sto vivendo esperienze che vanno veloci, è ancora tutto nuovo per me. Adesso con Simon? Beh, avrei preferito giocarla sulla terra o sul duro, ma è bello il tennis su erba, è una superficie storica, rara“.
SOLIDO SIMONE – Bel match di Bolelli, che ha eliminato sul campo 15 l’uruguagio Pablo Cuevas. Bel match non solo da parte di Simone, ma proprio in generale, molto ben giocato da entrambi per i primi due set, che l’azzurro si è aggiudicato al tie-break. Nessun break per le prime due ore di partita, in cui Bolelli e Cuevas se le sono suonate di santa ragione, divertendo gli spettatori accalcati e accaldati. Si sono visti splendidi rovesci a una mano, gran dritti in accelerazione, servizi incisivi (20 ace Pablo), il repertorio completo, inclusi diversi tocchi di classe e qualche ottima volée. “Mi variava molto il servizio, io avevo più difficoltà a trovare angoli per via del vento, ma poi sono riuscito a giocare dei vincenti importanti quando era necessario“.
I primi due parziali si sono decisi su tre-quattro palle al massimo; davvero bravo l’azzurro ad affondare i suoi gran colpi da fondo nei momenti che contavano. Nel terzo set, Pablo ha avuto il primo passaggio a vuoto, che gli è costato due break e il 6-1 conclusivo. 38 vincenti e soli 14 errori danno la misura della qualità messa in campo oggi da Simone, a tratti è sembrato di rivedere lo splendido attaccante che aveva entusiasmato contro Nadal a Parigi un mese fa. “Fisicamente mi sento bene, la superficie è veloce soprattutto con le palle nuove, a lui piace correre ma qui se uno tira non è facile difendere“.
Sempre un bello spettacolo ammirare un colpitore del livello di Bolelli sui campi rapidi, rimane costante un vago rimpianto, e la domanda: con un po’ di fortuna e continuità fisica, ovvero meno infortuni assortiti in carriera, dove avrebbe potuto arrivare? Nel frattempo, il secondo turno a Wimbledon da lucky loser è un bel segnale. “Beh, in effetti anche se non ne avevo la certezza, era nell’aria che anche da sesto lucky loser avevo buone possibilità. Dopo parigi, anche qui Dolgopolov mi ha lasciato il posto… eh, gli devo una cena, sì. Il derby con Fabio Fognini? Sarà durissima, dovrò essere aggressivo sempre, certo lui non serve in modo esplosivo, ma risponde benissimo. La superficie mi aiuta, questo sì, se dovessi scegliere dove affrontare Fabio sceglierei proprio l’erba“. Bravo Simone, intanto, continua così..
CECK, L’ERBA È DURA – È piccolo Alex De Minaur, sembra quasi innocuo, ma ragazzi: che bella vivacità, che piedi rapidi e quanta tenacia. Non deve deprimersi troppo Marco Cecchinato per aver mancato la qualificazione al secondo turno contro il 19enne australiano, escluso forse con troppa fretta dai salotti belli della Next Gen. Certo il baricentro basso aiuta De Minaur sull’erba, superficie che invece Cecchinato ha dimostrato di vivere un po’ come una parentesi che è bene finisca presto, ma non è così usuale trovare un under 20 che dimostri tale attitudine sui prati. Nonostante un fastidio alla coscia destra, fasciata in apertura di terzo set, quando sembrava che Marco potesse prendere il controllo delle operazioni. In quel momento si era sul punteggio di un set pari, in virtù di un primo set vinto da De Minaur con buona astuzia – break piazzato sul 4-4, dopo otto game senza chance per chi rispondeva – e di un secondo finito nelle mani di Cecchinato al tie-break, grazie a un servizio quasi blindato e al coraggio mostrato in qualche esecuzione di rovescio, prima troppo sacrificato nelle esecuzioni in back.
Da quel momento il controllo dei servizi finisce a mare, per entrambi. Un solo break nei primi due set, ben sette nei due successivi che consegneranno l’incontro a De Minaur. La successione dei game diventa abbastanza schizofrenica a metà del terzo set: Cecchinato breakka per prima sfruttando un gratuito dell’australiano che si vede restituire il vantaggio con le stesse modalità, quindi l’italiano si porta ancora avanti e sciupa ancora, sempre con il dritto. Il livello sale, Cecchinato vince un punto splendido sul 4-4 e annulla due set point nel game successivo per portarla ancora al tie-break. È il punto di svolta dell’incontro: nonostante De Minaur ogni tanto sembri in difficoltà negli spostamenti verso destra, la gestione dei punti importanti è mirabile. Vinto il terzo parziale si porta subito in vantaggio nel quarto e vale a poco il tentativo di rimonta dell’italiano, che si vede privato di un altro servizio appena dopo aver ricucito lo strappo. Un mix tra difficoltà in risposta di Cecchinato e abilità di De Minaur – che nel corso dell’incontro trova il modo di tirare su i ripetuti back di Cecchinato, sempre molto insidiosi – vale il secondo turno per chi, alla fine, ha dimostrato di crederci di più. A Cecchinato più che le armi per far bene su questa superficie, sembra possa mancare un pizzico di convinzione.
FOGNINI ESCE ALLA DISTANZA – Partenza in sordina per Fabio che fa fatica a trovare la giusta concentrazione. Poi, però, l’italiano è bravo a ribaltare l’inerzia del match, a rimanere sempre in testa per poi chiudere l’incontro in 2 ore e 4 minuti con lo score di 3-6 6-3 6-3 6-3. Il Fognini del primo set è disattento e impreciso, sprecando oltremodo e permettendo così a Taro Daniel (n. 87 ATP) di archiviare il primo parziale per 6-3 in 26 minuti: “ho iniziato così così, pigro, poi ho trovato il gioco e comunque la prima partita è sempre pericolosa” commenta Fognini in conferenza. Le condizioni di gioco sono ideali sul bel court 18, il campo diventato celebre per il match infinito tra Isner-Mahut (primo turno dell’edizione 2010) – la partita più lunga di sempre – durato 11 ore e 5 minuti per 183 giochi. Tuttavia, alla distanza, il savoir faire di Fognini si fa vedere e con l’ottima mano che lo contraddistingue, il ligure infastidisce l’avversario con back bassissimi, smorzate ben calibrate e stop volley da manuale. Ora è lui a comandare il gioco e, a sua volta, intasca il secondo parziale per 6-3. Stesso copione per la terza frazione e, anche se restituisce uno dei due break sul 5-2, chiude ancora 6-3. Fognini ora è più deciso e propositivo; sempre in avanzamento, l’azzurro prende il largo nel punteggio anche nella quarta partita, aprendosi bene il campo e affondando con i fondamentali dopo aver scardinato il palleggio da fondo del giapponese. Fabio si allontana sul 4-1 e, accompagnato dal tifo dei tanti italiani presenti in tribuna, accede al match chock del secondo turno, il derby azzurro e dell’amicizia con Simone Bolelli, vittorioso su Pablo Cuevas. I due sono 1-1 nei loro precedenti e l’ultimo scontro diretto risale all’ormai lontano 2009, nel match di ottavi di finale del torneo di Umago, vinto da Bolelli. “Anche con Simone sarà un match molto difficile, lui gioca bene sull’erba, fa l’1-2 e sono certo che, se potesse, sceglierebbe sempre questa superficie per giocare contro di me“. Esattamente quanto affermato da Simone dopo la partita con Cuevas…
SONEGO SI PERDE DOPO UN SET (E MEZZO) – Peccato davvero per il nostro lucky loser Lorenzo Sonego, che in un primo turno per nulla semplice contro il baby-papà Taylor Fritz (n. 68 ATP) per un set e mezzo tiene il campo con grande autorità dando ogni sorta di grattacapi al suo più quotato avversario, per poi improvvisamente subire un’imbarcata di 20 punti a tre che ha rovesciato il secondo set ed ha cambiato radicalmente l’inerzia del match.
Partito tenendo bene gli scambi da fondo e mettendo in difficoltà Fritz con le palle basse sul suo diritto, Sonego ha ottenuto il break al sesto game del primo set grazie ad un passante di rovescio lungolinea da leccarsi i baffi che ha reso vano il tentativo dell’americano di effettuare una volée in tuffo. Il rovescio di Fritz era chiaramente più penetrante di quello dell’azzurro, che impostava i suoi scambi prevalentemente sulla parte sinistra del suo avversario, ma gli errori erano un po’ troppi da quella parte. Approfittato di un paio di diritti larghi di Fritz all’inizio del secondo parziale, Sonego se ne andava subito sul 2-0 prima di smarrire completamente lucidità e servizio ed inabissarsi nella striscia negativa di cui sopra che gli costava il set. “Mi si è spenta la luce, non so davvero cosa sia successo – ha spiegato Lorenzo dopo il match – Lui è salito tanto, mi è montato sopra e non mi ha più dato una chance. La differenza tra chi è sessanta e chi no è anche questa. Fisicamente mi sono sentito molto stanco dopo i primi due set, poi ho avuto un piccolo risentimento al polpaccio destro che mi ha distratto ancora di più, continuavo a pensare ai fastidi fisici invece di pensare a cosa fare”.
Dopo un terzo set in cui si era subito trovato con l’acqua alla gola e perduto piuttosto rapidamente, Sonego si metteva a giocare serve and volley in maniera più continua, affidandosi alle sue volée per cambiare l’esito del match. “Ho provato a fare qualcosa di diverso, ed ha funzionato fino a quando non ho perso il servizio. In ogni modo per me questa era la prima esperienza a Wimbledon, il torneo che ho sempre sognato di giocare quando ero bambino, e mi servirà per migliorare il mio tennis. Ora torno ad allenarmi sulla terra per Bastad, Amburgo, Kitzbuehel, e poi ci saranno i tornei in America a partire da Cincinnati”.
https://soundcloud.com/ubitennis/wimbledon-2018-cecchinato-in-esclusiva-per-ubitennis
I risultati degli italiani:
M. Berrettini b. [18] J. Sock 6-7(5) 6-7(3) 6-4 7-5 6-2
[19] F. Fognini b. T. Daniel 3-6 6-3 6-3 6-3
T. Fritz b. [LL] L. Sonego 3-6 6-3 6-2 6-2
[LL] S. Bolelli b. P. Cuevas 7-6(5) 7-6(6) 6-1
A. De Minaur b. [29] M. Cecchinato 6-4 6-7(6) 7-6(5) 6-4