(da Londra, il nostro inviato)
È sempre difficile interpretare il primo turno di uno Slam, e ancora di più a Wimbledon perché non tutte le protagoniste più attese arrivano rodate da un numero di partite sull’erba sufficienti per capirne la forma.
Nel “Day One” erano impegnate, come sempre, 16 teste di serie, e 6 di loro sono state sconfitte. Sono: Stephens (n°4), Svitolina (5),Vandeweghe (16), Rybarikova (19), Sevastova (21), Zhang (31). Ha rischiato moltissimo anche Radwanska (32), che si è salvata in extremis contro la numero 195 WTA, la ventenne rumena Ruse (qualificata). Aga ha dovuto fronteggiare sei match point sul 4-5 terzo set prima di chiudere in proprio favore con tre game consecutivi.
Sei sconfitte su sedici match non sono poche, ma alcuni confronti apparivano incerti al di là delle indicazioni di classifica. Andrea Petkovic ha superato Zhang Shuai, confermando la buona impressione che aveva lasciato a Parigi contro Simona Halep; forse per Andrea il peggio è passato, e potrebbe pensare di risalire nel ranking (è arrivata perfino ad uscire dalle prime 100).
Del successo di Giorgi su Sevastova ho parlato altrove e rimando all’articolo specifico; in ogni caso una sua vittoria non è certo da considerare una sorpresa. Sevastova ha il gioco da erba, ma stranamente a Wimbledon ha sempre faticato moltissimo, tanto che in carriera nel main draw ha vinto un solo match, contro Putintseva nel 2017.
Quello che invece non mi sarei aspettato è l’uscita al primo turno di Magdalena Rybarikova. Non per togliere meriti a Sorana Cirstea, che nelle ultime stagioni ha dovuto combattere con infortuni di ogni tipo, e che solo di recente è riuscita a risalire nel ranking, ma era difficile pensare che la semifinalista dello scorso anno sarebbe stata eliminata all’esordio, anche perché Magdalena era reduce dalla finale di Birmingham.
La partita si era anche messa a favore di Rybarikova, che era salita 5-3 e ha servito per il primo set sul 5-4; ma ha finito per subire un parziale di zero game a 4 che le è costato il 5-7. Da lì in poi non è più davvero riuscita a risalire la china, finendo per perdere 6-3 anche il secondo set. Purtroppo non ho seguito se non per brevi porzioni il match per cui non me la sento di dare una interpretazione degli eventi. Chissà, forse ha pesato l’ansia di dover confermare l’exploit di dodici mesi fa. Ma non è detto che non ci siano meriti di Cirstea. Lo capiremo nei prossimi turni.
CoCo Vandeweghe ha perso un confronto lottatissimo (6-7(3), 6-3, 8-6) contro Katerina Siniakova, e questo risultato invece mi sorprende fino a un certo punto. Siniakova non è il massimo della continuità, ma in carriera già diverse volte ha saputo sconfiggere avversarie che, sulla carta, venivano indicate come superiori a lei: penso ad esempio alle attuali numero 1 e 2 del mondo, Halep e Wozniacki. Ho seguito il secondo set dal vivo e continuamente Vandeweghe dava segni di sofferenza alla caviglia destra. Più ancora che negli spostamenti, il problema sembrava serio quando caricava l’articolazione per colpire. Anche questo potrebbe avere inciso sull’esito finale.
Elina Svitolina ancora una volta è stata respinta all’esame degli Slam: sembra proprio che non riesca a fare il salto di qualità nei Major. Questa volta non è riuscita a sbrigliare la matassa costruita dal gioco anomalo, ricco di colpi in back, di Tatjana Maria, che sull’erba ha uno stile che si potrebbe definire “niculeschiano”. Il suo dritto slice sta diventanto altrettanto famoso. Dopo la vittoria a Maiorca 2018, Maria conferma che la sua interpretazione dell’erba risulta davvero efficace. Nota a margine: in un periodo in cui si parla di tennis e maternità (Serena Williams, Victoria Azarenka), ricordo che anche Tatjana è madre di una bambina, nata nel 2013.
La testa di serie più alta a cadere è stata Sloane Stephens. Purtroppo non ho visto nemmeno un quindici del suo match, che si sovrapponeva con quello di Giorgi, ma devo dire che il risultato mi pare tecnicamente comprensibile, dato che aveva pescato una bruttissima cliente sull’erba come Donna Vekic. Vekic l’anno scorso aveva vinto il torneo di Nottingham e poi a Wimbledon aveva fatto soffrire la semifinalista Johanna Konta in una battaglia persa solo 10-8 al terzo set. In più Stephens si presentava a questi Championships senza nemmeno un match disputato sull’erba, e trovare il ritmo-partita sui prati non è mai semplice. Aggiungiamoci che di tutti i terreni possibili questo è quello che probabilmente le si addice meno, e abbiamo una base di partenza piuttosto solida per spiegare il risultato. Non sono uno scommettitore, ma alla vigilia questo mi sembrava l’upset più tecnicamente comprensibile della giornata.
E così nel primo giorno di torneo il tennis statunitense ha perso due giocatrici importanti (Stephens e Vandeweghe), semifinaliste agli US Open 2017; ma si può consolare con i successi di Serena (contro Rus), Venus Williams (contro Larsson) e di Madison Keys (contro Tomljanovic). In attesa di conferme nei prossimi giorni, ho l’impressione che la parte di tabellone che è scesa in campo per prima sia leggermente meno agguerrita di quella che scenderà per seconda, e che vede al via Muguruza (campionessa in carica), Halep, Kvitova, Kerber, Sharapova… Ma ci sarà tempo per approfondire la questione.
Infine una ultima citazione per le altre teste di serie “sopravvissute”: Wozniacki senza problemi contro Lepchenko; Karolina Pliskova è invece riuscita a perdere un set contro la wild card Harriet Dart; Bertens ha superato Stefkova, Goerges ha sconfitto una giocatrice che in passato ha sofferto molto come Monica Puig e poi Strycova, vincente in due set tirati su Kuznetsova (che non ha mai amato moltissimo l’erba).
Ha chiuso la giornata una delle partite più interessanti del programma: Mihaela Buzarnescu contro Aryna Sabalenka. Due giocatrici in forma e ancora in crescita, anche se con dieci anni di differenza: Mihaela è nata nel 1988, Aryna nel 1998. Da una parte la semifinalista di Birmingham e testa di serie numero 29, esordiente nel main draw di Wimbledon malgrado i trent’anni; dall’altra una ventenne in rampa di lancio, finalista a Eastbourne come Sabalenka. I primi due confronti diretti li aveva vinti Sabalenka, ma questa volta è finita 6-7(3), 6-1, 6-4 per Buzarnescu.
Non avevo mai avuto l’occasione di vederle giocare dal vivo ed ero curioso di capire quanto fosse diversa la sensazione che si ha dalla TV rispetto alla realtà del campo. Il loro match era programmato sul Court 16, che offre solo tre file di posti sui lati lunghi. Distanza massima dal rettangolo verde: un paio di metri. Sabalenka non mi ha particolarmente sorpreso: la potenza si vede tutta e anche, almeno per il momento, una certa difficoltà a risolvere i problemi tecnico-tattici quando lo scambio prende un indirizzo diverso dal puro gioco di spinta.
Ma la vera scoperta per me è stata Buzarnescu, che dal vivo mi è sembrata una giocatrice di grandi doti: colpisce con estrema pulizia e se ha il tempo sufficiente di eseguire il movimento, senza doverlo “arrangiare”, l’impatto delle corde suona dolcissimo, con la palla che fila via rapida senza mai dare la sensazione di strappi. Un vero talento tennistico. Il rumore del colpo è molto particolare: la sua combinazione di telaio+corde produce un suono discreto, più leggero di quello di quasi tutte le altre giocatrici. Chissà se dipende dalla combinazione dei materiali o invece da una incordatura con poca tensione.
Fisicamente, nel tronco e nelle braccia, più che una tennista sembra una ballerina classica, con muscoli definiti ma particolarmente lunghi e sottili. E probabilmente non è un caso che muova gli arti superiori con fluidità ed eleganza. Forse dipende dalla mia scarsa sensibilità di telespettatore, ma raramente mi è capitato di scoprire una giocatrice così poco telegenica nel gesto tennistico, se confrontato con la realtà. La TV fornisce tantissime informazioni, ma i filtri tecnici tendono a omologare certi aspetti che si percepiscono quasi di istinto. E tutto ciò finisce per penalizzare una giocatrice così ricca di particolarità come Mihaela. Dal vivo è davvero uno spettacolo, e per questo mi sento di consigliare di andare a vederla sul campo, con i propri occhi.