da Londra, il nostro inviato
ALTRA CATEGORIA – Quando in mattinata, poco prima che aprissero i cancelli, sono andato a vedermi il riscaldamento di Roger Federer sul campo 14, non potevo sapere che lo sparring partner mancino scelto dallo svizzero, il doppista Mate Pavic, avrebbe rappresentato in partitella un impegno quasi più difficile per la testa di serie n°1 rispetto all’avversario degli ottavi di finale battuto senza problemi due ore dopo, il francese Adrian Mannarino. Che sarebbe uno non male su erba (quarto turno qui anche l’anno scorso, perse in tre da Djokovic, mettendolo pure in difficoltà nel secondo), ma oggi non ha potuto nemmeno avvicinarsi al fare partita. Primo set 6-0 in meno di 20 minuti, Federer in totale controllo (salvo una palla break quasi casuale sul 5-0 cancellata con l’ace) senza nemmeno aver bisogno di strafare o inventarsi magie delle sue. “Il problema con Roger è che ti fa sudare su ogni singola palla, fin dall’inizio, o servi alla grande o ti risponde sempre“, racconta Mannarino. “Il primo set, 6-0 in 16 minuti, non dovrebbe succedere così, penso non ci riuscirò più questa settimana, mi godo questo. Comunque poi Adrian ha dimostrato di essere un top-30, ha giocato due buoni set dopo quello”, commenta Federer.
BRACCIO SCIOLTO – Quando Mannarino tiene il servizio in avvio di secondo parziale, non senza difficoltà (4 palle break annullate), scrosciano gli applausi del Centre Court. Che il pubblico voglia assistere a un match più combattuto è comprensibile, ma son cose che psicologicamente ti ammazzano, quando hai già il morale sotto le scarpe. In questa fase, Roger pare quasi non affondare i colpi al 100%, come se gli facesse piacere trovare ritmo in scambi più lunghi, invece di sparare subito il vincente. La definizione di allenamento agonistico, insomma. In ogni caso, Roger che gioca rilassato e a braccio scioltissimo è sempre un bel vedere. A scanso di equivoci, lo svizzero fa il pugnetto a ogni buon punto realizzato, volendo probabilmente evitare di distrarsi troppo inconsciamente, e direi che fa bene. Pur annullando palla break sia nel terzo che nel quinto game, però, Adrian arriva a condurre 5-4. A quel punto Federer, che evidentemente non ha voglia di impelagarsi in un tie-break o peggio, mette giù il piede sull’acceleratore, fino in fondo, per cinque minuti contati. Il che si traduce in tre game conquistati di fila, con Mannarino lasciato lì come un ciclista stanco in una tappa di montagna. 7-5 e due set a zero Roger, cambio di ritmo spaventoso ed evidentissimo, per primo allo stesso francese che scuote la testa avvilito.
QUALCHE RISCHIO DI TROPPO – Ridendo e scherzando si arriva al 4-3 Mannarino nel terzo, e qui l’errore di distrarsi troppo Federer lo commette davvero: dopo un lungo scambio di slice, onestamente condotto giochicchiando, gli scappa un dritto, e sono 2 palle break per Adrian. Lo svizzero le annulla con servizio e pressione di dritto, poi gli arriva una risposta sui piedi e ne affronta una terza, risolta con l’ace. In un attimo, siamo 4-4. Il rischio corso pungola Roger, che cambia marcia di nuovo, piazza il break, e poco dopo chiude 6-4. “Ma non è che deve essere un dramma se per caso uno perde un set. Fa parte di quello che può avvenire in una partita di tennis, magari poi ne parlano i fan, la stampa, ma non è nulla di che”.
TUTTI I NUMERI DI ROGER: 32, 53, 16 – Siamo a 32 set consecutivi vinti a Wimbledon – la suaseconda striscia consecutiva più lunga sull’erba di Londra: la prima è di 34 parziali di fila (dal terzo turno del 2005 alla finale del 2006) -, 53 quarti di finale Slam totali, 16 qui ai Championships. 81 game di servizio tenuti consecutivamente. Poco altro da dire, numeri che si commentano da soli. “Sono strisce che a volte capitano casualmente, non sono cose che puoi pianificare, basta che un colpo, un punto vadano dentro o fuori e cambia l’esito di un intero set. Certo, se giochi bene, rimani concentrato, e di conseguenza ti metti nelle condizioni giuste, allora questi bei filotti possono verificarsi“. Ai quarti la sfida contro Kevin Anderson.
QUARTO ‘QUARTO’ A WIMBLEDON PER MILOS – Troppo leggero il ventitreenne californiano Mackenzie McDonald (103 ATP), che offre comunque una buona prova, per il braccio armato di Raonic (32 ATP). Primo set risolto in avvio da Milos con il break del 2-0, trasformato in breve nel 6-3 che lo manda avanti. Il secondo parziale è quasi una copia carbone del precedente, McDonald perde la battuta in avvio ed è sempre in difficoltà al servizio ma riesce a contenere i danni e cede solo di un’incollatura. Ma nel tennis spesso la fine sembra vicina e non lo è, così lo statunitense nel terzo riesce a tenere aperti i giochi fino alla fine e si prende il tie break grazie a un passane in avanzamento dopo risposta assassina. In avvio di quarto set McDonald sembra tornato pienamente nel match, non soffre in battuta ed è pericoloso in risposta ma contro bombardieri di tal fatta ogni distrazione è fatale e nel sesto gioco un rovescio lungo e un dritto largo provocano la frittata decisiva. Un altro break subito dopo scrive i titoli di coda. Raonic ai quarti affronterà John Isner, che conduce 3-1 nei precedenti.
ISNER CHIRURGICO – Alzi la mano chi non avrebbe giurato in una rapida eclissi di Isner, dopo il traumatico inizio d’anno vissuto dal gigante di Greensboro. Partito con un inquietante record di 1-6, laddove “uno” rappresentava l’unica vittoria, ottenuta a Delray Beach contro Radu Albot sudando alquanto, e sconfitto per cinque volte al primo turno, John è improvvisamente risorto a Miami, dove ha vinto il primo 1000 della carriera dopo tre finali perse, viatico all’avvento nella top 10 a quattro anni di distanza dalla prima apparizione. Da lì, una stagione sul nemico rosso anche migliore del preventivabile e, a trentatré anni suonati, anche l’esordio alla seconda settimana dei Championships: già che c’era, Isner ne ha approfittato per andare ai quarti, impartendo a Stefanos Tsitsipas un’utile lezione di chirurgia tennistica. Come si gestiscono i decisivi momenti di pressione, in partite che girano su quattro, cinque punti? Chiedete a Long John. Che ha vinto sulle ali di un servizio devastante come ai tempi più luccicanti (sin qui, quattro partite e sei palle break in totale concesse, nessuna delle quali trasformata), infondendo al giovanissimo rivale un pernicioso senso d’impotenza. Il numero 10 ATP ha ingoiato il primo set inserendosi nell’unico pertugio offerto dal greco nel nono gioco, chiudendo poi con ace centrale una frazione da 92% di punti con la prima in campo e addirittura 80% con la seconda palla. Mostruoso.
La tempesta per Tsitsipas, il quale ha provato a bloccare ogni ribattuta per entrare nello scambio, con risultati alterni, non ha accennato a placarsi: nel secondo set Isner ha servito appena tre seconde, imponendo al povero Stefanos l’umiliante statistica relativa alla resa in risposta: nel medesimo secondo set, il teenager è riuscito a giocarne in campo appena il 19%. Nel tie break l’ultima vera chance per il giocatore ateniese, quando l’uomo dalla Carolina del Nord ha sparato lungo il facile smash per lo 0-2, ma qualche scelta molto discutibile ha prodotto l’arrivo sul cornicione, specialità statunitense. Due a zero e palla al centro, verso un nuovo tie break, quello del terzo set, vinto con maggiore agio da Isner, il quale, in risposta nel decimo gioco, si era nel frattempo visto annullare un match point da una coraggiosa volée in contropiede di Tsitsipas. John vola ai quarti, dunque, e le sue prospettive non sono malvage: affronterà Milos Raonic, può decidersi nell’insondabile lotteria dei tie break. Lui, però, sta decisamente meglio del canadese.
ANDERSON SALVATO DAI TIE BREAK – Dopo Milos Raonic e John Isner anche Kevin Anderson ha trovato la propria via verso i quarti di finale: l’erba di Wimbledon pare sia tornata a sorridere ai cosiddetti grandi servitori, così come avveniva nei tempi ormai remoti in cui i prati erano prati per davvero. Non una prestazione memorabile, quella messa in scena dal sudafricano, il quale ha fatto di tutto per complicarsi l’esistenza nel corso di un match che avrebbe potuto (e dovuto) vincere nella metà del tempo in effetti impiegato. Lasciato a piedi dal solitamente affidabile dritto, Kevin ha tenuto a lungo in partita uno svagatissimo Monfils sprecando occasioni in serie, finendo per rischiare grossissimo nel tiro a segno dei tre tie break comunque vinti grazie al dirimente colpo d’inizio scambio in dotazione. Certo, l’orrendo terzo set perso e foriero di un’ulteriore ora di fatica suona come un sinistro campanello d’allarme: Roger Federer, suo prossimo avversario, non sarà disposto a perdonare un decimo delle malefatte commesse quest’oggi.
hanno collaborato Emmanuel Marian e Raffaello Esposito
Risultati (parte alta)
[1] R. Federer b. [22] A. Mannarino 6-0 7-5 6-4
[13] M. Raonic b. M. McDonald 6-3 6-4 6-7(5) 6-2
[9] J. Isner b. [31] S. Tsitsipas 6-4 7-6(8) 7-6(4)
[8] K. Anderson b. G. Monfils 7-6(4) 7-6(2) 5-7 7-6(4)
Gli altri risultati (parte bassa)
[2] R. Nadal b. J. Vesely 6-3 6-3 6-4
[24] K. Nishikori b. [Q] E. Gulbis 4-6 7-6(5) 7-6(10) 6-1
[5] J.M. del Potro vs G. Simon 7-6(1) 7-6(5) 5-7 sospesa per oscurità
[12] N. Djokovic b. K. Khachanov 6-4 6-2 6-2