da Londra, Luca Baldissera, Laura Guidobaldi e Vanni Gibertini
A quasi 37 anni, appena al quarto torneo dopo il rientro dalla gravidanza. Serena Williams è di nuovo là dove ha abituato tutti, in finale Slam. La decima a Wimbledon, dove ha vinto sette volte (perse nel 2004 contro Maria Sharapova e nel 2008 contro la sorella Venus). Giocherà contro Angelique Kerber, la stessa avversaria dell’ultima volta, due anni fa. “Nemmeno un anno fa ero incinta, oggi eccomi qua. E la gente pensa sempre che sia la favorita. Interessante”. Il record di Margaret Court è a portata di mano.
Hai la sensazione che giocare a tennis ora sia tornato ad essere “ordinaria amministrazione”? Cosa pensi di dover affrontare ancora una volta Angelique qui? L’ultima volta che vi siete incontrate l’hai battuta.
Una domanda alla volta, per favore. Il mio cervello da mamma non riesce a gestire più di una domanda alla volta.
Risponderò a quella su Angelique. Credo che stia giocando molto bene. Non credo che fosse sul radar di molti addetti ai lavori all’inizio del torneo. Credo che l’erba sia la sua migliore superficie, gioca così bene qui. Sa esattamente come giocare su questi campi. È la sua seconda finale in tre anni, non è vero? Davvero notevole. Credetemi, vorrà vincere il torneo, così come lo voglio io. Credo che sarà una bella finale, così come l’ultima che abbiamo giocato. Spero che il risultato sarà in mio favore.
Siccome la finale sarà la stessa dell’ultima volta che hai giocato, senti di avere un’occasione di riprendere da dove avevi lasciato prima della pausa dal tennis?
Non so, non credo. È stato tutto così veloce. In un certo senso è così. L’ultimo Wimbledon che ho vinto è stato contro di lei. Ma siamo in una situazione differente ora. Sta giocando così bene, credo che sia in grande fiducia, devo essere pronta a giocare il match della vita.
Sono circa sei anni che lavori con Patrick e durante questo tempo lui è sempre stato molto disponibile a parlare con i media. Questa settimana ha detto che gli hai chiesto di non farlo più. Cosa ti ha spinto a questa decisione?
Stiamo provando un nuovo approccio.
Hai parlato di come raggiungere questa finale non sia stato così facile come qualcuno può credere. Puoi descrivere quanto sono stati difficili gli ultimi 10 mesi? Nel passato hai parlato dell’orgoglio di essere un modello di comportamento. Quanto sei orgogliosa di essere una tennista ed una madre allo stesso tempo?
Sono stati 10 mesi davvero pazzeschi. Solo un anno fa ero ancora incinta. È qualcosa che devo continuare a ricordarmi. Tornare a giocare essendo una mamma è davvero bellissimo. Sapere che, qualunque cosa accada, avrò l’amore ed il supporto incondizionato della mia famiglia è una grande sensazione, non riesco davvero a descriverla. È un fatto di cui non ero a conoscenza fino a che non l’ho sperimentato direttamente, ed è fantastico. Sono molto orgogliosa di essere un modello di comportamento, l’ho fatto diventare una parte di me, ed ora cerco di essere un modello ancora migliore. È molto importante per me, uno degli obiettivi della mia vita.
Dal 1975, Margaret Court ha il record di titoli Slam. Sembrava impossibile da superare. Come ti senti, a un passo dal pareggiarlo? Cosa significherebbe per te?
A essere proprio onesta, non ci avevo pensato fino a questo torneo. Nemmeno una volta, anzi, credo di essermene dimenticata. Credo sia una bella cosa, perché, vedi, mi metto così tanta pressione addosso, come quando cercavo di arrivare a 18. Ma come ho già detto negli ultimi due anni, non voglio pormi limiti. Lo facevo in passato, pormi limiti, ora non voglio più farlo. Sono solo numeri, alla fine. Voglio vincere il più possibile, a cominciare dalla prossima partita. Che devo ancora giocare, quindi non ci sono ancora.
Puoi essere più precisa su quello che hai detto alla BBC dopo la partita, il fatto che avresti potuto non farcela con i problemi medici che hai avuto? Questo fatto fa diventare più emozionante, significativo essere in finale?
Sì, decisamente. Non è un segreto che io abbia avuto un parto molto problematico, pieno di complicazioni. Credo di aver perso il conto dopo, tipo, quattro interventi chirurgici, ne ho subiti così tanti. Era diventata un’abitudine, ogni giorno dovevo sottopormi a un’operazione diversa. Ho avuto tanti problemi di circolazione, e a causa di questo, sono andata davvero vicina a non farcela, per un minuto. Non me lo ha detto nessuno fino a dopo, me ne ha parlato la mia agente Jill, raccontandomi quanto fosse stato tremendo, drammatico per chi mi stava aspettando. Sono contenta che non mi abbiano detto subito la gravità della situazione, mentre non ero ancora fuori pericolo. Sì, è stata dura. Per un periodo, non riuscivo nemmeno a camminare fino alla mia cassetta delle lettere. In tanti qui dicevano beh, deve andare in finale, come fosse ovvio. Ma per me, è un piacere e una gioia tanto grandi proprio perché ho passato momenti terribili meno di un anno fa.
Ne avevi passate di brutte anche negli anni scorsi, come quando ti sei ferita al piede. Questa, immagino, sarà stata la peggiore, la più dura. È stato così?
Beh, è interessante. Non lo so se è stata più dura, perché ora ho Olympia. Da parte mia, riesco a vedere solo gioia da tutto questo. Da un certo punto di vista sì, è stata la prova più dura, ma dall’altro è stata di gran lunga la più meravigliosa.
È frustrante per te pensare che, solo 10 mesi dopo aver dato alla luce tua figlia, la gente possa ritenere che arrivare in finale per te sia comunque la routine?
Non è frustrante. Direi che è piuttosto bello sentire la gente dire “oh, lei è favorita” quando invece negli ultimi 16 mesi ho disputato quattro tornei e stavo portando un altro essere umano dentro di me per metà del tempo. È interessante.
Julia ha detto che per lei è gratificante il fatto che contro di lei tu abbia giocato il tuo miglior tennis. Sei d’accordo?
Sì, penso che abbia giocato davvero bene. Ho dovuto mettere in campo il mio miglior tennis. Non l’ho mai vista giocare così bene e l’ho vista tante volte. Mi piace davvero tanto vederla in campo. Sono felice di aver potuto giocare così.
I medici non ti hanno mai detto che non saresti potuta tornare a giocare a causa dell’embolia polmonare dopo il parto?
No, non hanno mai detto che non avrei potuto giocare di nuovo. Per molto tempo ho dovuto rinunciare a molte cose per quanto riguarda gli allenamenti e la preparazione.
Julia ha messo a segno molti vincenti e ha commesso pochi errori. Ha giocato molto bene eppure non ha avuto chance di vittoria. Quanto pensi sia frustrante giocare così bene e non avere alcuna possibilità nel match?
Non lo so. Penso abbia giocato benissimo. Come ho detto prima, ho dovuto alzare il livello perché l’ho vista giocare tante volte ma mai così bene, con pochissimi errori, tanti vincenti, così aggressiva, muovendosi davvero bene. Come ho detto, io gioco sempre con le avversarie al loro massimo livello e quindi devo alzare il mio.