Per chi organizza i tornei Challenger in Italia, e sono 19 circoli quelli coinvolti, cambia la musica, costerà di più di almeno un 30/40 cento ospitarli, ci vorrà sempre maggiore professionalità per il recupero finanziario e a fine di quest’articolo vi sono alcuni consigli sul possibile modus operandi.
Proprio nel bel mezzo della “off-season ufficiosa” del grande tennis, tra la fine di Wimbledon e l’inizio dei Masters 1000 in Nord America, l’ATP fa vedere che negli uffici di Ponte Vedra, Londra e Montecarlo si lavora anche durante l’estate e rende nota una vera e propria rivoluzione del circuito Challenger che prenderà il via all’inizio della stagione 2019.
Dopo la riforma dei tornei minori da parte dell’ITF, che a partire dal 2020 vedrà l’introduzione dei “transition points” e del “transition ranking” e la sparizione dei punti ATP dai tornei ITF (almeno a livello maschile), l’ATP continua con il processo di trasformazione del tennis professionistico in un sistema sostenibile per un numero limitato di professionisti che possono legittimamente sperare di potersi mantenere giocando a tennis. In questa logica si inseriscono i radicali cambiamenti che verranno introdotti nel 2019 nei tornei Challenger, che diventeranno la vera e propria porta d’ingresso del tennis professionistico e saranno le competizioni di livello inferiore ad attribuire punti per la classifica ATP.
Tutti i tornei vedranno i loro tabelloni principali aumentare da 32 a 48 giocatori, ed ognuno degli ammessi alla competizione riceverà un premio in denaro e l’ospitalità gratuita da parte dell’organizzazione. Verrà inoltre istituito un mini-tabellone di qualificazione a 4 giocatori, due dei quali potranno conquistare l’ammissione al tabellone principale. I tornei si disputeranno da lunedì a domenica, incluse le qualificazioni, senza che vi siano sovrapposizioni da una settimana all’altra. Ci saranno quindi 16 giocatori in più per ogni torneo che percepiranno prize-money, risultando in quasi 1 milione di dollari di montepremi extra rispetto alla stagione in corso. Parallelamente ai tornei di singolare, si svolgeranno anche tornei di doppio con tabellone da 16 coppie.
I tornei verranno ribattezzati con il numero di punti che assegneranno al vincitore, esattamente come accade per gli eventi del circuito maggiore (ATP 250, ATP 500 e Masters 1000): a seconda del livello, quindi, ci saranno Challenger 70, 80, 95, 110 e 125. Il montepremi minimo per ogni evento non è stato specificato (attualmente si tratta di 50.000 dollari o 43.000 euro), mentre quello massimo salirà a 162.480 dollari (rispetto ai 150.000 di questa stagione). Ogni incontro del tabellone principale dei tornei Challenger sarà offerto in streaming, verranno migliorate le strutture in loco in termini di arbitri ATP presenti, fisioterapisti, supporto medico, campi di allenamento e sale massaggi.
“Questi cambiamenti significativi miglioreranno in maniera sensibile l’ATP Challenge Tour – ha dichiarato Chris Kermode, Presidente e Direttore Esecutivo dell’ATP – in particolare forniranno maggiori opportunità di guadagno ai giocatori che stanno cercando di entrare nel tennis professionistico. Una delle nostre priorità è assicurarci di avere un chiaro percorso per gli atleti e di migliorare le prospettive economiche per chi vuole fare del tennis la propria professione”.
Si tratta certamente di cambiamenti di non poco conto, che incideranno non poco sull’impegno economico degli organizzatori, soprattutto quelli degli eventi di fascia inferiore. Il “milione di dollari” extra che l’ATP prevede di distribuire ai giocatori, infatti, dovrà provenire dai prize-money, che i tornei dovranno aumentare di conseguenza, trovando le coperture economiche dove possibile. Se si considera che sarà necessario fornire la sistemazione alberghiera (presumiamo almeno di categoria “tre stelle”) a tutti i giocatori di singolo e doppio, oltre al vario personale (medici, fisioterapisti, arbitri, etc…) che viaggerà a seguito del Tour, più le migliori attrezzature, campi di allenamento e, non ultimo, anche la possibilità di trasmettere in streaming tutti gli incontri, non è irrealistico pensare che ci si trovi di fronte ad aumenti del 30-40% in termini di costi totali da affrontare per gli organizzatori dei Challenger. Ed a fronte di tutto ciò l’ATP non ha comunicato nessun supporto economico a favore dei tornei, al di là di quelli che sono stati previsti in passato per gli eventi che hanno cercato di fare il salto di qualità aumentando il montepremi fino al gradino successivo.
Sul territorio italiano si disputano ben 19 tornei del Challenger Tour: due di questi appartengono al livello d’elite con un montepremi da €127.000 (Caltanissetta e Genova), altri otto appartengono ad una categoria intermedia (€64.000) ed i rimanenti nove sono invece della categoria entry-level (€43.000).
Località | Mese | Montepremi (2018) |
Bergamo | febbraio | € 64,000 |
Barletta | aprile | € 43,000 |
Francavilla | aprile | € 43,000 |
Roma Garden | maggio | € 64,000 |
Mestre | maggio | € 43,000 |
Vicenza | maggio | € 64,000 |
Caltanissetta | giugno | € 127,000 |
L’Aquila | giugno | € 43,000 |
Milano Aspria | giugno | € 43,000 |
Recanati | luglio | € 43,000 |
Perugia | luglio | € 43,000 |
San Benedetto | luglio | € 64,000 |
Padova | luglio | € 43,000 |
Cordenons | agosto | € 64,000 |
Como | agosto | € 64,000 |
Genova | settembre | € 127,000 |
Biella | settembre | € 43,000 |
Firenze | ottobre | € 64,000 |
Ortisei | ottobre | € 64,000 |
Se per uno di questi tornei di livello più basso la spesa complessiva si può stimare nell’ordine di grandezza di circa €200-250 mila, è ragionevole supporre che questi nuovi parametri da rispettare comporteranno ulteriori €80-100 mila, che dovranno essere raccolti attraverso altre sponsorizzazioni, se non ci saranno aiuti di altro tipo, da ATP, FIT o enti di promozione sportiva o turistica. Con questi chiari di luna a livello economico, non è per nulla facile mettere insieme la copertura finanziaria per poter realizzare questi tornei: è infatti della settimana scorsa la notizia di uno dei Challenger storici della Penisola, quello di Manerbio, che ha dovuto rinunciare all’edizione 2018 che era prevista alla fine di agosto. E c’è da scommettere (in senso figurato, si intende) che non saranno i soli a dover alzare bandiera bianca e a dover salutare il Challenger Tour a fronte dell’innalzamento degli standard richiesto dall’ATP.
È fondamentale attrezzarsi per restituire ai propri sponsor quel ritorno che spesso non viene loro dato
Sarà interessante vedere se la nostra Federtennis, che a suo tempo – e ben prima dell’avvento dell’attuale gestione- ha via via lasciato morire senza muover un dito tutti i tornei del circuito maggiore ATP (in alcune epoche ce ne sono stati anche 7 nello stesso anno), interverrà a sostegno di questa attività organizzativa che sarà messa a dura prova dalle nuove tabelle imposte dall’ATP. Vero anche che gli stessi promoter dovranno cercare di diventare sempre più professionali. Troppi di loro, ancora oggi, contano su interventi de favori di amici benefattori, soci proprietari di aziende, o politici influenti, aziende di turismo, per recuperare i soldi necessari a finanziare il loro evento. Ancora pochi sono coloro che si ingegnano a pensare a come restituire seriamente ai loro sponsor quel che ricevono.
Ecco come Ubitennis può aiutare chi deve trovare fondi per finanziare un torneo
Spesso arrivano a Ubitennis da parte di vari organizzatori di tornei richieste anche pressanti di… procurare loro sponsor, di aiutarli a trovarli. Ma questo non è e non può essere il nostro mestiere. Ubitennis può però dare una grossa mano, utilizzando il suo grande bacino di utenza. Dieci milioni di utenti unici l’anno a livello nazionale secondo Google Analytics, in ogni grande città diverse decine di migliaia di lettori, in ogni piccolo centro migliaia. Ubitennis.com può fare qualcosa di cui i promoter meno svegli e professionalmente meno aggiornati sembrano ancora non preoccuparsi: e cioè comunicare molto meglio di quanto non venga fatto ad oggi il loro torneo. Comunicare in modo capillare attraverso articoli e supporti social su tutto ciò che riguarda il torneo al maggior numero possibile di persone che possono essere raggiunte anche in modo geolocalizzato . E cioè non solo i protagonisti del tornei, i risultati, gli orari, i programmi – tutte cose utilissime per carità – ma anche gli sponsor che stanno dietro al tutto e che altrimenti hanno ben poca visibilità, ben scarso ritorno. O credete ancora che un trafiletto su un quotidiano locale (nel quale viene buttato lì alla meno peggio un elenco di sponsor) serva a qualcosa, ripaghi gli sponsor?
Raggiungendo decine di migliaia di lettori che gravitino nell’area geografica di quei tornei con poche centinaia di euro se la promozione è circoscritta ad una piccola area geografica e per una settimana o un mese, si può persuadere i vari sponsor locali che la loro non è beneficenza caritatevole, ma vero business. Lo sappiamo, ci vorrà ancora tempo perché chi organizza tornei acquisisca questa mentalità imprenditoriale, i soci spesso sono freni più che acceleratori, ma soltanto i club che saranno capaci di strutturarsi adeguatamente, di promuoversi e promuovere chi li aiuta verso l’esterno, resisteranno all’inevitabile aumento dei costi che l’ATP richiede anche se ai tornei Challenger non partecipano le star che vediamo tutti i giorni su Sky, Eurosport e Supertennis.
Ubaldo Scanagatta e Vanni Gibertini