Quando incontri uno bravissimo a fare qualcosa può essere naturale l’impulso di emulazione, quel ‘voglio riuscirci pure io‘ a metà tra vanità e ambizione. Non che Benoit Paire abbia bisogno di consigli per le intemperanze sul campo, pratica nella quale se non è il migliore poco ci manca. Resta però un dato incontrovertibile: il più abile e rapido nello sfascio della racchetta è stato Marcos Baghdatis, che durante la sfida dell’Australian Open 2012 contro Wawrinka è riuscito a distruggerne quattro – una delle quali ancora avvolta dal cellophane – in meno di un minuto. Sarà forse per questo che trovatosi di fronte il cipriota nel primo turno dell’ATP 500 di Washington, Paire abbia deciso di provare l’impresa. Solo sfiorata numericamente, ma certamente ben riuscita dal punto di vista scenografico.
Terzo set, 4-2 Baghdatis e palla break che lo manderebbe a servire per l’incontro: il cipriota esegue un pallonetto, il francese spara a rete uno smash complicato e subisce il break. Comincia lo show: si lascia cadere, rompe – da seduto – una prima racchetta e ne scaraventa in campo il cadavere nel tragitto verso la sua panchina; anch’essa verrà colpita dall’ira funesta dell’avignonese. Subito ne rompe una seconda, poi interviene Marcos che prova a tranquillizzarlo (gesto di umanità o è solo preoccupato di vedere superato il suo record?). Benoit in effetti sembra aver eruttato tutta la rabbia, ed è con invidiabile lucidità che decide di gettare in mezzo al campo le due racchette già rotte, che i ball boy avevano ammucchiato a bordo campo, costringendo un altro solerte ragazzino a portarle ancora fuori dal rettangolo di gioco.
Il gioco riparte ma dura solo pochi istanti. Baghdatis sale subito 40-0 e per convertire il match point gli basta mettere il servizio in campo: il resto lo fa Paire, omettendo di rispondere e semplicemente addomesticando la pallina come gli fosse stata passata. Prima di raggiungere a rete il suo avversario il francese rompe la terza racchetta e la molla lì, poi abbraccia il suo ‘mentore’ – che gli sussurra qualcosa all’orecchio, forse un ‘C’hai provato, eh?’ – ed esce dal campo tra i fischi. Un’esibizione insieme sconcertante e memorabile.
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