Con il completamento del programma dei quarti di finale, il Citi Open di Washington ha già scritto una pagina di storia. Il netto successo di Andrey Rublev su Denis Kudla (liquidato in un’oretta per andare a sfidare De Minaur, senza successo) ha infatti ristretto il campo dei partecipanti a soli under 21. Un’apoteosi Next Gen (oggi li chiamiamo così) che non si registrava dal 1995, quando a Buenos Aires si presentarono al penultimo atto del torneo Carlos Moya (che poi sollevò il trofeo), Alex Corretja, Felix Mantilla e Jiri Novak. Da Miami 2007, invece, mancavano tra i semifinalisti due teenager (nel senso dei vent’anni non ancora compiuti): da Murray e Djokovic di allora, a De Minaur e Tsitsipas di oggi.
Sascha Zverev e il greco, per chiudere il cerchio, sono scesi in campo nella prima semifinale già con la certezza di poter onorare fino in fondo la linea verde. L’incrocio, inedito e iper-futuribile (ce lo auguriamo), vede il tedesco conquistare la sua quinta finale del 2018 (quattordicesima in carriera, vittoria numero 40 nell’anno solare) con una prestazione convincente. L’approccio alla partita di Zverev, campione in carica da queste parti, è centrato al punto da mandare l’ateniese in precoce crisi di frustrazione. A furia di forzare, Tsitsipas finisce sotto di due break (4-1) e si ritrova sulla sedia a prendersi quasi a schiaffi da solo.
Update: @StefTsitsipas is not happy😳 #CO50 pic.twitter.com/Xsup4kp5p0
— Tennis Channel (@TennisChannel) August 4, 2018
Zverev, motivato anche dalla difesa del podio ATP dall’assalto di del Potro, alza da subito il livello spingendo l’avversario parecchio dietro la linea di fondo con i colpi di inizio gioco. Il primo set si rivela così una formalità di appena 35 minuti, nonostante i game conclusivi siano stati interpretati dal greco con una maggiore presenza tattica e mentale.
Tsitsipas, comunque proiettato all’ingresso in top 30, a inizio secondo set cresce nel rendimento della prima di servizio che fino a quel momento si era tradotta in punti appena nel 40 per cento dei casi. Zverev è insolitamente propositivo anche a rete, non distanziandosi dallo schema cercato con buona continuità dal suo avversario. Cresce la spettacolarità del match, quando entrambi capiscono di poter entrare nel campo. Si lotta spalla a spalla ottimizzando i rispettivi turni di servizio. Il nono game diventa un romanzo: Tsitsipas annulla tre palle break per poi prendersi l’ovazione dello stadio volando a far punto in tuffo. L’occasione però è ancora sulla racchetta di Zverev che al quarto tentativo esulta quando vede l’avversario parcheggiare il dritto nella rete. È il break su cui la partita gira definitivamente.
ALEX, IL CUORE DEI GRANDI – Nella sua seconda finale consecutiva sul cemento di Washington – quarta in un ATP 500 – Zverev reciterà ancora il ruolo del più esperto. Si troverà infatti di fronte Alex De Minaur, 19 anni, che nella notte italiana ha dimostrato di possedere cuore ed esplosività pressoché in egual misura. Lo ha fatto rimontando Andrey Rublev, che dopo aver vinto da finisseur il primo set con il punteggio di 7-5 – break proprio in chiusura di parziale – si è trovato a sciupare ben quattro match point nel tie-break del secondo set. I demeriti del russo si confondono però ampiamente con i meriti dell’australiano, che quei quattro punti li ha giocati con la ferocia che piano piano stiamo imparando a riconoscergli. I primi due sono partiti dalla racchetta di Rublev, che non è riuscito a far valere la regola del servizio che fino a quel momento gli aveva sorriso con buona regolarità e non ha più vinto alcun punto ritrovandosi a perdere un tie-break dominato fino al 6-2.
Il terzo set si trasforma in una lotta senza troppe cerimonie, e l’abbandono di ogni accortezza residua viene resa perfettamente dai cinque break, quando nel corso dei primi due parziali ce n’era stato appena uno. Si avvantaggia Rublev ma viene subito ripreso, poi è De Minaur a piazzare l’allungo che sembra decisivo – siamo sul 4-2 – ma Rublev breakka a 15, profondendo uno sforzo fisico forse decisivo per l’esito della partita. L’incontro è decisamente godibile, Rublev di solito è il primo a prendere rischi e spara preferibilmente con il dritto, ma non è facile impedire ai piedi rapidissimi del suo avversario di condurlo a ribattere la palla, che torna più spesso di quanto Andrey possa aspettarsi. De Minaur ogni tanto sembra ballare troppo sull’asse verticale, in virtù dell’anticipo con il quale colpisce di rovescio – qualcuno ha detto Davydenko? – ma è tanto rapido da riuscire a recuperare sempre la posizione. La tattica inizia a pagare anche in risposta, soprattutto sulla seconda con la quale Rublev fa poco più di un punto su tre; il russo si trova spesso senza il tempo materiale per far ripartire lo scambio specie quando punta, in modo poco avveduto, al rovescio di De Minaur.
L’ultimo game regala le stesse emozioni del tie-break, con l’unica differenza che dopo aver mancato tre match point, De Minaur non fallisce il quarto e centra la seconda finale in carriera dopo quella persa a Sydney contro Medvedev. Bello l’abbraccio a fine partita, i due non si sono risparmiati e hanno riversato in campo rispettivamente 32 vincenti l’australiano e 33 il russo, che paga i 44 errori non forzati. È il suo tennis ed ha qualche limite, ma anche tantissimi punti di forza che torneremo ad ammirare presto. De Minaur intanto si iscrive di prepotenza alla festa Next Gen e proverà l’assalto a questo Zverev che appare inscalfibile. In campo ci saranno appena 40 anni complessivi, ed è davvero un piacere sottolinearlo.
Risultati:
Quarti di finale
[16] A. Rublev b. D. Kudla 6-1 6-4
Semifinali
[1] A. Zverev b. [10] S. Tsitsipas 6-2 6-4
A. De Minaur b. [16] A. Rublev 5-7 7-6(6) 6-4