Cosa hai imparato di te questa settimana? “Che sono capace di fare qualsiasi cosa sul campo, e che posso battere qualsiasi avversario“. Il/lo Tsitsipas-pensiero è mirabilmente riassunto in questa risposta. Che i suoi fondamentali possano ancora compattarsi, soprattutto in manovra, è opinione condivisa. Che non sia affatto comune svegliarsi una settimana ed eliminare quattro top 10 in un Masters 1000, impresa mai riuscita a nessuno alla sua età, pure. Vent’anni proprio oggi, lo ricordiamo. Viene in mente una serie di cose meno impegnative che affrontare Rafael Nadal su un campo da tennis il giorno del proprio compleanno, per giunta in una finale, però Stefanos non sembra crucciarsene troppo. Forse perché ha già provato la sensazione a Barcellona: l’esito non è stato dei migliori ma vabbè, era la terra battuta e Nadal stava facendo le solite prove tecniche di dominio. Sul cemento il greco può vantare qualche credenziale in più ma quanto carburante c’è ancora nel serbatoio?
“Ero esausto già prima del match contro Anderson“, ha confessato sorridendo il greco poco dopo averlo battuto. “Comunque sono piuttosto sereno. Cerco di tenere basse le aspettative in ogni partita. Ho sperato che le cose potessero andarmi bene oggi ma è stato davvero estenuante. Un’altra partita da due ore e mezza, mi sorprende quanto stia riuscendo a reggere fisicamente perché non è facile per nulla, sento ancora i muscoli indolenziti. Domani è il mio ultimo match: darò tutto sul campo, non importa se morirò!“. Parole che non allontanano il discorso sulle energie residue dal merito dalla questione ma assicurano che Tsitsipas cercherà di marginalizzarlo il più possibile. “Just another day at the office“, per rendere onore all’espressione originale utilizzata dal greco. “È una finale ma io non la vedo come una finale. Penserò semplicemente che si tratta di un’altra partita in una bella città come Toronto“.
La sicumera nelle esternazioni del greco è almeno pari alla sua condotta di gioco. Nella pattuglia dei super-giovani questo atteggiamento di enorme fiducia nei propri mezzi è riscontrabile anche in Sascha Zverev, che però i progetti di grandeur li fa passare attraverso un tennis accorto, di pressione logorante, più improntato a evitare l’errore che a produrre un vincente. Tsitsipas è invece quello che i rischi li prende per primo. “Sono aggressivo, ma allo stesso tempo mi sento sicuro. Sono sempre sul campo e il punteggio non conta“. Questo è apparso cristallino a fine conferenza, quando il nostro Luca Baldissera gli ha menzionato il doppio fallo commesso sul match point a favore e si è visto rispondere così: “Se ti dico una cosa non ci crederai. Ero 6-4 quando ho fatto doppio fallo, giusto? Nella mia testa ero 5-3″. Stessa storia per quanto riguarda il rovescio fulmineo con cui ha annullato una palla del match ad Anderson. “Ad essere onesti non so se fossi consapevole del match point. A volte quando sei troppo concentrato perdi la cognizione di quello che sta accadendo. Ma non preoccupatevi, non è la prima volta e ci sono abituato. Vedrete cose come questa molte altre volte“.
Mostrandosi curiosamente allergico alla consapevolezza del punteggio, Tsitsipas è invece perfettamente consapevole di quello che può scatenare con la sua racchetta. È infatti lui stesso a sottolineare come Anderson non sia mai riuscito a leggere il suo servizio, e come la solidità di quel fondamentale abbia condizionato psicologicamente il suo avversario resosi conto di non poter avviare lo scambio con continuità. Parlando del suo stile di gioco così, Tsitsipas pronuncia queste parole: “Voglio sempre attaccare e vado sempre verso la palla, a volte anche dopo aver colpito. Sento che il mio dritto va alla grande in questo momento e spero possa rimanere così anche domani. Sì, psicologicamente sento una differenza per quanto riguarda dritto e rovescio: mi sembra di poter fare qualsiasi cosa con quei due colpi. Anche il rovescio ovviamente, soprattutto in lungolinea. C’è molta varietà nel mio gioco e il mio avversario non sa mai cosa aspettarsi da me“.
Per essere sicuro che il concetto sia passato, lo ripete in un altro momento della conferenza. “Ho la sensazione che tutti i miei colpi siano delle grandi armi e credo sia difficile trovare giocatori con una tale confidenza nei propri colpi“. Quasi spiazzante, perché queste avventure nei dirupi delle affermazioni forti di solito appartengono agli addetti ai lavori che vogliano fare strategico battage attorno a un nuovo talento, mica ai diretti interessati. L’aria di novità mossa da questo improvviso grecale di vent’anni tondi, a cui certi scettici hanno imputato la mancanza di un’esecuzione veramente originale perché possa mai iscriversi all’albo dei campioni, sembra impregnata proprio della sua sicurezza. Più ancora del dritto e del servizio, più del mix di incoscienza e coraggio che lo porta a raccogliere una palla in tuffo anche sul cemento, dove ci si può far male. Più di tutto è la sensazione che lui non abbia paura di essere forte. Dunque spira Stefanos, scompiglia i capelli di chi – vagli a dare torto! – è rimasto troppo scottato da certi ragazzi dell’età di mezzo, che promettevano e promettevano e poi l’ultimo passo non l’hanno fatto mai, e ora ci va con i sacrosanti piedi di piombo. Spira perché un vento come te fa comodo a tutti.