Simona Halep è la numero 1 del mondo: posizione conquistata per la prima volta nel 2017 e mantenuta nel 2018, esclusa la parentesi di Caroline Wozniacki al vertice per un mese dopo gli Australian Open. Per come funziona oggi il calcolo dei punti, il numero 1 certifica la giocatrice più costante ad alti livelli del circuito WTA; non è detto che questo significhi essere la tennista con i picchi di gioco più alti (in un singolo match o anche in un singolo torneo), ma di sicuro identifica la più solida e continua. Quindi: poche controprestazioni e la capacità di rendere in modo soddisfacente contro il maggior numero di avversarie, anche dalle caratteristiche differenti.
In cima al ranking non si arriva per caso, e soprattutto non ci si rimane se non si possiedono qualità importanti. Dopo averla vista impegnata ormai da molti anni, la mia idea è che il tennis di Simona Halep nel tempo non sia sostanzialmente cambiato. Stagione dopo stagione, è cresciuta nel rendimento (cioè nell’attuazione di quel tipo di tennis), mantenendo però le caratteristiche originarie. Che in estrema sintesi definirei così: è una tennista tanto capace di costruire e inventare gioco nello spazio, attraverso le sue geometrie, quanto invece scarna e poco creativa con il tempo e le sue variazioni.
Questa affermazione ha bisogno di essere spiegata, perché le definizioni di spazio e tempo possono dare vita a equivoci, visto che non sono codificate nel loro uso in rapporto al tennis. Cominciamo con lo spazio.
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