da New York, la nostra inviata
È il cinquantesimo anniversario dalla prima vittoria di Arthur Ashe agli US Open. Il campo centrale di Flsuhing Meadows è a lui dedicato. La sua leggenda ha varcato i confini del tennis e dello sport. Probabilmente però nulla di tutto ciò sarebbe accaduto se non fosse stato per suo fratello, Johnnie Ashe.
Era il 1968 e in Vietnam si combatteva una delle guerre più lunghe e sanguinose della storia degli USA. Il fratello di Arthur, Johnnie, di 5 anni più giovane, tra il 1966 e il 1967 aveva prestato servizio militare nei Marines in Vietnam. “Ho visto fare cose terribili ai soldati di entrambi gli schieramenti”. dirà poi. Era per lui giunto il momento di tornare in patria dopo gli obbligatori 12 mesi, quando Johnnie volontariamente chiese di estendere di un altro anno la sua presenza in Vietnam. L’ufficiale perplesso davanti a tale richiesta volle conoscere le ragioni. “Non posso permettere che mio fratello Arthur abbia a che fare con questa terribile realtà. Conosco le regole, non potete avere due fratelli nello stesso momento in servizio in Vietnam”. Arthur, in quel periodo, stava diventando uno dei più forti giocatori di tennis del mondo ed era di base a West Point. Johnnie non rivelò mai ad Arthur il reale motivo della sua decisione, ma lo svelò solo al padre che esclamò: “E’ l’unica motivazione che posso accettare”. Johnnie tornò anche da questa seconda missione appena in tempo per assistere dalla base Camp Lejeune alla finale giocata e vinta dal fratello. Il New York Post scrive che i due fratelli non abbiano mai parlato del coraggioso gesto di Johnnie, ma che il padre abbia poi svelato al figlio la verità sulla scelta del fratello. Come dice lo scrittore e illustratore statunitense Marc Brown: “A volte essere un fratello è ancora meglio che essere un supereroe”. Mai descrizione fu più azzeccata per Johnnie Ashe.