Dopo l’impresa di Indian Wells, Naomi ha attraversato una fase di appannamento, ma agli US Open si è presentata in una condizione ancora superiore a quella di marzo. A New York ha vinto lasciando le briciole a quasi tutte le avversarie; un solo set lasciato per strada, 34 game totali persi (negli ultimi anni solo Serena nel 2014 ne aveva persi meno, 32). Anche il fatto di avere concesso così poco è un sintomo della grande applicazione in campo, senza pause o distrazioni.
Sul piano del punteggio l’unico frangente di tutto il torneo in cui non ha condotto è stato contro Aryna Sabalenka, quando si è trovata sotto 6-3, 2-6, 1-2 (servizio Sabalenka) nel terzo set. Ma da quel momento Naomi ha servito in modo eccezionale, tenendo sempre i propri turni di battuta senza problemi. Questo le ha permesso di mettere sempre più pressione ad Aryna, riuscendo a ottenere il break definitivo per ribaltare l’esito del set e del match.
Statistica interessante: nelle tre partite più impegnative (contro Sabalenka, Keys, Williams) Osaka ha sempre concluso con meno vincenti delle avversarie, ma anche con meno errori non forzati e meno errori forzati. Questo il dettaglio dei tre incontri (Winners/ Unforced Errors/ Forced Errors):
Osaka 22 W/ 32 UE/ 8 FE, Sabalenka 28 W/ 42 UE/ 8 FE
Osaka 13 W/ 20 UE/ 8 FE, Keys 23 W/ 32 UE/ 13 FE
Osaka 16 W/ 14 UE/ 7 FE, Williams 21 W/ 21 UE/ 9 FE
Dati che quantificano il nuovo modo di stare in campo. In particolare contro Madison Keys (contro cui era 0-3 negli scontri diretti) l’ha aiutata molto l’efficacia difensiva, ribaltando quindi la situazione tecnica del match giocato sullo stesso campo due anni prima.
Sarebbe però un errore però leggere questi numeri usando un criterio troppo unidirezionale: Osaka non è diventata una nuova Wozniacki; rimane una giocatrice perfettamente in grado di prendere in mano lo scambio e di chiuderlo in modo definitivo; e anche in questo ambito ci sono stati progressi. Non tanto sui colpi di potenza pura (è quasi impossibile far viaggiare la palla più di quanto già non sapesse fare in passato), quanto in quelli lavorati sugli angoli stretti. Contro Sabalenka, oltre al servizio l’altro colpo che ha fatto la differenza è stato proprio il cross stretto di dritto, grazie al quale ha spesso ribaltato l’inerzia degli scambi. Aryna non è riuscita a trovare una contromisura efficace, e questo ha finito per renderla meno sicura sugli affondi del rovescio lungolinea, visto che il rischio era quello di ritrovarsi come replica una palla incrociata velenosissima indirizzata sul lato di campo scoperto.
Situazione simile in finale contro Williams: grande efficacia di Osaka con i cross stretti di dritto ma anche di rovescio. E anche se non posso essere sicuro, il gesto che è costato il warning per coaching a Muratoglou secondo me più che indicare a Serena di scendere a rete, invitava invece a giocare più centrale, in modo da rimanere ben dentro i margini laterali durante lo scambio. Questo perché quando si allargavano le geometrie del palleggio Serena finiva quasi sempre per avere la peggio, vista la differenza di mobilità laterale tra le due protagoniste.
Per tutte queste ragioni, la Osaka del 2018 è una giocatrice nuova e più forte. E visto che Naomi ama i videogame, direi che nel suo caso si può ricorrere a una definizione un po’ abusata. Il suo è davvero un caso di upgrade sportivo: Osaka 2.0.
Questo non significa che non ci siano ancora margini di miglioramento. Per diventare la Osaka 3.0 a mio avviso dovrebbe riuscire a essere ancora più reattiva in uscita dal servizio, ma anche imparare a muoversi sulla verticale per colpire di volo, visto che la parte di campo nei pressi della rete rimane per lei ancora sostanzialmente sconosciuta, e pochissimo utilizzata.
a pagina 4: Il carattere di Naomi Osaka