2. Due attaccanti in finale
La finale degli US Open 2018 ha avuto come protagoniste Serena Williams e Naomi Osaka, due giocatrici con l’impronta chiaramente di attacco. È interessante valutare come si inserisce la loro presenza nel trend storico delle vincitrici Slam. Dopo la vittoria di Anastasia Myskina al Roland Garros 2004 per una dozzina d’anni a vincere i Major erano state solo giocatrici di impostazione offensiva.
Un fondamentale segnale di cambiamento si era però avuto all’inizio del 2016, con la vittoria in Australia di Angelique Kerber. Dopo quel primo successo il tennis di difesa/contenimento ha prevalso in altre occasioni, visto che Kerber ha vinto altri due Slam (US Open 2016 e Wimbledon 2018) e a lei si è unita Caroline Wozniacki con la vittoria in Australia 2018. E anche se non considero difensiviste Simona Halep (come ho provato a spiegare QUI), e nemmeno Sloane Stephens (vedi QUI), vincitrici al Roland Garros 2018 e agli US Open 2017, comunque questi nomi hanno rappresentato l’affermazione di un tennis più articolato e meno aggressivo rispetto a quello di successo nel periodo precedente.
La finale di New York 2018 è dunque un passo in direzione opposta, verso l’epoca vissuta tra il 2004 e il 2016. Evidentemente non può essere una sola partita a indicare una inversione di tendenza certa. C’è comunque un secondo aspetto che segna un punto a favore del ritorno della supremazia delle attaccanti: i due nomi più giovani fra le ultime vincitrici Slam, cioè le ventenni Ostapenko e Osaka, rappresentano di nuovo figure di tenniste aggressive. Vedremo se la nouvelle vague del tennis femminile riporterà ai vertici degli Slam il tennis più offensivo, oppure no. È ancora presto per individuare un trend chiaro.
3. Il caldo di New York
È stato un torneo con alcune punte di caldo estremo, che hanno finito inevitabilmente per incidere sull’andamento dei match. Magari sbaglio, ma la mia sensazione è stata che nei giorni peggiori molte delle giocatrici che si sono trovate indietro nel punteggio quasi non abbiano avuto la forza di reagire: probabilmente il caldo ha tolto non solo energie fisiche ma anche mentali, riducendo la normale intensità agonistica. In condizioni così al limite, sulla capacità di lottare ha forse prevalso, più o meno consciamente, l’istinto di conservazione, che rendeva l’ipotesi della vittoria in rimonta come qualcosa al di là delle proprie possibilità fisiche. E così tutti i quarti di finale si sono conclusi in due set, con match poco combattuti: dopo i primi game sono sembrati definitivamente indirizzati.
Chi ha avuto la forza di tenere duro (rari casi), riuscendo a rovesciare l’esito del match, ne ha pagato le conseguenze al turno successivo. Forse la situazione più estrema è stata quello che ha riguardato Lesia Tsurenko. Negli ottavi di finale contro Marketa Vondrousova si è trovata sotto di un set e un break, in una condizione fisica tale da far pensare che Lesia fosse sull’orlo del ritiro. Invece ha resistito in campo, ed è stata premiata perché dopo avere superato la crisi ha approfittato del fatto che anche Vondrousova ha a sua volta attraversato una specie di “cotta” (come dicevano i ciclisti di una volta) che ha completamente ribaltato le sorti dell’incontro. Recuperato il secondo set, Lesia ha chiuso a suo favore anche il terzo (6-7, 7-5, 6-2).
Ma di questo match vanno sottolineate due aspetti, strettamente legati al caldo. Il primo è che, pur essendo una partita importantissima per tutte e due (era in palio il miglior risultato in carriera in uno Slam), la qualità di gioco è stata molto lontana dal loro massimo, penalizzata dalle difficoltà fisiche di entrambe. Giusto per dare un’idea: nel secondo set Tsurenko in alcuni frangenti ha rinunciato a rincorrere palle che normalmente sarebbero state alla sua portata, e lo stesso ha fatto Vondrousova nel terzo. Il secondo aspetto è che Tsurenko, uscita vincitrice da questa specie di gara di sopravvivenza, si è presentata al turno successivo in condizioni così precarie da stare in campo quasi solo per onor di firma contro Naomi Osaka (6-1, 6-1).
Spostare gli US Open più avanti in calendario per evitare questi picchi di caldo è quasi impossibile per mille ragioni organizzative; resta però il fatto che a pagarne le conseguenze non sono solo le protagoniste in campo ma anche il pubblico degli appassionati, visto che la qualità di gioco offerta non è certo la migliore possibile.
a pagina 3: Le semifinaliste: Anastasija Sevastova e Madison Keys